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L’euforia del carnevale di Ivrea e i cavalli sotto i colpi della battaglia delle arance

Ogni anno a Ivrea migliaia di persone si lanciano addosso tonnellate di arance: è la cosiddetta battaglia delle arance, il vero fulcro dello storico carnevale della città. In questa bolgia ci sono però anche i cavalli che trainano i carri degli aranceri, costretti a partecipare alla battaglia tra mille polemiche. Siamo andati al carnevale di Ivrea per vedere come vivono questa esperienza gli animali e se viene davvero tutelato il loro benessere.

7 Aprile 2023
18:02
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Cavalli e umani, un legame antico e profondo che si perde nella notte dei tempi, ma anche una relazione parecchio complicata che è mutata e si è evoluta molto nel corso della storia. Se ne trovano tracce ovunque, a partire dall'arte rupestre del Paleolitico risalente a oltre 30.000 anni fa, fino ad arrivare a oggi attraverso secoli d'arte, culture, religioni e tradizioni.

I cavalli hanno avuto un ruolo fondamentale nel plasmare il mondo come lo conosciamo oggi e per millenni sono stati parte essenziale delle nostre vite, dalla dieta ai trasporti, dal lavoro alle guerre, passando per l'equitazione e arrivando fino alla relazione più pura e consapevole.

Il nostro rapporto con questi mammiferi sta però cambiando rapidamente, per via soprattutto di una crescente attenzione e sensibilità per il benessere e la vita delle altre specie, ma anche per una maggiore e più consapevole comprensione della sfera emotiva e dell'etologia di questi animali sociali, sempre più rispettati per la loro intelligenza o apprezzati per la loro compagnia, soprattutto da quando abbiamo iniziato a guardare le cose dal punto di vista del cavallo. Siamo in un certo senso arrivati a un punto di svolta nel modo in cui ci relazioniamo con questi animali.

In considerazione di questo rapido cambiamento e del mondo in cui umani e cavalli sono indissolubilmente intrecciati tra loro, questo rapporto sta ancora sperimentando alti e bassi tra benessere, rispetto, sfruttamento e veri e propri maltrattamenti. Emblema di tutto ciò sono le feste, le gare e le manifestazioni tradizionali che ancora utilizzano i cavalli per le corse, le competizioni o le rievocazioni storiche.

Proprio per questo, siamo stati allo storico Carnevale di Ivrea, in Piemonte, che trova il suo culmine nella famosa battaglia delle arance: una tre giorni di ardore, caos ed euforia pura in cui squadre di combattenti si sfidano lanciandosi con violenza gli agrumi.

Ad attraversare questa tempesta di arance, però, non ci sono solo i partecipanti umani ma anche decine di cavalli che trainano i carri. Non c'è riposo per questi animali durante la battaglia, dove sono costretti a uno stress fisico e psicologico notevole. E in questo clima di festa, folklore, adrenalina, arance che volano e persone che urlano, le polemiche sono tante e tra le strade completamente ricoperte di arancione si catalizzano l'amore controverso, le contraddizioni, le criticità e i possibili scenari futuri di una relazione interspecifica che è necessariamente destinata a cambiare ancora.

La storia del Carnevale di Ivrea e della battaglia delle arance

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Squadre di aranceri si danno battaglia a colpi di agrumi

Lo Storico Carnevale di Ivrea affonda le sue radici nel Medioevo e viene descritto come un evento unico in cui storia e leggenda si intrecciano per dar vita a una grande festa popolare dal forte valore simbolico e di appartenenza, durante la quale la comunità di Ivrea celebra la sua capacità di autodeterminazione che culmina proprio nella spettacolare battaglia delle arance. È una vera e propria guerra, in cui migliaia di persone si lanciano addosso 900 tonnellate di arance non destinate all'alimentazione, un vero e proprio concentrato di ardore, adrenalina e lealtà.

«La cosa per cui cazzo Ivrea è famosa è quella arancia scagliata a cento all'ora. Si viene al Carnevale di Ivrea per pigliare arance in faccia e per scagliarle a quelli sul carro. È un combattimento. È una guerra. Quelli sopra al carro sono i tiranni. Noi siamo il popolo, quelli vestiti con le casacche», sottolinea con orgoglio Leonardo.

Perché a Ivrea si tirano le arance?

La guerra rievocherebbe, secondo la leggenda, la rivolta del popolo di Ivrea partita dal gesto eroico di Violetta, la figlia di un mugnaio, che per liberare i suoi concittadini ha decapitato il tiranno che teneva in scacco la città. Non è del tutto chiaro perché si è deciso di darsi battaglia a colpi di agrumi, ma agli inizi del XX secolo già si usava lanciare le arance in queste folkloristica rivisitazione.

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Su ogni carro trascinato dai cavalli ci sono almeno dieci persone

Come si svolge il Carnevale di Ivrea

Gli aranceri sono organizzati in nove squadre, ognuna con la propria bandiera, un logo, colori sociali, tradizioni e rivalità. Ci sono gli Aranceri della Morte, i Mercenari, la Pantera Nera e i Diavoli, tanto per citarne alcuni.

Oltre alle persone a piedi, ci sono però anche i carri, vistosamente e pittorescamente bardati e che vengono trainati dai cavalli nel bel mezzo della guerra e della pioggia di arance. Ogni carro trasporta almeno una decina di persone, anch'esse bardate con i colori sociali e protetti con imbottiture e maschere di cuoio e con griglie di ferro. Sono veri e proprio professionisti, abituati a colpire come degli arcieri con entrambe le mani, incrementando così i danni causati agli avversari. Durante la tre giorni di festa e battaglia, una commissione speciale osserva attentamente lo svolgimento, assegnando un premio alle squadre che si sono distinte per abilità, tecnica, ardore e lealtà.

La maggior parte dei cittadini è particolarmente orgogliosa del proprio carnevale, definito dagli organizzatori come "il più antico carnevale storico d'Italia". L'intera manifestazione ha sicuramente un immenso valore storico e culturale, tuttavia ogni anno genera forti polemiche, sia legate agli sprechi (nonostante la frutta non sia destinata all'uso alimentare) che per il numero di feriti che ogni anno finiscono in pronto soccorso oppure ancora per i comportamenti un po' sopra le righe che inevitabilmente vengono fuori tra i partecipanti in contesti del genere. E i cavalli? I cavalli svolgono un ruolo cruciale all'interno della manifestazione e sono un elemento considerato imprescindibile a cui nessuno vuole rinunciare.

Il carnevale dal punto di vista del cavallo

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Nella bolgia generale i cavalli provano ansia, paura e soprattutto un intenso dolore fisico

Ogni carro ha i suoi cavalli, che possono essere due oppure quattro e, come ci ha confermato la maggior parte dei cittadini, gli equini sono la parte fondamentale del tiro sul carro perché senza cavalli, senza i loro finimenti, senza i loro rumori, senza lo scalpitare degli zoccoli sui sampietrini «non è la stessa cosa». Persino la puzza delle loro feci per le strade rende tutto più vero, crudo e adrenalinico, oltre che caratteristico: «La puzza delle loro feci rende le strade di Ivrea quello che sono» ribadisce con forza Leonardo.

I cavalli vengono allenati tutto l'anno per arrivare pronti al carnevale e sono chiaramente seguiti, addestrati e controllati prima, durante e dopo la manifestazione. Chi mette a disposizione gli animali ci tiene davvero al loro benessere e rispetta profondamente il cavallo, almeno dal suo punto di vista, quello che lo vede come un animale da lavoro, fatto proprio per essere a disposizione dell'essere umano.

«Il cavallo, ti da tutto. Loro non sono come gli altri vorrebbero, ma sono come vogliamo noi», ci ha raccontato commossa Nicole mentre abbracciava il suo cavallo. Ma si può davvero parlare di benessere o di rispetto in una relazione di questo tipo?

Abbiamo mostrato le immagini che abbiamo raccolto al carnevale ai nostri veterinari del comitato scientifico e ad esperti di etologia del cavallo, come Rachele Malavasi, divulgatrice, esperta in etologia equina e tecnico equestre. Dalle loro valutazioni è emerso che, sebbene vengano prese diverse misure di sicurezza rispetto ad altre manifestazioni «in un ambiente caotico come quello della battaglia, i cavalli possono certamente provare ansia, paura e soprattutto un intenso dolore fisico», sottolinea l'esperta. Durante una situazione stressante come questa, un cavallo può mostrare infatti diversi sintomi e comportamenti simili a quelli umani: la frequenza cardiaca aumenta, la respirazione va in affanno e la sudorazione aumenta vertiginosamente.

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I cavalli, con le redini tese, sono costretti a fidarsi del conduttore, una situazione estremamente frustrante

«Il sudore è strettamente legato alla produzione di adrenalina e maggiore è la produzione di sudore più alti sono i livelli di stress. Il sudore dei cavalli inoltre, oltre a contenere acqua e sali minerali, è particolarmente ricco di laterina, una particolare proteina il cui scopo è quello di assorbire l'acqua e facilitarne l'evaporazione e che produce schiuma. Spesso, nei punti di contatto con la sella o con i vari finimenti, si forma proprio una schiuma, un ulteriore sintomo dei forti livelli di stress manifestati dall'eccessiva sudorazione», spiega Rachele Malavasi.

«È evidente che stride un po' con la loro natura, ma vengono abituati un po' alla volta», spiega Francesca mentre ci mostra i suoi cavalli. «Viene pompato e spinto al limite», sottolinea invece Leonardo.

Folla, rumori, grida, fatica e arance che volano in tutte le direzioni, sono certamente parte del problema e fonte do stress e disagio per un cavallo, a cui però si aggiungono anche la costrizione e il modo in cui vengono condotti durante la battaglia.

Anche a Ivrea, come accade con qualsiasi cavallo che traina una carrozza, gli animali vengono tenuti con le redini molto tese. «Ciò comporta una postura forza che limita molto i movimenti del collo e della testa e che ha come conseguenza una forte riduzione del campo visivo. In queste condizioni, con la testa piegata verso il basso, il cavallo non può vedere oltre i propri arti e tutto ciò lo costringe a chiudersi in se stesso e a lasciarsi manovrare affidandosi unicamente al conducente, anche perché l'animale non può letteralmente vedere dove sta andando. In una situazione già così stressante, però, fidarsi della stessa persona che ti ha costretto a mantenere la testa in quella posizione, provoca anche uno stato di estrema frustrazione», spiega ancora Malavasi.

È quello che accade, in maniera molto più accentuata anche nel dressage, che viene considerata come una delle discipline più frustranti per il cavallo. «Provate voi a mettere una mano sopra le sopracciglia abbassando la testa: non vedrete più niente oltre i vostri piedi», conclude l'esperta.

I sedativi e il ruolo dei veterinari

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In passato sono stati esclusi dei cavalli perché sedati con tranquillanti

Allo stress e alla frustrazione "fisiologica" che ogni cavallo è costretto ad affrontare, talvolta si aggiunge un'ulteriore minaccia, quella dei sedativi. Durante la manifestazione diverse persone ci hanno confessato che a volte vengono utilizzate anche alte dosi di tranquillanti per far sì che i cavalli siano più pacati e gestibili e che non diventino pericolosi per i partecipanti o il pubblico. «Qualche cavallo è stato escluso per quel motivo, perché era evidente che erano stati alterati il suo stato e la sua attenzione con dei farmaci», ammette Marco Grosso, veterinario che si occupa del benessere dei cavalli durante la battaglia.

I sedativi agiscono sul sistema nervoso centrale del cavallo e possono causare crisi respiratorie, abbassamenti della pressione sanguigna e una riduzione della funzione cardiaca. In casi estremi, possono portare al coma o addirittura alla morte dell'animale. La figura dei veterinari è quella che ci ha fatto riflettere forse di più per il ruolo che ricoprono durante il carnevale: tutti i cavalli vengono infatti sottoposti dai medici a controlli rigorosissimi, sia nei maneggi che prima, durante e dopo la battaglia: «Mi sono sempre battuto per il benessere di questi cavalli», sottolinea Grosso.

Il controllo dei veterinari è sicuramente un elemento di prevenzione e vigilanza importante, spesso completamente assente o quasi in tante altre manifestazioni che coinvolgono cavalli o altri animali. La loro presenza rappresenta, però, uno dei sintomi più evidenti a testimonianza di come la cultura equestre si trovi nel bel mezzo di una profonda transizione ancora in corso e pertanto incompleta, con tutte le sfumature, le contraddizioni e le incongruenze che tutto ciò comporta.

Da un lato, si cerca infatti di far il possibile per limitare i danni e migliorare il benessere dei cavalli, dall'altro si è però ben consapevoli di essere coinvolti in qualcosa di profondamente non etico e ormai superato, ma difficile da ammettere. «Io faccio in modo di ridurre il più possibile l'impatto di queste scelte umane, ma non le giudico», confessa Marco Grosso.

La relazione col cavallo oggi tra etica e benessere

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Il l riconoscimento dell’individualità, dei desideri, delle esperienze e dei sentimenti dei cavalli offrono la possibilità di un cambiamento paradigmatico nella relazione

Oggi, più che mai, ci si pone sempre più spesso domande su come sia più giusto approcciarsi al cavallo considerandolo come un vero e proprio attore sociale della relazione, e non più come un elemento oggettivizzato costruito e plasmato a immagine e somiglianza dell'essere umano per fini puramente utilitaristici. Dopo millenni di sfruttamento come animale da carne, trasporto o da lavoro, le nuove conoscenze scientifiche ed etologiche e una sensibilità sempre più forte e consapevole, stanno ponendo nuove questioni etiche che dovranno presto trovare risposta.

Un diverso approccio al cavallo è infatti iniziato da tempo e dipende dal valore morale che attribuiamo all'individualità di questi animali, ma anche dalle condizioni socio-economiche e politiche delle società moderne. Ma come ci si può avvicinare alla prospettiva del cavallo aggirando i rischi e le falle di un approccio antropocentrico? Parte della risposta possiamo trovarla, per esempio, negli Interventi Assistiti con gli Animali, la cosiddetta pet therapy. I cavalli coinvolti in attività di supporto e assistenza per il benessere fisico e mentale umano, partono sempre più spesso sul presupposto che gli animali abbiano una propria soggettività, delle motivazioni e un libero arbitrio e vengono perciò visti sempre più spesso come co-terapeuti, più che strumenti.

Il riconoscimento dell'individualità, dei desideri, delle esperienze e dei sentimenti dei cavalli offrono la possibilità di un cambiamento paradigmatico in cui una relazione umano-cavallo più etica non solo può essere possibile, ma anche standardizzata e normalizzata. Questo tipo di approccio è un passo necessario per smettere di guardare al cavallo come un oggetto inanimato che può solo rispondere a segnali e comandi, trasformandolo finalmente in un partner senziente e proattivo per qualsiasi tipo di attività equestre. Il riconoscimento e lo sviluppo dell'empatia è un passaggio fondamentale nelle questioni relative alle relazioni interspecifiche e il cavallo, probabilmente l'animale domestico più coinvolto nei diversi livelli delle società umane, rappresenta una delle sfide più complesse da risolvere da questo punto di vista. E in questo senso, il Carnevale di Ivrea può diventare un piccolo punto di svolta verso questa transizione.

Incentivare il cambiamento

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Una possibile alternativa allo sfruttamento dei cavalli potrebbe essere l’utilizzo di trattori

A Ivrea non abbiamo mai avuto la sensazione di parlare con persone che non provassero a modo loro "amore" verso gli animali, non solo tra i veterinari che si occupano del benessere e della salute dei cavalli nel bel mezzo della bolgia generale. Questa contraddizione di amore verso gli animali ma allo stesso tempo di euforia per il loro ingresso sofferto nella competizione, costi quel che costi, emerge anche nei proprietari dei maneggi, che si prendono cura di loro per tutta la vita. «Il primo nostro pensiero è che i cavalli stiano bene e poi pensiamo a noi stessi», ci tiene a sottolineare Manuela.

Questo tipo di approccio, nella quasi totalità dei casi, è mosso comunque dalle più buone intenzioni e da sentimenti sinceri verso il benessere cavallo. Ciò che è sbagliato è, ancora una volta, la prospettiva utilitaristica dell'animale. «Ci tengono a quelle bestie come fossero loro figli. Non mi sentirei mai di dire che un cavallo a Ivrea viene sfruttato, abusato o malmenato», ha ribadito Leonardo

Solo però incentivando una vera cultura equestre che riconosca l'individualità e la sfera emozionale e cognitiva del cavallo, si potrà avere un cambio decisivo di paradigma, che si può ottenere anche partendo anche da piccoli cambiamenti. È vero, i cavalli che trainano i carri durante la battaglia delle arance non sono certamente quelli messi peggio nel variegato panorama delle manifestazioni, delle feste e delle attività equestri. Eppure, se vogliamo davvero accelerare questa necessaria e inevitabile transizione, anche da qui si può partire promuovendo il cambiamento.

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Siamo in un certo senso arrivati a un punto di svolta nel modo in cui ci relazioniamo con questi animali

Negli ultimi anni, in molte manifestazioni tradizionali, l'utilizzo di animali è stato vietato oppure sostituito da fantocci o pupazzi. Anche a Ivrea, diverse associazioni che si battono per diritti degli animali da anni esercitano continue pressioni per far sostituire i carri del carnevale con dei trattori, un cambiamento mal visto dalla maggior parte della popolazione ma che sarebbe un deciso passo in avanti verso una sempre maggiore consapevolezza del fatto che gli animali, essendo esseri senzienti, vadano rispettati garantendo loro sempre maggiori diritti e dignità, un processo in ogni caso già avviato e per fortuna inevitabile.

«Certo, i trattori vanno dritti come l'olio. Ma vuoi dirmi quanta poca classe e quanta poca bellezza ha un trattore rispetto a una quadriglia tutta rifinita, tutta scalpitante con quattro frisoni tutti addobbati?», ammette con rammarico Leonardo, «Non sarebbe più il carnevale di Ivrea». Ogni stress non necessario per un animale andrebbe però evitato con ogni mezzo e grandi passi in avanti sono già stati fatti in questa direzione. E anche le tradizioni possono evolvere tenendo il passo della società, anche se non è mai facile per nessuno affrontare dei cambiamenti, persino se piccoli.

Per secoli i cavalli hanno alimentato le nostre economie, trasportando noi stessi e le nostre merci e trainato carrozze e aratri. Oggi molte di queste mansioni sono state rimpiazzate da mezzi meccanici o si sono ridotte notevolmente, lì dove ovviamente le condizioni socio-economiche e i progressi tecnologici lo hanno permesso. Sostituire i cavalli con mezzi meccanici, anche in manifestazione come il carnevale di Ivrea, deve essere parte del progresso culturale di una società civile.

Riconoscere la dignità degli animali osservando il mondo loro punto di vista, allo stesso modo in cui abbiamo riconosciuto l'autocoscienza anche nei cavalli, è il primo indispensabile passo per porre fine a qualsiasi tipo di sfruttamento, grande o piccolo che sia, nei confronti di un animale che ha contribuito a forgiare e modellare il mondo per come lo conosciamo oggi.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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