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6 Novembre 2021
8:30

Viaggio a Kathmandu durante il Kukur Tihar: quando gli uomini ringraziano i cani per la loro lealtà

Il Nepal è un paese himalayano a cavallo tra l'induismo e il buddismo, tra l'India e la Cina, dove il rispetto e l'amore per i cani viene dimostrato ogni anno con una festività dedicata solo a loro: fedeli e leali protettori degli umani. 5 anni fa ho avuto la fortuna di trovarmi a Kathmandu proprio quel giorno e una signora del posto, mi ha permesso di capire quali fossero le tradizioni alla base della festività: un esempio di rispetto dell'altro che potremmo portare con noi anche in occidente.

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Ogni anno in Nepal, tra ottobre e novembre, è tempo di Tihar, una delle festività induiste più importanti dell'anno. Durante i cinque giorni di festeggiamenti il paese si ferma e, attraverso cerimonie ricche di simbologie, celebra le proprie divinità, la vittoria della luce sull'oscurità e della vita sulla morte. Ogni giornata del Tihar è dedicata a un animale con cui gli uomini convivono: il primo giorno, ad esempio, è chiamato Kaag Tihar, ed è dedicato ai corvi, messaggeri a cui rendere omaggio per scongiurare la cattiva sorte, il secondo giorno invece si chiama Kukur Tihar ed è completamente dedicato ai cani, compagni di vita e creature sacre che secondo la tradizione hanno l'importante compito di accompagnare le anime nel passaggio verso il paradiso.

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Proprio durante questa giornata, qualche anno fa mi trovavo con mio marito a Kathmandu, la capitale del Nepal, circondata da cani adornati di ghirlande arancioni e Tika, la pasta di yogurt, riso e polvere colorata che viene utilizzata per benedire con un punto rosso nel centro della fronte umani, cani, mucche e altri animali. Per ore ci siamo chiesti cosa stesse succedendo, finché una signora nepalese si prese il tempo di spiegarci il valore del cane nella tradizione induista: un animale fedele e leale, un protettore dell'uomo che va ringraziato perché la sua amicizia è indispensabile.

Entrare a Kathmandu: un magico e incomprensibile equilibrio

Entrare a Kathmandu è un'esperienza surreale. Il pullman percorre le strade seguendo traiettorie che per noi occidentali sono imprevedibili. Sebbene la viabilità segua le regole inglesi e sia, quindi, invertita rispetto a quelle italiane, ciò non significa che la corsia prescelta per condurre sia sempre la stessa. Tra una gincana e l'altra, a bordo di un autobus insieme ad altre 40 persone e alcune capre, stavamo tornando dalla regione dell'Annapurna. Dove la calma e il silenzio regnavano sovrani e la maggior parte dei cani che incontravamo erano enormi Mastini Tibetani, sdraiati pacifici sull'uscio delle abitazioni di montagna, intenti a scaldarsi sotto i raggi del sole autunnale.

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Avvicinandoci alla città, dopo settimane passate sull'Himalya, osservavamo dal finestrino ogni dettaglio del mondo che scorreva intorno a noi. Un mondo di cui è quasi impossibile comprendere gli equilibri che muovono la metropoli. Eppure in qualche modo, ogni cosa ha il suo posto. Come per magia, tra odori di incensi e spezie, le auto, le persone, i tuk tuk, i cani, le mucche e i pedoni che si muovono lungo le strade, in un moto costante e caotico, tutto ha una sua armonia. Kathmandu, in quel periodo era particolarmente sotto sopra: appena un anno prima un terribile terremoto aveva distrutto migliaia di palazzi e causato centinaia di vittime in tutto il paese, eppure ci accoglieva rumorosa, ingarbugliata, colorata e confusa come sempre.

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I primi cani decorati: cosa sta succedendo a Kathmandu?

Il primo cane decorato lo incontrammo appena scesi dall'autobus. Era sdraiato a terra ricoperto di collane e polvere rossa. Accanto a lui, un enorme piatto vuoto che aveva sicuramente contenuto del riso e altre prelibatezze. Dopo un mese in Nepal però, questa immagine non ci risultava affatto strana, perché il rapporto delle persone con gli animali, in questo paese a cavallo tra l'India e la Cina, è decisamente diverso rispetto a quello che siamo abituati a riconoscere nelle città europee. Le mucche, per esempio, attraversano liberamente i templi insieme alle scimmiette (a cui bisogna fare attenzione, perché sono sempre più abili nell'avvicinarsi ai turisti e rubare loro il cibo).

I cani, inoltre, non sono compagni di divano e avventure nella natura, bensì coinquilini del mondo, con cui condividere le risorse negli ambienti esterni delle abitazioni. Generalmente non vivono come parte integrante delle famiglie, ma accanto ad esse, consapevoli che la presenza degli umani e dei loro rifiuti rappresenta la possibilità di avere accesso al cibo. Un tacito accordo di coesistenza tra specie che, come tutto il resto, in Nepal raggiunge l'armonia.

Attraversando i templi induisti di Parsupathinat, nonostante la vista di animali di ogni tipo intorno a noi fosse ormai un'abitudine, cominciammo a notare che i cani sdraiati a terra immobili, colorati e ricoperti di collane, quel giorno, erano davvero moltissimi. Un'anziana signora lungo il corso del fiume, era intenta a depositare a terra un piatto, circondata da numerosi cani di ogni dimensione e colore, che rispettosamente le lasciavano lo spazio per muoversi senza essere d'impiccio e, ordinati, si preparavano al pasto. Probabilmente non era il primo della giornata, pensammo. Ed ecco perché erano tutti sdraiati a terra! Stavano mangiando molto più di quanto facessero di solito.

La Signora Savitri racconta il Kukur Tihar: «Ogni anno li ringraziamo per la loro presenza»

Avremmo voluto chiedere a chiunque cosa stesse accadendo e perché, quel giorno, i cani sembrassero essere i veri protagonisti della città. Il luogo in cui ci trovavamo però era un tempio sacro per la religione hindù e non ci sembrava opportuno disturbare le persone durante le cerimonie. Ci spostammo quindi verso Boudanath, un angolo di pace e armonia a Nord Est della città, dove qualche settimana prima avevamo fatto amicizia con una famiglia del luogo che parlava qualche parola di inglese. Usciti dall'autobus, l'intera piazza circolare intorno alla gigantesca stupa buddhista di Boudanath era cosparsa di cani sdraiati sul fianco o acciambellati, intenti a riposare nonostante l'intenso rumore della città e la quantità di persone che, come da tradizione, giravano in cerchio intorno al monumento. Al suolo c'erano evidenti segni di polvere rossa ed enormi piattoni di riso: alcuni addirittura intonsi.

Savitri, la signora che qualche settimana prima ci aveva spiegato il significato di altre tradizioni nepalesi, era in piedi sull'uscio del suo negozio, decorato con altarini ricolmi di oggetti dalle simbologie a noi incomprensibili e ricoperti di cera delle candele rosse accese. Era indubbiamente la persona giusta a cui chiedere cosa stesse succedendo per le strade di Kathmandu e proprio grazie a lei, che cominciò a elencarci i nomi delle divinità che vivevano con gli animali, scoprimmo che in Nepal, un paese in cui la maggior parte dei cani vivono lungo le strade, nelle corti e intorno ai villaggi di montagna, l'amicizia di questi animali viene considerata fondamentale: «Yama, il Dio della morte – ci spiegò – aveva due cani da guardia che rivolgevano sempre lo sguardo verso le porte dell'inferno. Durante la festività regaliamo a ogni cane cibo e benedizioni affinché ci garantiscano la protezione degli dei nel viaggio oltre la vita terrena, li ringraziamo per la loro fedeltà, per la loro compagnia e per la lealtà con cui ci difendono».

Namasté: la mia anima saluta

Tornando verso l'aeroporto, ripensavamo alle parole di Savitri e ragionavamo sul fatto che l'amore dimostrato agli animali dalle tradizioni induiste nepalesi come il Kukur Tihar, sono un esempio che dovremmo portare con noi fin qui, nelle città europee dove la presenza di un cane che vive liberamente lungo le strade viene considerato spesso un segno di disagio o di mancanza di decoro, nonostante questi straordinari animali, accompagnino anche noi occidentali da millenni, nelle evoluzioni delle nostre vite.

Non è da stupirsi, però, che sia proprio il Nepal, il paese che ci dimostra quanto rispetto e riconoscenza si possa provare per un'altra specie, consentendogli di vivere la vita al fianco delle persone e glorificandone loro presenza. In questo paese infatti, gli umani si salutano inchinandosi e pronunciando: «Namastè», un antico termine dal profondo valore simbolico, che significa; «Il divino che è in me onora il divino che è in te». Fin dal primo istante quindi, è evidente come ci si possa porre in maniera umile nei confronti all'altro e del diverso, consapevoli, forse, che è proprio la coesistenza pacifica e rispettosa, il segreto affinché la luce vinca sull'oscurità, il vero motivo per cui si festeggia il Tihal.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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