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13 Dicembre 2023
18:33

Verso la fine delle fonti fossili per salvaguardare clima e biodiversità: l’accordo dimezzato della Cop28

Biodiversità, clima e natura, non sono elementi slegati. Tutelare ognuno di essi è fondamentale per continuare a vivere sulla Terra per come la conosciamo. Eppure, ancora una volta, la Cop28 si è chiusa con un accordo che lascia scontento soprattutto la componente ambientalista e animalista.

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«Biodiversità, clima e natura, non sono elementi slegati, ma parti interconnesse di un unico mondo, il nostro. E se non ci occupiamo di ognuna di queste componenti la nostra specie arriverà a un punto di non ritorno». Sono le parole a Kodami di Mariagrazia Midulla, a Dubai per seguire la Cop28 in qualità di responsabile Clima ed Energia del WWF Italia.

Come ogni anno, Midulla ha seguito sul posto i lavori della Conferenza delle Parti sul clima organizzata dall'Onu che oggi si è conclusa con un accordo che rappresenta la mediazione di tutti gli interessi in gioco, e che come tale ha lasciato scontenti gran parte degli attori coinvolti, soprattutto del versante ecologista.

«Il testo finale approvato penso sia notevolmente meglio rispetto alla bozza di ieri. Tuttavia, contiene ancora trappole e diversivi che vanno disinnescati», commenta Midulla. Il primo accordo, circolato nel pomeriggio di ieri prima di quello definitivo, non conteneva nessun tipo di stop ai combustibili fossili ma solo la loro riduzione entro il 2050. Uno scenario incompatibile con il proposito di evitare l'innalzamento di 2 gradi di temperatura. «Era proprio uno scenario improbabile e anche incompatibile con l'accordo di Parigi che prevede già la decarbonizzazione nel 2050», aggiunge la delegata italiana del WWF. La diffusione di una bozza di accordo inaccettabile ha stemperato di molto le reazioni quando il giorno dopo è uscita la versione definitiva.

In quella finale è stato inserito il proposito concreto di «transitare fuori dai combustibili fossili». Nonostante questo segnale di apertura verso fonti più sostenibili, la completa eliminazione del carbone, del petrolio e del gas rappresenta un orizzonte ancora molto lontano. Ancora di più se è la stessa presidenza della Conferenza Onu ad essere scettica rispetto alla dismissione delle fonti fossili. Rinunciare non era nelle intenzioni di Sultan Al Jaber, presidente della Cop28 e amministratore delegato di Adnoc, l'azienda statale petrolifera degli Emirati Arabi Uniti.

Sultan Al Jaber, alla vigilia della Cop da lui presieduta aveva infatti dichiarato che l'eliminazione di questi combustibili avrebbe «riportato il mondo nelle caverne» e che «non c'è alcuna scienza che indichi che sia necessario per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi».

Dichiarazioni che trovano in disaccordo Midulla, secondo la quale la scienza ha spiegato bene quale sarà il futuro dell'umanità se non iniziamo a contenere l'aumento delle temperature: «Chi ha un ruolo pubblico e parla alla grande massa delle persone ha il dovere di dire che la comunità scientifica oggi non non ha tentennamenti nel confermare che il cambiamento climatico è responsabilità umana, che la situazione è già molto grave e che bisogna agire con la massima celerità. Non ci sono discussioni. Quelli che discutono non sono climatologi ma persone con altro tipo di specializzazione».

Nonostante le dichiarazioni poco incoraggianti della presidenza della Cop, e un accordo non esaltante raggiunto alla fine dei negoziati, questa Cop ha raggiunto comunque un risultato positivo, secondo chi l'ha vissuta: «Si è parlato di natura più del solito, più delle altre edizioni», rileva Midulla. Ma questa è stata anche un'edizione in cui il peso specifico dei gruppi che proteggono gli interessi dei petrolieri è stato particolarmente significativo, come sottolinea chi era a Dubai: «Erano molti, molti di più degli altri anni. E la caratteristica di queste particolari lobby è che non si vedono, non si espongono, ma ci sono».

«Troppe lobby ai tavoli decisionali»

Lobby in Italia è un concetto negativo, in realtà secondo la definizione di Treccani le lobby sono semplicemente «gruppi di persone che, senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi».

Tra i primi esempi riportati da Treccani ci sono le lobby «del petrolio», le stesse che hanno fatto sentire la propria presenza a questa 28esima edizione della Cop. L'Unione Europea partecipa alla Conferenza dell'Onu con i propri delegati e quelli dei 27 Stati membri, ma ai tavoli di discussione che lavorano all'accordo sul clima ci sono anche rappresentanti di altri interessi, come associazioni ambientaliste e lobby.

«Anche gli altri anni erano presenti – ricorda Midulla – anche se non massicciamente come quest'anno. In più, ho visto moltissimi lobbisti dentro le delegazioni ufficiali. Insomma hanno un accesso diretto alla alle informazioni e alla sede delle trattative che le ONG non hanno assolutamente».

Al rafforzamento degli interessi dei petrolieri non è corrisposto quello delle associazioni di tutela animale e ambientale, anzi. «Le nostre proposte – spiega la delegata del WWF Italia – quando erano considerate valide venivano accettate all'interno di un confronto limpido. Oggi come oggi invece veniamo tacciati di essere estremisti o ideologici».

Il risultato è uno scontro impari tra le diverse posizioni in gioco e un accordo all'acqua di rose che lascia scontenti soprattutto sul versante ecologista, come si legge anche nel comunicato ufficiale dell'associazione del panda: «Il testo finale rappresenta un miglioramento rispetto all’ultima versione, che era inaccettabile, anche se è ancora molto permeato e influenzato dalle lobby fossili e da quelle delle false soluzioni (nucleare, cattura e stoccaggio del carbonio). Pessima la menzione dei combustibili per la transizione, una transizione che gli interessi del gas tendono a rendere infinita ed enormemente più dispendiosa, proprio perché consistenti fondi tengono in piedi il sistema fossile».

La politica globale non sembra essere ancora pronta a rinunciare alle fonti fossili, pensando che senza saremo condannati a un'esistenza di buio nelle caverne. In realtà, se le temperature continueranno ad aumentare, e le risorse della Terra a essere prosciugate a una velocità insostenibile, le cose andranno molto peggio per la nostra specie rispetto alla previsione di Sultan Al Jaber.

«È già iniziato un vero e proprio Far West per lo sfruttamento di una delle risorse più importanti per noi: l'acqua».  L'essere umano è un animale come gli altri: per vivere ha bisogno di determinate condizioni ambientali. Se la Terra dovesse diventare inospitale noi saremo i primi a pagarne il prezzo. «Pensiamo di essere una cosa a parte, alieni piombati all'interno di un sistema che non ci riguarda, ma non è così. Adattamento per noi vuol dire pensare a come cambieranno anche i settori economici, i luoghi che abitiamo e le risorse che sfruttiamo quotidianamente e che per questo sono sempre meno disponibili».

Forse, se rinunceremo alle fonti fossili torneremo davvero a vivere nelle caverne, ma se non lo facciamo sicuramente vivremo sul fondo di un pozzo vuoto e arido.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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