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27 Marzo 2022
18:00

Uno studio conferma l’intelligenza cosciente dei corvi

Uno studio pubblicato su Science sottolinea ancora una volta le eccezionali capacità cognitive dei corvidi, nonostante il loro cervello sia sostanzialmente diverso dal nostro.

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I corvi hanno una consapevolezza di sé molto simile a quella che abbiamo noi: è quello che è emerso da un recente studio scientifico. Notoriamente corvi e specie affini come gazze, ghiandaie e cornacchie, tutti membri della famiglia dei corvidi, sono creature estremamente brillanti. Usano strumenti, riconoscono volti, lasciano regali per le persone che gli piacciono e comprendono addirittura le sequenze numeriche. I corvidi faranno cadere anche le rocce nell'acqua per spingere il cibo galleggiante verso di loro.

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È dimostrato che i corvidi possano utilizzare semplici strumenti

Ciò che sorprende è invece che, secondo gli autori dello studio, i corvi sono in grado di riflettere mentre risolvono determinati problemi: un livello di autocoscienza decisamente elevato. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science.

Uccelli autocoscienti

Gli esseri umani tendono a credere di essere l'unica specie a possedere determinati comportamenti e caratteristiche intellettive, specialmente per quanto riguarda la cognizione. Occasionalmente, estendiamo tali capacità a primati ed altri mammiferi, specie con le quali condividiamo somiglianze cerebrali fondamentali. Nel tempo però sempre più questi presunti "pilastri dell'eccezionalismo" umano sono caduti. Ad esempio molti scienziati ora sostengono che la correlazione tra la coscienza e una corteccia cerebrale stratificata come la nostra non sia più valida.

In particolare, nonostante la loro corteccia sia monostratificata ma densamente ricca di cellule, le cornacchie mostrano una risposta neuronale della corteccia telencefalica durante l'esecuzione di un compito che è correlato alla loro percezione di uno stimolo. Secondo i ricercatori tale attività è un chiaro indicatore di autocoscienza e di capacità mentali espansive. A sostegno di questa possibilità, un altro studio precedentemente pubblicato su Science rileva che anche la neuroanatomia di piccioni e barbagianni supporta tali capacità cognitive.

«In ogni caso, sembra esserci una corrispondenza generale tra il numero di neuroni che un animale ha nella sua corteccia telencefalica e la sua intelligenza», ha commentato la neuroscienziata brasiliana Suzana Herculano-Houzel riguardo il nuovo studio. Gli esseri umani sono l'esempio più lampante, avendo ancora più neuroni degli elefanti nonostante le nostre dimensioni corporee siano molto più ridotte. Si stima che nei cervelli di corvo ci siano circa 1,5 miliardi di neuroni.

Come si è svolta la ricerca

I ricercatori, guidati dal neurobiologo Andreas Nieder dell'Università di Tubinga in Germania, hanno addestrato due cornacchie nere (Corvus corone), Ozzie e Glenn.

I due corvidi sono stati addestrati a rispondere a dei rapidi stimoli luminosi colorati e casuali tramite dei movimenti della testa: se dopo aver osservato un quadrato grigio ne compariva uno rosso dovevano muovere la testa e al contrario, se dopo il quadrato grigio ne compariva uno blu dovevano tenere la testa ferma.

In realtà il quadrato grigio veniva mostrato solo in metà delle prove e in quelle in cui non compariva la regola era rovesciata: il blu segnalava di dover muovere la testa, il rosso di tenerla ferma. «Il punto importante è che per poter rispondere correttamente nel momento della presentazione del quadrato colorato, gli animali dovevano ricordarsi se avevano visto oppure no un quadrato grigio» ha spiegato Nieder.

Ma non finisce qui: «in alcune prove il quadrato grigio viene presentato con un’intensità minima ed era difficilmente distinguibile, confondendo l'animale». Parallelamente alla prova, i ricercatori hanno registrato con degli elettrodi l’attività neuronale della corteccia, che risultava attiva quando i corvi pensavano di aver visto il quadrato grigio e non attiva quando non lo distinguevano.

L'interpretazione di Nieder di questa sequenza è che Ozzie o Glenn hanno dovuto comprendere se c'era stato o meno il colore grigio esibendo consapevolezza di ciò che era appena stato sperimentato e poi in pochi istanti collegare quel ricordo allo stimolo successivo per muovere o tenere ferma la testa. Secondo i ricercatori questi risultati suggeriscono che le basi neurali che consentono la coscienza sensoriale sono nate prima dell'emergere dei mammiferi o almeno indipendentemente nella stirpe aviaria e non richiedono necessariamente una corteccia cerebrale.

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