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7 Dicembre 2022
11:17

Un fossile del Cambriano permette di risolvere l’enigma dell’origine del cervello degli artropodi

Il recente ritrovamento di un fossile di 520 milioni di anni permetterà di studiare le primi dell'evoluzione del cervello, a partire da pochi centri nervosi che si sono conservati al suo interno.

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Rappresentazione artistica del sistema nervoso del lobopodio, con una relativa cefalizzazione del primo metamero, noto anche come ganglio.

C'è una grande novità per tutti gli appassionati di biologia evolutiva del sistema nervoso centrale. Un nuovo reperto permette infatti di studiare le prime fasi dell'evoluzione del cervello, a partire da pochi centri nervosi che si sono conservati all'interno di un fossile di 520 milioni di anni.

Questa scoperta era nell'aria: da parecchi anni si sa che il Cambriano inferiore è stato sicuramente uno dei momenti più importanti della storia evolutiva della vita sulla Terra. Come ben raccontato nel saggio di Stephen Jay Gould "La vita meravigliosa", senza il Cambriano non avremmo avuto buona parte dei piani corporei e dei phyla degli organismi viventi, con  la diversificazione accentuata di forme evolute rispetto alle specie presenti nell'Ediacarano.

Un enigma però ha afflitto i paleontologi da circa cento anni, ovvero da quando si è cominciato a riflettere sull'evoluzione del sistema nervoso degli artropodi.  Come sono comparsi i primi cervelli se l'evoluzione di un vero capo è successiva a quella dei primi ritrovamenti? Una teoria ha sostenuto per anni che il cervello degli artropodi fosse in parte composto da gangli originatisi dal sistema nervoso ventrale, che aveva il compito all'interno dell'animale di controllare i movimenti delle viscere, prima che si sviluppasse un vero cervello nella zona che sarebbe cresciuta come "testa", per usare un linguaggio più semplice.

Il nuovo articolo pubblicato su Science però mette in discussione questa tesi, descrivendo la struttura del cervello di un Cardiodictyon catenulum, un lobopodio – un animale estinto e poco conosciuto – che presentava corpo segmentato, l‘abbozzo di una testa e zampe.

In questa ricerca infatti si è scoperto che il cervello di questo particolare animale, ritenuto fra i primi ad essersi evoluto del Phylum degli artropodi, disponeva già di tre componenti cerebrali separati, simili a gangli, ancor prima dell'evoluzione della testa, distinti, come affermano nel testo, «dal sistema nervoso metamerico ventrale che serve il suo tronco appendicolare».

Ogni "ganglio" si allinea con uno dei tre componenti dell'intestino anteriore e con un paio di appendici della testa, dimostrando di poter svolgere le stesse funzioni di alcuni nervi che fuoriescono dalla testa degli artropodi odierni.

La cosa però più sorprendente è che tali domini cefalici di C. catenulum precedono di molto l'evoluzione della testa negli altri artropodi, ma corrispondono perfettamente ai neuromeri che definiscono i cervelli di diversi chelicerati moderni.

Il ritrovamento del fossile

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La scoperta è da attribuire principalmente a Nicholas Strausfeld, docente di ruolo e patrocinante del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università dell’Arizona, che è stato il principale responsabile della ricerca pubblicata su Science. Assieme alla sua equipe, lo scorso anno infatti decise di riesumare alcuni reperti risalenti al 1984,  provenienti dalle rocce della provincia meridionale cinese dello Yunnan. Anche in questo caso, infatti, i reperti provenienti dalla regione cinese sono stati fondamentali per acquisire delle nuove conoscenze. E in effetti all'interno delle rocce Strausfeld ha trovato una sorta di verme di 1,5 centimetri che poi si sarebbe rivelato come il C. catenulum. 

Il "verme" si presentava simile ad un centopiedi, ma a differenza di questi aveva arti molto meno elaborati, una metameria – ovvero la ripetizione degli stessi segmenti anatomici identici lungo il corpo – semplice e un sistema boccale rudimentale, con un capo solo accennato, che presentava solo un ingrossamento e la presenza delle piccole componenti nervose.

Sorpreso dalla presenza di questi tre domini cerebrali in quella che sembrava essere una delle due estremità dell'animale, lo scienziato americano ha chiesto l'aiuto a Frank Hirth, titolare della cattedra di Neuroscienze Evolutive al King’s College di Londra. E dopo molte analisi incrociate affrontate dall'equipe di entrambe le università, i ricercatori hanno dedotto che quello che avevano tra le mani era probabilmente il primo esempio di cervello mai trovato in un animale della fauna cambriana, il più antico mai scoperto.

Ora è indubbio che il cervello – composto come detto da tre componenti separati – del C. catenulum non possa essere equiparabile al cervello sviluppato dei vertebrati che tutti noi abbiamo in mente. Se però dobbiamo prendere per buono quello che ci hanno insegnato due secoli di scoperte inerenti l'evoluzione, non possiamo ignorare il fatto che il cervello del Cardiodictyon possa aver segnato un cammino, che poi abbia portato all'evoluzione e all’organizzazione cerebrale negli artropodi, dal Cambriano fino ad oggi.

Confrontando il reperto con il sistema nervoso di altri artropodi, gli autori non solo hanno identificato e descritto il cervello del fossile, come appariva mezzo miliardo di anni fa, ma hanno anche combinato gli studi anatomici, rilevando moltissime somiglianze fra la specie estinta e gli animali oggi viventi.

Giunti a questo punto, ora sarebbe molto interessante applicare quanto scoperto, cercando di porre un confronto con i reperti degli antichi progenitori dei vertebrati, come Pikaia gracilens, per svelare se la scelta compiuta da C. catenulum sia stato un unicum, che ha coinvolto solo gli antenati degli invertebrati, o se ha rappresentato una scelta forzata e di passaggio per tutti gli organismi che poi, evolvendosi, si sono differenziati e hanno portato all'origine dei diversi philum odierni.

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Rappresentazione artistica del progenitore comune di tutti i cordati, Pikaia gracilens, anch’esso vissuto nel Cambriano
Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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