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5 Aprile 2024
8:00

Un anno dopo la morte di Andrea Papi: cosa è cambiato in Trentino

Il 5 aprile 2023 il 26enne Andrea Papi è stato trovato morto nei boschi sopra il piccolo Comune di Caldes, nella Val di Sole. Il suo corpo portava le tracce di un incontro con l'orsa che poi è stata identificata come JJ4. A un anno da quel tragico evento torniamo in Trentino per scoprire cosa è cambiato e quale sarà la sorte di JJ4, la prima orsa sotto processo in Italia.

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Nel pomeriggio del 5 aprile dello scorso anno, il ventiseienne Andrea Papi è uscito dalla sua casa del piccolo Comune di Caldes, in Val di Sole, per una corsa nei boschi sopra l'abitato. Un'attività abituale e molto diffusa nelle valli trentine in cui il confine tra città e natura è molto più labile e sfumato che altrove. Eppure in quella giornata uguale a molte altre che si erano succedute nella vita di Andrea si è verificato qualcosa che non era mai accaduto prima, e che ha cambiato per sempre la vita di una famiglia e di una comunità, e forse anche il modo con il quale in Europa trattiamo ora la fauna selvatica.

Sulla strada del ritorno verso casa, Andrea Papi ha incrociato sulla strada l'orsa JJ4 insieme ai suoi tre cuccioli. E niente è stato più come prima. Quel giorno Andrea Papi è diventato la prima vittima di un orso dall'Unità d'Italia ai giorni nostri.

Processo all'orsa

Esiste un prima e un dopo la morte di Andrea Papi, non solo in Trentino ma anche in Italia e tra i vicini europei.

Una volta calato il buio, quando i genitori non lo hanno visto rientrare hanno lanciato l'allarme. Nella notte tra il 5 e il 6 aprile, il bosco ha restituito il suo corpo senza vita e dai segni è parso subito evidente l'incontro con un orso. Secondo quanto ricostruito, il giovane e il plantigrado si sono trovati faccia a faccia inaspettatamente dopo una curva del sentiero. Papi ha provato a difendersi usando un bastone raccolto sul posto, rivenuto poi con tracce di sangue, ma il tentativo si è rivelato inutile.

Le successive analisi genetiche effettuate dagli esperti del laboratorio della Fondazione Edmund Mach hanno confermato che l'orsa coinvolta era JJ4, una femmina di circa 17 anni. Non è stato difficile trovarla nei boschi della Val Meledrio per il personale del Corpo forestale trentino: le femmine infatti si muovono in un'area ben precisa e circoscritta, soprattutto se hanno dei cuccioli, e così è stato anche per JJ4. Alle 23 del 17 aprile è scattata la trappola a tubo che ha catturato l'orsa, mentre i tre cuccioli che erano con lei sono scappati.

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La cattura di JJ4 in Val Meledrio a cura del Corpo forestale trentino [Archivio Ufficio Stampa PAT]

Nei confronti dell'animale il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, ha firmato un'ordinanza di abbattimento, e nella conferenza stampa che è seguita alla cattura ha dichiarato che avrebbe preferito abbatterla sul posto. Desiderio che poi in parte esaudirà, uccidendo con un'ordinanza-lampo l'orso M90.

L'abbattimento di JJ4 invece è stato sospeso a seguito del tempestivo ricorso al Tar delle associazioni di tutela animale. Da qual momento è iniziato il lungo braccio di ferro tra Fugatti e gli animalisti a suon di carte bollate. Un dossier pesante che si trova tra le mani dei giudici della Corte di Giustizia Europea.

Ora saranno i giudici europei a dover decidere se l'orsa debba essere abbattuta, come chiede la Provincia Autonoma di Trento, oppure se potrà essere trasferita in un luogo diverso dal Casteller, come il santuario trovato per lei in Romania dalle associazioni animaliste.

Fino a quel momento, JJ4 resterà rinchiusa all'interno del Centro Faunistico Casteller, una struttura costruita nel 2008 per l'accoglienza provvisoria degli orsi e non per la captivazione permanente. Nonostante ciò, da un anno si trova in regime di carcerazione preventiva in attesa che la giustizia internazionale decida la sua sorte.

JJ4 è così il primo orso "processato per omicidio", sottoposta alla giustizia umana e inconsapevole del crimine che ha commesso. Delle responsabilità umane per la morte di un 26enne che stava solo facendo una passeggiata nel bosco vicino casa, invece, non si è mai parlato. Eppure sono molte le critiche formulate da cittadini e attivisti in questo ultimo anno circa la gestione del Progetto Life Ursus che ha ripopolato le alpi trentine di orsi bruni europei.

Il progetto Life Ursus

Quel 5 aprile ha cambiato la vita di molte persone, ma a subire gli effetti più devastanti sono stati i familiari e gli amici di Andrea che in un anno sono stati assediati dai media, rincorsi dai politici, e persino attaccati dagli odiatori del web.

Carlo Papi e Franca Ghirardini, i genitori di Andrea, si sono trovati a dover affrontare pubblicamente una tragedia privata. Lo hanno fatto con il riserbo tipico delle genti trentine, ma senza alcuna passività. Da subito hanno sottolineato la necessità di «trovare le responsabilità umane» per quello che era accaduto al figlio.

Più che la testa dell'orso, la famiglia chiede che le istituzioni competenti si assumano la responsabilità davanti a tutta la comunità. Lo ha detto chiaramente la madre di Andrea nella lettera aperta scritta ad aprile dell'anno scorso: «Voglio chiarire una cosa: la colpa non è di mio figlio e neanche dell'orso. La colpa va ricercata nella cattiva gestione fatta da chi ha gestito, nel tempo, il progetto Life Ursus, che ormai è sfuggito di mano».

Una richiesta che era già emersa durante i funerali del giovane, quando Kodami è andata a Caldes, dove Andrea è nato e cresciuto, per raccontare la rabbia nei confronti di chi ha gestito il ripopolamento degli orsi in Trentino attraverso il progetto Life Ursus.

Nel 1999 sulle Alpi trentine era rimasto uno sparuto gruppo di tre orsi maschi, inevitabilmente destinati ad estinguersi. Benché l'orso bruno europeo non fosse una specie a rischio di estinzione, le istituzioni locali unirono le forze per salvare quella popolazione ormai allo stremo. Il Parco Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento usufruendo di un finanziamento dell’Unione Europea avviarono il Progetto Life Ursus, finalizzato alla ricostituzione di un nucleo vitale di orsi nelle Alpi Centrali tramite il rilascio di 10 individui provenienti dalla Slovenia. Tra questi c'erano anche Joze e Jurka, i genitori di JJ4.

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I dati dei 10 orsi sloveni rilasciati in trentino [Fonte: Provincia Autonoma di Trento]

Nel 2004, con il passaggio di testimone dal Parco alla Provincia, il progetto però è terminato. Lo aveva spiegato a Kodami Andrea Mustoni, coordinatore tecnico del Life Ursus e responsabile comunicazione scientifica dell'Adamello Brenta: «Quando si parla di progetto Life Ursus, riferendosi alla gestione odierna, se ne parla in modo improprio, perché è finito quasi 20 anni fa. Quanto avvenuto al tempo, invece, è stato riconosciuto come un enorme successo. Ciò che è accaduto dopo il 2004, ovvero dopo la fine fisiologica del progetto di cui sono stato coordinatore, non può essere chiamato Life Ursus, ma è il progetto di gestione e conservazione degli orsi in Trentino».

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Il rilascio di un orso sloveno in Trentino [Archivio Ufficio Stampa PAT]

La maggior parte degli orsi infatti si è adatta bene al nuovo territorio, riproducendosi più volte nel corso della loro vita. L'obiettivo che Parco e Provincia si erano prefissati era di raggiungere una popolazione di almeno 60 orsi adulti, e ad oggi secondo i dati forniti dagli uffici provinciali sono circa 100. L'intento è quindi stato raggiunto pienamente. Al ripopolamento però sarebbe dovuta seguire una capillare campagna informativa e soprattutto l'adeguamento del territorio attraverso recinti anti-orso per i frutteti e gli allevamenti e l'installazione di cassonetti anti-orso. Misure adottate per scoraggiare gli animali dall'avvicinarsi alle risorse antropiche. Tutto questo però non è stato fatto neanche quando sono aumentati i danni causati dagli orsi alle attività umane, così come gli incontri tra orsi e persone.

Come si legge nel Rapporto Grandi Carnivori del 2022, i danni causati dall'orso, e quindi i relativi indennizzi elargiti dalla Provincia, sono costantemente aumentati, con un picco raggiunto nel 2021, l'ultimo anno in cui si hanno dati certi. Quelli relativi al 2022 erano solo parziali, e nel 2023 il Rapporto pubblicato dalla provincia da ben 17 anni non è stato diffuso.

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il trend dei danni da orso e dell’ammontare dei relativi indennizzi [Fonte: Provincia Autonoma di Trento]

L'insoddisfazione provocata dalla paura dei boschi, luoghi che i trentini consideravano casa prima dell'arrivo degli orsi, ha permesso alla giunta provinciale di far approvare il ddl n. 11, subito ribattezzato "Legge Ammazza-orsi".

La legge Ammazza-orsi

La legge Ammazza-orsi è stata approvata definitivamente dal Consiglio della Provincia Autonoma di Trento a gennaio di quest'anno. La legge, a prima firma dell'assessore Roberto Failoni, va a modificare la legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9 relativa alle misure di prevenzione e d'intervento previste per i grandi carnivori, al fine di definire annualmente il numero massimo di orsi considerati problematici di cui è consentito l’abbattimento. Il numero «massimo otto esemplari all'anno» non rappresenta quindi di una quota da raggiungere, ma un limite oltre il quale non andare.

Inoltre, resta ferma la necessità per il presidente della Provincia di acquisire il parere tecnico-scientifico e il nulla osta dell'Ispra per poter procedere all'abbattimento dell'orso problematico.

L'approvazione di questa legge ha rappresentato l'ultimo, definitivo, atto di un percorso lampo appoggiato da gran parte dei consiglieri: 19 hanno espresso voto favorevole, e 11 si sono astenuti. Solo due hanno votato in senso contrario: Filippo Degasperi di Onda, e Lucia Coppola di Europa Verde.

Per i detrattori della legge, sentiti da Kodami, questo provvedimento non è che «uno strumento di propaganda» utile a rafforzare l'immagine di Fugatti, ed è soprattutto il modo più semplice per tenere fede alla promessa elettorale fatta questa estate. Quest'estate Fugatti ha corso per il secondo mandato ed è risultato vincitore grazie all'assenza di avversari validi e di una campagna elettorale sulla pelle dell'orso.

Nel frattempo, tra propaganda e pareri tecnici, JJ4 resta confinata nel recinto del Casteller.

JJ4: fine pena mai

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Casteller

Mentre le persone si affannano discutendo della legge Ammazza-orsi e dello spray al peperoncino, JJ4 continua il suo isolamento nel recinto del Casteller. Un orso può percorrere 20-30 chilometri al giorno, lo spazio a disposizione di JJ4 nel Casteller è di appena 8mila metri quadrati. Un'ampiezza che non può rispettare in alcun modo le esigenze etologiche dell'animale. Eppure un anno dopo si trova ancora lì, nonostante a più riprese le associazioni di tutela animale si siano fatte avanti per offrire una soluzione alternativa che consentisse a JJ4 di spostarsi in una struttura più adeguata e contemporaneamente la tenesse separata dalle persone.

Pur essendo sotto processo per JJ4 non esiste possibilità di assoluzione: anche se i giudici dovessero accordare il trasferimento non potrà mai più tornare all'ambiente naturale. Un'opzione che «per un orso è peggio della morte», come spiega a Kodami il veterinario Alessandro De Guelmi che si è occupato degli orsi per oltre trent'anni.

Eppure, per le associazioni che si occupano di tutela animale le cose stanno diversamente e per lei hanno individuato il Libeararty Bear Sanctuary Zărneşti situato in Romania a nord di Bucarest. «JJ4 è oramai diventata il simbolo della lotta per la vita e la libertà degli orsi trentini – ha dichiarato la Lav, l'associazione che sta organizzando il viaggio dell'animale in Romania – la nostra battaglia per il suo trasferimento ha aperto un nuovo fronte nelle Istituzioni europee». Ad opporsi strenuamente a questa opzione resta la Provincia di Fugatti.

Il Libeararty Bear Sanctuary è stato fondato nel 2005 ed è gestito da Millions of Friends, associazione lega membro dell'Oipa. Il recinto misura 69 ettari e ospita già altri 100 orsi provenienti da situazioni di maltrattamento come i circhi.

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Il Libearty Bear Sanctuary

Si tratta di orsi nati e cresciuti in cattività, abituati sia all'essere umano che a condividere gli spazi ridotti. Una situazione molto diversa da quella vissuta dagli orsi nati liberi come JJ4. Gli orsi non formano gruppi sociali, gli unici nuclei sono costituiti dalle femmine con i loro cuccioli, e si guardano bene dall'incrociare altri individui. In particolare, le femmine, le madri e i giovani maschi passano la maggior parte del loro tempo a cercare territori lontani dai maschi adulti che possono rappresentare un serio pericolo oltre che un rivale nella ricerca di risorse.

Sono questi i motivi che spingono soprattutto queste categorie sociali ad avvicinarsi agli ambienti antropici, e al momento dell'incontro con Andre Papi JJ4 aveva con sé tre cuccioli, anche se non avrebbe dovuto.

Nel 2020 infatti JJ4 era stata al centro di un altro incontro con persone, non mortale, proprio mentre era con i cuccioli nati quell'anno. Nel tardo pomeriggio del 22 giugno 2020 JJ4 ha incrociato due persone, padre e figlio, sul monte Peller, lo stesso dove è stato ucciso anche Andrea Papi. A seguito di quell'episodio Fugatti emanò un'ordinanza di abbattimento per l'orsa, sospesa e poi annullata dal Tar ancora una volta grazie all'interessamento delle associazioni animaliste.

Si trattò di un comportamento messo in atto allo scopo di difendere i piccoli, e per questo l'Ispra nel 2021 consigliò alla Provincia di monitorare JJ4 e dava parere positivo «all’intervento a carattere sperimentale di sterilizzazione e re-immissione in natura» dell'orsa. La sterilizzazione però non è mai stata eseguita, e non è possibile sapere cosa sarebbe accaduto quel 5 aprile 2023 se JJ4 non fosse stata con i suoi cuccioli.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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