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22 Gennaio 2023
17:00

“The Truffle Hunters”, una poesia in pellicola su cercatori e cani da tartufo

“The Truffle Hunters”, diretto da Michael Dweck e Gregory Kershaw e prodotto da Luca Guadagnino, è un docu-film che celebra i cercatori di tartufi e mostra la fratellanza tra uomini e cani da tartufo.

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Membro del comitato scientifico di Kodami

C'è sempre un confine. Un confine che però non sempre è facile vedere, e alle volte, per continuare a sognare forse quel confine è meglio non vederlo mai se vogliamo restare nella poesia. "Cacciatori di tartufi" è per lo più una poesia in immagini. Un film con una fotografia veramente toccante, con una luce che fa assaporare momenti nei quali la fratellanza cane-uomo entra nell'intimo e mette in secondo piano il concetto di utilità, relegandolo ai margini, anche se pare essere invece il centro di tutta la vicenda.

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Il titolo originale è “The Truffle Hunters” ed è stato diretto da Michael Dweck e Gregory Kershaw, prodotto dal regista e sceneggiatore cinematografico italiano Luca Guadagnino. Il docufilm  ha sbancato i botteghini negli Stati Uniti (marzo 2021) prima che in Italia (novembre 2021) e ha entusiasmato al Sundance Film Festival di Salt Lake City, uno dei più importanti Festival del cinema indipendente e poi al New York Film Festival.

“Cacciatori di Tartufi” si svolge nei boschi delle colline piemontesi, nella zona di Alba, in provincia di Cuneo, la patria del tartufo bianco più pregiato al mondo. In questo film gli attori non sono attori e non recitano: sono cani e persone che hanno accettato di raccontarsi davanti alle telecamere che li spiano con discrezione. Scene che raccontano la vita di uomini che vivono tra i boschi e cercano con i loro compagni canini il prezioso tubero. Vite al confine tra una società con le sue regole e la natura che ne ha altre. Uomini e cani che attraversano continuamente questo confine, e ci sarebbe da chiedersi se il bosco sarebbe ancora così attraente per loro se non ci fossero le regole della società, che questo bosco lo vuole sfruttare fino all'ultimo briciolo di terreno. Sono uomini anziani: di giovani che vanno con i cani nei boschi dalle parti di Alba, in questo film non se ne vedono ed è una storia che racconta qualcosa che sta finendo, il tramonto del romanticismo che lega nel nostro immaginario l'uomo al cane ed entrambi alla natura. Natura che anch'essa pare essere al tramonto.

I tartufai hanno una lunga tradizione, sono intimi conoscitori della natura, ma non tramandano le loro conoscenze: morti loro nessuno – se non i cani – saprà dei loro luoghi segreti. Tutto dovrà ricominciare daccapo, con altre persone disposte a fare la loro vita, dato che dove si trovano i tartufi migliori a nessuno è dato saperlo per bocca loro, e questo appare chiaro nella narrazione del film.

Ma il confine tra l'amore per la natura, per gli animali del bosco, per i segreti sussurrati tra le foglie, viene spazzato via dal denaro che da un lato pare essere il vero motore di tutto e, dall'altro, tutto distrugge. Una delle scene che fa maggiormente riflettere e che vela gli occhi è il tradimento di alcuni uomini senza scrupoli nei confronti della natura, dei cani, dell'amore per quella vita. Succede quando si incontra la rabbia di uno di quei vecchi cacciatori di tartufi, sfinito dalle regole del commercio, dal mercato nero, dai cani uccisi con il veleno, che prova a pestare sui tasti di una vecchia macchina da scrivere il suo sfogo, urlando verso un mondo che non riconosce più, un mondo dove la poesia è cancellata dal business. L'amore per i suoi cani non si compra, non è merce sulla quale contrattare. Così come l'amore per la foresta, per i suoi odori, i suoi suoni e umori. E quando quel confine si supera, e il prezzo diventa troppo alto, conforta l'idea che ci siano ancora uomini che tengono più alla poesia che al guadagno effimero, e viene voglia di essere lì, acconto a loro, con il loro coraggio e la loro rabbia, a sostenere, forse in vano, valori antichi infinitamente più preziosi del danaro che li vuole comprare. Come per esempio un uomo che cammina in un bosco con il suo cane, così come è dall'alba dei tempi. Senza quegli uomini e quei cani, che si agitano sui confini presto tutto potrebbe finire, e non si intende solo la ricerca dei tartufi in sé, ma gli stessi boschi e i cani e il canto dell'usignolo, lo squittio della civetta e il frinire delle cicale, il profumo di corteccia, del muschio e della terra bagnata dopo un temporale.

Ci sono uomini per i quali è difficile dire se il bosco è attraente in sé o se lo è solo in quanto luogo da sfruttare economicamente. Ed ecco dunque un altro confine, quello tra la poesia e il business. Ed è sui confini che da sempre si combattono le battaglie più dure, sanguinose ma anche, per certi versi, romantiche. In questo film la resistenza degli uomini e dei cani ci insegna valori che spesso dimentichiamo. Il legame tra quei vecchi cacciatori di tartufi e i loro cani è qualcosa di puro, intenso, privo di tempo e spazio che i registi Michael Dweck e Gregory Kershaw hanno voluto mettere su un piatto d’oro, mostrandoci i momenti di intimità tra di loro nella condivisione della vita quotidiana. Una condivisione che per molti dei nostri cani, super toelettati, impomatati, avvolti in pregiati drappi è solo un miraggio lontano. Momenti d'affetto commoventi e profondi, così veri che raramente capita di vedere in una pellicola cinematografica.

Questo film è una testimonianza, un documento di qualcosa che svanisce come neve al sole. E' una denuncia anche alla disattenzione per la natura da parte dell’uomo da parte della società moderna che in quella natura non ci mette più piede ma che pensa di poterla comprare. Una natura che diventa un’immagine sfocata, un luogo sconosciuto, importante solo quando ha un valore economico, altrimenti, beh, può anche sparire nel nulla.

Un film da non perdere, semplicemente. Come ha dichiarato The Hollywood Reporter, rivista che insieme a Variety rappresenta la voce più autorevole nel panorama cinematografico americano:

“The Truffle Hunters è bellissimo. Unico. Delizioso. Una poesia visiva. Una gioia continua per gli occhi e un nutrimento per l’anima.”

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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