Subacquei e ricercatori uniti per salvare i cavallucci marini italiani: «Ora sappiamo dove sono e come proteggerli»

Un nuovo studio, grazie all'aiuto dei subacquei, ha permesso per la prima volta di capire dove sono esattamente e quali minacce affrontano le uniche due specie di cavallucci marini presenti in Italia: «Per la prima volta abbiamo finalmente uno strumento pratico per la conservazione dei cavallucci marini nei nostri mari», sottolinea l'ecologo Luciano Bosso.

19 Dicembre 2023
13:52
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Foto di Fabio Russo

Un nuovo studio tutto italiano, appena pubblicato sulla rivista Ecological Informatics, mette in mostra l'enorme potenziale e l'utilità scientifica della citizen science, la scienza fatta grazie all'aiuto dei cittadini, nel realizzare strategie di conservazione per tutelare in maniera più efficace le specie a rischio d’estinzione. Lo studio, guidato dai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli in collaborazione con altri istituti di ricerca e università, utilizzando i dati e le osservazioni ottenute proprio grazie alla "scienza partecipata" ha permesso infatti di individuare per la prima volta la distribuzione e le minacce per il futuro delle uniche due specie di cavallucci marini che attualmente vivono nei mari italiani.

«Per la prima volta abbiamo finalmente uno strumento pratico per la conservazione dei cavallucci marini in Italia. Ora possiamo fornire delle mappe che mostrano chiaramente dove sono i cavallucci marini nei nostri mari e quali sono le attività umane che minacciano maggiormente quelle aree. Per un decisore politico e per chi si occupa dello studio e della conservazione di questi pesci, sono ora disponibili informazioni essenziali su dove sono presenti queste specie e su cosa fare per tutelarne il loro futuro e ridurre l'impatto delle attività umane», spiega a Kodami Luciano Bosso, ecologo CNR-ISAFOM e primo autore dello studio.

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Hippocampus guttulatus

I ricercatori della SZN, in collaborazione con il CNR, l'Università delle Tuscia, l'Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, l'Università del Salento e il Centro Nazionale per la Biodiversità, hanno raccolto grazie all'aiuto dei subacquei a cui è stato sottoposto un questionario, 115 segnalazioni inedite di presenza per le due specie italiane di cavallucci marini, ovvero Hippocampus guttulatus e H. hippocampus, che sono state poi elaborate grazie ad avanzati strumenti modellistici per capire meglio la distribuzione e gli habitat idonei per entrambe le specie, il loro stato di conservazione e le minacce antropiche a cui sono sottoposti questi straordinari e iconici pesci.

«Il nostro lavoro fornisce importanti informazioni pratiche come: quali solo le aree potenzialmente idonee per le due specie di cavallucci marini nei nostri mari; quali e di che tipologia (per esempio SIC, Parco Nazionale, Parco Regionale) sono le aree protette coinvolte in questo momento nella loro protezione; e quali sono le aree in Italia, suddivise per regioni, maggiormente a rischio di perdita di habitat. In pratica, il nostro lavoro fornisce delle specifiche informazioni utilizzabili ai fini gestionali per la conservazione dei cavallucci. Sapere quale area proteggere o sapere quali sono le attività umane che impattano sulla presenza dei cavallucci in una determinata zona, significa avere la possibilità di trasformare queste informazioni in azioni concrete per proteggerli e magari fermare il declino che stanno subendo le popolazioni», sottolinea ancora Bosso.

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Foto di Fabio Russo

Uno degli aspetti sicuramente più interessanti di questo approccio partecipato e allargato nel processo scientifico, riguarda però anche il coinvolgimento ancora più attivo del solito per i sub o i semplici curiosi appassionati di immersione. Spesso, infatti, la citizen science utilizza "passivamente" dati e osservazioni già disponibili su piattaforme online come iNaturalist, dove chiunque può caricare foto e osservazione di piante o animale. In questo caso, invece, gli autori hanno organizzato diversi incontri con le associazioni d'istruttori subacquei PADI e PSS e presentato il progetto durante l’importante manifestazione EUDI Show, che raccoglie a Bologna appassionati di subacquea provenienti da tutto il mondo.

«La citizen science al giorno d’oggi è diventato uno strumento importante per chi fa ricerca scientifica. Infatti, attraverso una scienza partecipativa, che include quindi i cittadini, gli scienziati hanno la possibilità di condurre indagini e fare scoperte che non sarebbero in grado di fare da soli. Infatti, coinvolgendo i cittadini in diverse attività come ad esempio la raccolta, comunicazione e l’analisi dei dati, i ricercatori possono portare avanti i loro studi in un modo più efficiente e aumentare la loro portata, intenso anche e soprattutto come inclusione dell’opinione pubblica – aggiunge l'ecologo – Chiaramente, e questo è un punto fondamentale, i dati ottenuti dai cittadini vanno validati, cioè bisogna capire se e quanto sono attendibili. E in questo, l’occhio e l’esperienza del ricercatore, possono dare una grossa mano».

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Hippocampus hippocampus. Foto da Wikimedia Commons

I risultati dello studio, fortunatamente, indicano che entrambe le specie di cavallucci marini hanno a disposizione numerose area idonee per la loro presenza lungo le coste italiane, con un unico punto critico nelle regioni centrali del Mar Adriatico. Attualmente il loro areale di distribuzione risulta però scarsamente protetto (<30%) e le attività umane, purtroppo, già influenzano negativamente il 38% e il 42% delle aree e degli habitat idonei rispettivamente per H. hippocampus e H. guttulatus. Infine, la pesca, anche se orientata su altre specie, ancora una volta rappresenta la principale attività umana che minaccia la conservazione dei cavallucci marini, che come purtroppo molte altre specie diventano vittime accidentali e non volute degli ami e delle reti dei pescatori.

«Purtroppo, da questo punto di vista, i nostri risultati non sono per niente incoraggianti, in quanto attualmente in Italia, e per entrambe le specie, la loro distribuzione risulta scarsamente protetta – sottolinea Bosso – la zona di costa che va dall’Emilia Romagna all’Abruzzo è l’area con il più alto rischio di perdita di aree di presenza per i cavallucci, poiché abbiamo riscontrato poche aree idonee e in grossa parte localizzate in zone a forte impatto antropico. La pesca è purtroppo la principale minaccia la conservazione di questi pesci. Ci tengo però a precisare che i pescatori sono i primi a essere molto accorti a evitare di pescare cavallucci, solo che molto spesso questi finiscono nelle reti da pesca casualmente. Chiaramente il nostro monito va a chi pratica tipologie di pesca, come quella a strascico, che purtroppo è in grado di sterminare intere popolazioni di cavallucci; oltre chiaramente a distruggere completamente gli habitat in cui questi vivono, come ad esempio le praterie di Posidonia oceanica o il coralligeno».

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Foto di Fabio Russo

Questo studio fornisce quindi nuove preziosissime informazioni essenziali per la conservazione e il futuro delle due specie di cavallucci marini in Italia. I risultati suggeriscono, infatti, che è assolutamente necessario migliorare la protezione delle aree marine dove queste specie sono presenti e mette in evidenza la particolare situazione critica del Mar Adriatico centrale, dove le minacce per questi pesci sono già attuali e più evidenti. L'importanza di questi risultati risiede infatti soprattutto nella migliore conoscenza della diffusione e delle minacce che affrontano i cavallucci marini italiani ma migliora, inoltre, anche la comprensione e le differenze sulla vita e le abitudini di questi animali.

«Il nostro lavoro è il primo al mondo ad utilizzare un approccio di analisi di nicchia ecologica su specie di cavallucci marini. Il risultato interessante è che le due specie hanno nicchie simili, ma non uguali. H. hippocampus è associato principalmente aree anche con chiarie o assenza di copertura, mentre H. guttulatus è più vincolato alla presenza di habitat con copertura di piante e/o coralli. Questo indirettamente implica, molto probabilmente, delle minime differenze comportamentali che andrebbero investigate con attività di ricerca in campo», conclude l'ecologo Luciano Bosso.

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Hippocampus guttulatus (a sinistra) e Hippocampus hippocampus (a destra). Foto di Fabio Russo da Bosso et al., 2023

Le conoscenze ottenute grazie a questo studio, se verranno recepite da chi gestisce il territorio, le attività lungo le coste e le aree marine protette, possono favorire l'attuazione di strategie di conservazione più efficaci e utili per fermare il declino che sta affrontando la biodiversità marina, incluse purtroppo le popolazioni italiane di H. hippocampus e H. guttulatus. Come è infatti anche riportato dall’IUCN, la più autorevole organizzazione mondiale per la conservazione della natura e della biodiversità, le popolazioni di questi pesci hanno subito un declino di circa il 20-30% solamente negli ultimi 15 anni che, se non fermato in tempo, potrebbe culminare con l'estinzione definitiva dei cavallucci nei nostri mari.

I ricercatori impegnati nello studio sono membri del National Biodiversity Future Center (Centro Nazionale della Biodiversità) che promuove la conservazione, tutela ed ripristino della biodiversità grazie all'azione congiunta dei più prestigiosi Enti ed Università Italiane. I video in evidenza nell'articolo sono di Andrea Montalbano

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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