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6 Giugno 2023
10:56

Salvare i cavallucci del Mar Piccolo: parte progetto con l’Acquario di Genova

I cavallucci marini del Mar Piccolo di Taranto sono diminuiti dal 2016 ad oggi: probabile che la causa sia l'attività predatoria dell'uomo. Per proteggerli, parte ufficialmente un progetto di conservazione che vede coinvolti Comune di Taranto, Università degli Studi di Bari, CNR e Acquario di Genova.

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Un cavalluccio marino, foto di Marco Spoto per il CNR

È stata per anni una delle più ricche popolazioni del Mar Mediterraneo. Dal 2016, però, ha fatto registrare un calo della densità di circa il 90%. Parte ufficialmente il progetto di conservazione dei cavallucci marini del Mar Piccolo di Taranto, attraverso una collaborazione che vede coinvolti Comune di Taranto, Università degli Studi di Bari, CNR e Acquario di Genova.

Il nuovo progetto prende il via dal più ampio programma di valorizzazione del Parco del Mar Piccolo e di conservazione della biodiversità intrapreso da anni dal Comune di Taranto. Prevede diverse azioni, tra le quali la creazione di aree di tutela in modo da proteggere i cavallucci marini nel loro habitat naturale e, in parallelo, la riproduzione in ambiente controllato di alcuni esemplari della specie Hippocampus guttulatus detto anche cavalluccio camuso. Normalmente il periodo riproduttivo in natura di questi particolari pesci della famiglia Syngnathidae va da aprile ad agosto. Una volta giunto il momento di fertilità il maschio svuota il suo sacchetto di incubazione pieno d'acqua premendolo con la coda e la femmina introduce gli ovuli attraverso la papilla genitale, una sorta di ovipositore lungo 3 mm. Le uova sono fecondate e ospitate fianco a fianco in piccole cellule separate dove, oltre all'alimentazione, ottengono ossigeno dai capillari del maschio. Su Kodami abbiamo dedicato un'ampia pagina alla fase riproduttiva del cavalluccio marino.

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La collaborazione con l’Acquario di Genova servirà per ricreare questo momento in ambiente protetto: è proprio la struttura gestita da Costa Edutainment a ospitare questa fase, infatti, dopo aver accolto nelle scorse settimane alcune coppie di cavallucci adulti riproduttori nelle sue vasche curatoriali.

Una volta nati, i giovani esemplari saranno allevati nella struttura fino alla taglia di subadulti, per essere poi reintrodotti nel Mar Piccolo, luogo di provenienza dei genitori, in aree idonee perimetrate e controllate, dove saranno monitorati per due anni. Queste aree potranno fungere più in là da serbatoio per il ripopolamento anche delle zone limitrofe.

Tutto il progetto sarà ovviamente controllato passo passo dagli enti coinvolti. Cnr e Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” hanno già svolto analisi genetiche e si occuperanno del monitoraggio delle popolazioni di cavallucci pre e post reinserimento degli esemplari riprodotti. Questa verifica costante servirà anche per valutare il  buon esito dell'iniziativa.

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Che cosa ha determinato, però, una riduzione così importante della specie? «Questa variazione è stata registrata tra il 2015 e il 2016  a diverse latitudini del Mediterraneo – spiega a Kodami Cataldo Pierri, docente di Biologia dell’Università di Bari – è presumibile, quindi, che la causa di questa riduzione non sia addebitabile ai cambiamenti climatici. Queste variazioni, infatti, non agiscono in maniera immediata in tutto il Mediterraneo. Peraltro, abbiamo testato anche con il CNR di Palermo la risposta dei cavallucci allo stress climatico, ma nessuna specie prese in esame mostra segni di alterazione metabolica. Altra causa possibile poteva essere legata alle modificazioni a livello dell’habitat, come la scomparsa di cibo».

Sempre con il CNR di Palermo, oltre che con l’Università del Salento, di Bari, di Roma Tor Vergata, di Trieste e con la Stazione Zoologica di Napoli gli esperti stanno testando la struttura dell’habitat, per capire se la riduzione è stata determinata dalla carenza di cibo: «Anche qui le prime risposte ci portano ad escludere che la causa della riduzione dei cavallucci sia questa – continua Pierri – possiamo ritenere che in quei mari ci sono prede a sufficienza. Altra ipotesi poteva essere quella della presenza di nuovi predatori, per esempio il granchio blu. Per questo stiamo testando i contenuti stomacali delle specie invasive aliene o native, che per i cambiamenti climatici sono diventate molto più abbondanti. Anche qui, però, abbiamo rilevato una scarsa presenza di granchio blu nelle zone dei cavallucci. Altra ipotesi, allora, poteva essere quella di un problema legato alla piccola pesca con reti da posta che intrappolano i cavallucci. Va detto però che il numero di esemplari accidentalmente catturati è sempre stato molto basso e c’è grande collaborazione con mitilicoltori e pescatori. Loro cercano sempre di liberarli».

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Il granchio blu, è una delle specie aliene che stanno proliferando in Italia

L’unica cosa realmente cambiata è l’attività predatoria dell’uomo: c’è un mercato cinese che richiede cavallucci soprattutto da quando nel 2016 la Thailandia ne ha chiuso l’esportazione. «Si tratta di una specie molto utilizzata nella medicina tradizionale orientale – conclude il docente dell'Università di Bari – Per dare un’idea di ciò di cui parliamo, nel 2019 in Perù furono sequestrati dodici milioni di cavallucci marini destinati all’esportazione illegale. Vengono raccolti facilmente perché hanno una scarsa mobilità, senza alcuna possibilità di difendersi. Adesso ci stiamo muovendo in maniera emergenziale per evitare che la popolazione scenda sotto una certa densità sotto la quale l’estinzione sarebbe inevitabile. È importante però provvedere alla reimmissione in aree perimetrate, altrimenti andremmo soltanto a rifornire il mercato illegale. Peraltro va detto che con la vigilanza attiva, che in queste zone è già in atto, stiamo recuperando. Le azioni di tutela mostrano ad oggi i primi risultati. Per cui il dato del 2016 forse oggi potrebbe essere rivisto. Inoltre possiamo dire che Taranto, nonostante tutto ciò che si è detto in passato, sia un importante serbatoio di biodiversità».

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«Il progetto nasce da un’interlocuzione tra l’amministrazione e Università di Bari – spiega a Kodami Marco Dadamo, Direttore della Riserva Naturale Regionale Orientata Palude La Vela e responsabile del progetto – prima di questa iniziativa era già in piedi un accordo di programma per il monitoraggio e lo studio del Mar Piccolo. In questo cambio di paradigma, che è attualmente in atto,  dovevamo valutare lo stato della biodiversità e della naturalità dell’area. Era necessario coinvolgere i giusti soggetti a livello scientifico per scegliere quali strumenti di governance adottare e mettere le basi per un futuro piano di gestione. I dati ricavati dall’Università hanno sottolineato l’urgenza di prendere un’iniziativa forte sui cavallucci marini, che nel Mar Piccolo sono un’autentica specie bandiera, come per il golfo di Taranto lo sono i delfini. Le modalità che abbiamo utilizzato sono state concordate con lo IUCN. Per il Comune di Taranto e per il Parco del Mar Piccolo si tratta di fare un investimento importante per il futuro. A volte è quello che non si vede e che non si percepisce la parte più importante che garantisce la vita di noi esseri umani. Vale la pena fare tutto ciò che è possibile perché il Mar Piccolo continui a essere un giacimento di biodiversità».

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Roberto Maggi
Giornalista
Sono nato a Bari nel 1985. Sono un giornalista, fotografo e videomaker. Amo raccontare storie di animali sia con le parole che con le immagini. Sono laureato in giurisprudenza e da anni seguo la cronaca locale in Puglia. Amo tutti gli animali, ma in particolar modo i gatti. Faccio spesso amicizia con loro quando viaggio con la mia moto.
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