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13 Settembre 2023
10:30

Se una persona porta a spasso il cane di un’altra e il cane morde qualcuno, chi è responsabile?

Quando il cane passeggia con il suo umano, non vi è dubbio che sia quest’ultimo a dover rispondere in caso di danni. Se però il cane è affidato ad altre persone, chi ne è responsabile? La normativa vigente viene interpretata in modo diverso dai Giudici: alcuni ritengono che debba comunque rispondere l’effettivo proprietario, mentre per altri la responsabilità è del custode.

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Articolo a cura dell' Avvocato Salvatore Cappai
Civilista, esperto in diritto degli animali
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Quando è il proprietario a condurre il proprio cane non vi è dubbio che in caso di danni sia lui a dover rispondere. Ci si chiede, però: su chi ricadano queste stesse responsabilità se l’animale, al momento del fatto lesivo, si trova affidato ad altre persone, come un parente, un amico, il dog sitter? In altre parole, se il cane viene portato a spasso dal figlio del proprietario o dal dog sitter e in quel momento morde un passante, chi risponde?

In quest’ipotesi fornire delle risposte certe ed univoche risulta davvero complesso, anche perché, come si vedrà a seguire, la normativa vigente viene interpretata in modo diverso dai nostri Giudici. Alcuni di questi ritengono, perlomeno in sede civile, che debba comunque rispondere l’effettivo proprietario, mentre altri spostano la responsabilità sul custode (che ha scelto di assumere il controllo dell’animale). Oltretutto, va detto che le responsabilità possono essere di varia natura. Abbiamo citato quelle civili, ma ci sono anche quelle penali, ad esempio per reati quali lesioni personali colpose e l’omicidio colposo, e in questi casi i presupposti sono totalmente differenti.

La normativa vigente in Italia

Se parliamo di responsabilità civile per danni provocati da un aggressione di un cane (e più in generale di un animale), la norma di riferimento nel nostro ordinamento è senz’altro l’articolo 2052 del Codice civile (intitolato “Danno cagionato da animali”). Il testo recita così: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. Come accennato, il legislatore, consapevole del fatto che la gestione di un qualsiasi animale sia un’attività che presenta continue insidie (anche per l’imprevedibilità dello stesso), ha predisposto una responsabilità molto incisiva e, in caso di danni, difficile da giustificare. Viene infatti definita oggettiva e risulta irrilevante anche l’assenza di colpa del proprietario/custode. Quest’ultimo può liberarsi soltanto dimostrando che il fatto si è verificato a causa di un evento esterno imprevedibile ed inevitabile (il caso fortuito).

Per fare un esempio concreto, potrebbe giustificarsi nel caso in cui il cane abbia morso il terzo perché questi lo ha prima colpito con un bastone. Ciò detto, arriviamo ai soggetti che possono essere chiamati a rispondere, in modo da capire se un parente, un amico, il dog sitter che conducono un cane in passeggiata possano rientrare tra questi. La norma in esame ci parla del proprietario dell’animale o di chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso. Le difficoltà interpretative nascono proprio in quest’ultimo caso. Infatti, in giurisprudenza esistono due diverse teorie:

  • La teoria della custodia semplice, secondo cui è sufficiente assumere un legame di controllo temporaneo sull’animale (anche e soprattutto per ragioni di lavoro, come nel caso del dog sitter) per diventare responsabili dei suoi comportamenti e, di conseguenza, per rispondere dei danni dallo stesso causati. Va detto che questa teoria è ancora minoritaria. Se si sceglie questa tesi, nel caso che ci interessa, in cui il cane, condotto in passeggiata da un qualsiasi soggetto diverso dal proprietario, morda un terzo, a rispondere sarà proprio questo diverso soggetto, sia esso un amico, un parente o il dog sitter.
  • La seconda tesi è quella che invece pone come centrale il concetto di “uso” di cui parla la norma (“chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso”). Per questa teoria, chi conduce il cane in passeggiata al posto del proprietario non diventa responsabile dei danni causati dall’animale in quanto manca proprio quel rapporto di uso per il quale il conduttore deve poter trarre dall’animale dei vantaggi; gli stessi che ne trae l’effettivo proprietario. Insomma, si tratta di aspetti piuttosto tecnici che non facilitano certo la comprensione della persona che non si occupa abitualmente di diritto.

Chi scrive tende a prediligere la prima tesi, quella della custodia. Ciò in particolare nei casi in cui avviene una consapevole assunzione di responsabilità per ragioni di lavoro (vedasi dog sitter). Se un proprietario parte per un viaggio ed affida il proprio cane ad un dog sitter, pagandolo per questo, perché mai dovrebbe essere condannato a risarcire i danni nel caso in cui il cane, in sua assenza ed alla presenza del professionista, causi una lesione a terzi?

Se questo è lo stato dell’arte in campo civilistico, ancora diverso è il discorso che può farsi per le responsabilità penali per aggressione da parte di un cane. In questo caso le pronunce dei Giudici sono abbastanza uniformi e l’elemento centrale di attribuzione della responsabilità è quello di fatto della “detenzione”. Richiamando la Corte di Cassazione penale (tra le tante, Cassazione Penale, Sentenza n. 33896 del 2023): “l'obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione, anche di mera detenzione, tra l’animale e una data persona, posto che la norma incriminatrice di parte speciale collega il dovere di non lasciare libero l’animale e di custodirlo con le debite cautele al possesso dello stesso, da intendersi come comprensivo anche della mera detenzione di fatto, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico”. In altre parole, non vi è dubbio che la responsabilità penale vada attribuita al soggetto che detiene (anche temporaneamente) l’animale, a prescindere che questo sia il proprietario o un parente, amico o ancora il dog sitter, per fare i soliti esempi pratici. Evidentemente, il proprietario non si libera dalle proprie responsabilità se affida il cane ad un soggetto inidoneo alla custodia; si pensi al caso di un cane che passeggia per strada con un bambino.

Alcuni casi giurisprudenziali significativi

A conferma di quanto abbiamo detto sinora possiamo riportare, a titolo di esempio, due casi concreti decisi dai nostri Giudici. Per quanto riguarda la responsabilità civile, si può richiamare la recente sentenza n. 3628/2023 del Tribunale di Milano. Mediante la stessa pronuncia il proprietario di un cane razza bull terrier è stato condannato a risarcire un’ingente somma di denaro (oltre 10.000 euro tra capitale, spese di giudizio e spese legali) per l’aggressione da parte di questo nei confronti di un altra cagnolina. La particolarità – che qui ci interessa – è che la condanna abbia riguardato direttamente il proprietario, sebbene durante l’aggressione il bull terrier si trovasse sotto la custodia esclusiva di sua moglie. Ha quindi trovato applicazione la tesi del rapporto d’uso e non quella di mera custodia. Il Tribunale ha osservato che nel caso di specie la moglie del proprietario “non stava utilizzando l'animale per realizzare un suo interesse autonomo, ma stava semplicemente portando a passeggio il cane che gli era stato temporaneamente affidato dal marito”. Quest’ultimo, e non sua moglie, “deve quindi essere ritenuto responsabile ex art. 2052 c.c. per i danni arrecati all'attore dal suo cane”.

Sulla responsabilità penale possiamo invece richiamare la sentenza della Cassazione Penale n. 37183 del 2022, con la quale sono state confermate le condanne per lesioni personali colpose per due detentori di un cane che – lasciato libero di vagare senza guinzaglio né museruola – aveva aggredito una donna, causandole lesioni personali (fortunatamente lievi). Ciò che rileva, in questo caso, è il fatto che la condanna abbia riguardato entrambi i soggetti detentori e non soltanto il formale proprietario. Questo perché, come abbiamo detto, in sede penale, l’elemento determinante ai fini dell’attribuzione della responsabilità è proprio la materiale detenzione. La Suprema Corte afferma infatti che: “l’obbligo di custodia di un animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto, tra un certo soggetto e un animale, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico. Non ha dunque alcun rilievo stabilire chi fosse il proprietario del cane perché è pacifico, sulla base di quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, che gli imputati avessero la materiale disponibilità dell’animale”.

* Per questo articolo, vista la necessità di differenziare i concetti giuridici di proprietà, responsabilità, detenzione, custodia e uso, si è dovuto derogare alla scelta – in cui Kodami crede fortemente – di non fare mai utilizzo dei termini “proprietario” di animali, o peggio ancora “padrone”, i quali possono essere sostituiti, ad esempio, da un maggiormente etico “pet mate”

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Salvatore Cappai
Avvocato
Avvocato con la passione per la divulgazione. Mi occupo di diritto civile, con particolare riguardo ai campi della responsabilità civile, dell’assistenza alle imprese e del “diritto degli animali”. Mi sono avvicinato a quest’ultima materia circa dieci anni fa, quando ho incontrato Gaia, la mia cagnolina, che ha stravolto la mia visione sul mondo degli animali e sulla vita assieme a loro. La mia community social, nella quale da anni informo con semplicità su tematiche giuridiche, conta oltre 350.000 iscritti.
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