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6 Luglio 2021
11:26

“Salviamo gli elefanti”, la storia di Agata, Orlando e gli animali che, forse, possono cambiare il mondo

Una storia delicata che insegna come, nei rapporti umani, gli animali possano ancora fare la differenza. Proiettato al Taormina Film Festival, "Salviamo gli elefanti" racconta il rapporto tra Agata, donna di poche pretese, e Orlando, bimbo già consapevole delle sue passioni. Gli animali faranno da detonatore per il cambiamento di entrambi. La regista lo ha fatto vedere a Kodami e ci ha raccontato cosa ha significato per lei.

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Giornalista
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Il piccolo Toti Vasques che interpreta Orlando nel film "Salviamo gli animali" della regista Giovanna Sonnino

Possono gli animali salvare il mondo? Forse sì se attraverso di loro è possibile ritrovare l’empatia perduta fra gli essere umani. Ed è anche questo che ci racconta "Salviamo gli elefanti", un cortometraggio presentato in anteprima alla 67° edizione del Taormina Film Festival, opera di Giovanna Sonnino, fotografa, registra e scrittrice, prodotto da Giuseppe Consales con il contributo della Sicilia Film Commission.

"Salviamo gli elefanti", la storia di Agata, Orlando e gli animali

Una donna semplice, Agata (interpretata da Lucia Sardo), e un bimbo già pieno di consapevolezze, Orlando (interpretato dal piccolo Toti Vasques). Lui arriva a Catania come turista dalla Namibia insieme alla famiglia e si porta negli occhi le immagini degli animali della savana, la propensione all’animalismo (la sua maglietta con la scritta “salviamo gli elefanti” dà il titolo al film), un mondo dove il rapporto con gli animali è vissuto in chiave naturalistica. Agata è una donna senza istruzione e senza futuro se non quello dei quartieri popolari di Catania, è a suo agio fra le ingiustizie e trova normale assistere, nel famoso mercato catanese, all’uccisione cruenta e diretta di pesci e molluschi, tagliati da lame affilate e pronti per la padella mentre si muovono ancora nelle grandi bacinelle di plastica.

Agata, e come imparare da un bimbo ad amare gli animali

Agata  all’inizio detesta gli animali con i quali si confronta solo per constatarne il fastidio e le scomodità che infliggono alla sua vita: il cane randagio che la segue, gli uccelli che la puntano, i gatti che non le interessano. Gli orizzonti dei due sono paralleli e destinati a non incontrarsi, invece la regista vuole che si incontrino proprio lì dove la presenza animale si trasforma quasi in un mondo parallelo, sicuramente tangibile, non effimero, a volte crudele, come la vita. E proprio in quel limbo, e a causa di quel limbo, ci raccontano in maniera delicata come una piccola avventura punteggiata dalla presenza di animali può insegnare molto ad entrambi, portandoli(ci) verso il cambiamento. «Agata all’inizio li detesta, augura la morte al cane che la segue. Alla fine, dopo l’incontro con il bimbo e la scoperta del suo rapporto privilegiato con il mondo animale, impara ad amarli anche lei. Anzi, si dichiara “amica del cane”». Ma gli animali nel film sono tantissimi: cani randagi, come è normale che sia in Sicilia, cani di territorio, di cui la regista racconta essere caratterizzata ormai Catania, canarini a cui far compagnia con il trillo del cellulare perché non si sentano soli, gatti che occhieggiano, cavalli e grilli. Poi ci sono i tanti animali del mercato: vivi ma boccheggianti, superstiti ancora per pochi minuti, simbolo di una crudeltà che non lascia indifferenti soprattutto i bambini.

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Catania, l'elefantino che la rappresenta e Tony, l'elefantessa a catena al parco comunale Bellini

Salviamo gli Elefanti, realizzato anche grazie ad un crowdfunding iniziato a tre anni dalla riprese, è il terzo lavoro che la regista Giovanna Sonnino dedica alla sua Catania. Prima c’erano stati Rimedi contro l’amore (Cures for love) che ha ottenuto il Nastro d’argento, nel 2001, proprio a Taormina, e Riprendimi (Perryfarrell) che ha vinto il Premio della Giuria al Torino Film Festival 2006. La città della regista da sfondo alle riprese. Una Catania popolare e rumorosa, che convive con i suoi animali in maniera assente e distratta. L’elefante sulla maglietta del bimbo, di Orlando,  diventa agli occhi di Agata prima l’elefantino di marmo simbolo della città, poi l’elefantessa Tony che da bambina vedeva, incatenata, al parco Bellini, nel cuore della città. Un ricordo che rimanda ad una modalità espositiva ormai fortunatamente scomparsa, ma ancora troppo vicina all’uso di esporre animali come intrattenimento pubblico. La stessa Agata, nel raccontare la storia ad Orlando, sottolinea che l’animale «ha fatto una brutta fine». Ed è vero. L’elefantessa, regalata alla città perché troppo vecchia per continuare ad esibirsi al circo, rimase a catena per due anni, dopo un tentativo di fuga durante il trasporto dal circo al parco. Dopo due anni, morì

Un storia delicata per dire che gli animali possono dare e insegnare molto

Il film non è un film animalista, non discute di salvaguardia, né di politiche ambientaliste. Però ricorda l’enorme potere che gli animali possono esercitare nei rapporti sociali fra le persone. «Gli animali non cambiano la storia – dice ancora la regista che è anche sceneggiatrice del film e scrittrice del libro Chiarmastramma a cui il film si ispira – ma è il cambiamento verso gli animali che testimonia una trasformazione di Agata che nasce dal rapporto con il bambino e dalla sua dolcezza verso questi essere che lei prima non aveva mai considerato». Un insegnamento, un messaggio, un’idea che porta molto lontano.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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