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24 Marzo 2022
17:22

Peste suina africana, altri 4 casi tra Liguria e Piemonte: «Servono più risorse per contenerla»

Da domenica a giovedì trovati i corpi di 4 cinghiali tra Gavi, Bosio e Ronco Scrivia risultati positivi al virus. La Regione Piemonte chiede al governo maggiori sforzi: «I volontari sul campo stanno diminuendo».

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cinghiali Parco Volture

Quattro nuovi casi di peste suina africana sono stati accertati negli ultimi giorni tra Piemonte e Liguria, dove è stato registrato il primo caso a inizio gennaio. Tra domenica e mercoledì sono stati rinvenuti i cadaveri di tre cinghiali tra Gavi e Bosio e uno a Ronco Scrivia, in Liguria, per un totale di 71 positività accertate all’interno della cosiddetta "zona rossa". La maggior parte dei ritrovamenti è avvenuta in Piemonte, 41 cinghiali risultati positivi contro i 30 trovati in Liguria.

L'appello della Regione Piemonte

Proprio dal Piemonte è arrivato un appello rivolto ai ministri Cingolani e Patuanelli affinché vengano aumentate le risorse a disposizione sia a livello economico sia in termini di persone impegnate sul campo per il monitoraggio e gli abbattimenti disposti a livello governativo: «La situazione emergenziale della peste suina africana in cui ci troviamo richiede azioni straordinarie che consentano di ottenere dei risultati e questo sarà possibile se si troveranno personale proveniente dalle istituzioni e risorse finanziarie per contribuire alle diverse spese necessarie alle attività svolte dai volontari», ha scritto l’assessore all’Agricoltura, cibo, caccia e pesca della Regione Piemonte, Marco Protopapa, in una lettera indirizzata ai ministri, ad Angelo Ferrari, commissario straordinario per la gestione emergenza Psa, Angelo Ferrari e all’Ispra.

Protopapa ha sottolineato come a tre mesi dallo scoppio dell’epidemia il numero di volontari sia diminuito, e sia così diventato più difficile contenere l’espansione del virus: «Le operazioni sono necessarie per raggiungere l’eliminazione del virus e per rispettare gli obiettivi fissati dall’Ispra pari a 38.200 cinghiali da abbattere – ha proseguito Protopapa – Considerata l’estensione del territorio da monitorare con continuità e per un periodo al momento indefinito, riteniamo che con le esigue forze “istituzionali” ora a disposizione, ovvero guardia-parco, polizia provinciale e addetti forestali regionali, non sarà possibile garantire un’efficace ricerca attiva delle carcasse né tanto meno effettuare il controllo, contenimento e selezione dei cinghiali al fine della loro eradicazione”.

Proprio per giovedì alla Camera di Commercio di Alessandria è previsto un workshop sulla questione cui partecipano i rappresentanti delle due Regioni, i prefetti di Genova e Alessandria, di Ispra e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta: «Devono metterci in condizione di poter operare con metodi concreti ed efficaci se vogliamo realmente debellare questa problematica e liberare i territori», ha concluso l’assessore Protopapa.

L'incontro arriva a venti giorni dall'audizione parlamentare dedicata all'epidemia, in cui si è stabilita l'adozione di un tavolo di confronto tra il Ministero della Salute, i centri zooprofilattici sperimentali e Ferrari.

La Liguria annuncia deroghe all'ordinanza regionale

In Liguria intanto il vicepresidente della Regione, Alessandro Piana, ha annunciato che nei prossimi giorni sarà pronto il Piano regionale per introdurre nuove deroghe ai divieti contro le peste suina adottati con l'ordinanza regionale che ha recepito le direttive governative. Il provvedimento consentirà di riaprire gradualmente ad alcune attività dopo il “lockdown” in cui è precipitata parte dei boschi dell’entroterra alle spalle di Genova e quelli al confine con il Piemonte ormai da tre mesi. Se tutto andrà come previsto, dunque, entro qualche settimana in Liguria gli allevatori potranno riportare gli animali al pascolo in zone selezionate.

Va ricordato che la Peste suina africana rappresenta un pericolo soprattutto per gli allevamenti, perché è molto contagiosa ma si diffonde soltanto tra suidi e non può essere trasmessa all'essere umano. Per i suidi, però, rappresenta un enorme rischio, perché al momento non esistono vaccini né cure ed è un virus altamente letale, che si manifesta come una febbre emorragica che il più delle volte conduce alla morte dell'animale in circa dieci giorni.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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