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27 Gennaio 2022
12:22

Peste suina: a Trento, un’app per segnalare tempestivamente i casi

Una nuova app chiamata "sorveglianza passiva" e sviluppata dal gruppo Gpi di Trento, può aiutarci ad arginare questa preoccupante epidemia, in rapida diffusione nel Nord Italia.

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Continua ad avanzare la peste suina africana nel Nord Italia e per arginarla si chiede aiuto alla tecnologia: una nuova app rilasciata dal Gruppo Gpi di Trento, azienda che supporta le organizzazioni socio-sanitarie nella creazione di software, permette agli utenti di segnalare rapidamente le carcasse ritrovate per strada o sui sentieri al fine di monitorarne l'andamento.

Il nome dell'app è "sorveglianza passiva", ed è stata pensata per essere messa a disposizione di tutti colore che frequentano abitualmente le zone dove possono essere rinvenute le carcasse, come cacciatori, operatori forestali ed escursionisti, e che potenzialmente possono rinvenirle durante le loro attività in natura. Le segnalazioni avvengono tramite foto geolocalizzate in automatico, ed inviate agli enti pubblici di competenza (istituti zooprofilattici, regioni, comuni e ASL) che hanno acquistato il software.

Il virus ha infatti fatto registrare i primi casi nel nostro paese ad inizio Gennaio 2022, dal ritrovamento di tre carcasse di cinghiali infetti in Piemonte e Liguria, generando la risposta del Ministero della Salute e delle Politiche agricole. Una situazione preoccupante, considerando soprattutto le alte densità delle popolazioni selvatiche di cinghiali registrate negli ultimi anni, ed un problema anche economico oltre che sanitario: si stimano perdite per oltre 20 milioni di euro al mese.

I primi provvedimenti non sono stati ben recepiti da molti. Nelle scorse settimane, dopo un primo totale divieto ministeriale nel frequentare boschi ed aree naturali ad alto rischio in alcuni comuni tra Piemonte e Liguria, le proteste dei cittadini hanno spinto la regione Liguria a "parziali riaperture" consentendo il transito almeno sulle strade principali.

Un altro provvedimento, sbrigativo a detta di molti, ma potenzialmente utile secondo altri a fermare l'avanzata dell'epidemia e salvare in totale più animali, è quella degli abbattimenti selettivi. In seguito alle ordinanze delle due Regioni interessate per recepire gli ordini ministeriali, la Lav ha deciso di presentare un ricorso al Tar, considerandole «inaccettabili».

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La peste suina africana detta anche ASF (in inglese African swine fever), è una malattia infettiva altamente contagiosa in veterinaria che coinvolge suini, cinghiali e suidi selvatici europei. È  causata dal virus della peste suina africana, unico rappresentante della famiglia Asfarviridae. Si diffonde tramite punture di artropodi o per contatto diretto o indiretto con fluidi corporei infetti. Fortunatamente non è una patologia zoonosica, cioé non può essere trasmessa dagli animali all'uomo.

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Uno dei segnali della malattia

La malattia si manifesta come una febbre emorragica. Nelle infezioni più lievi, i suini colpiti perdono peso, diventano magri e sviluppano segni di polmonite, ulcere cutanee e articolazioni gonfie, mentre in quelle più acute, i maiali possono sviluppare febbre alta, ma non mostrare altri sintomi evidenti per i primi giorni. Successivamente gli animali perdono gradualmente appetito e diventano depressi.

Nei maiali un segno inconfondibile della malattia è l'arrossamento delle orecchie e la colorazione viola-bluastre delle estremità corporee. Gruppi di maiali infetti giacciono rannicchiati insieme tremando, respirando in modo anomalo e talvolta tossendo. Se costretti a stare in piedi, appaiono instabili sulle gambe; questo è chiamato tremore congenito di tipo A-I nei suinetti appena nati. Entro pochi giorni dall'infezione, entrano in uno stato comatoso e poi muoiono. Nelle scrofe si verificano aborti spontanei.

La sua storia è piuttosto lunga. Si pensa che questo virus sia derivato da un precedente virus delle zecche molli (genere Ornithodoros) che ha poi effettuato uno spillover (come spesso succede in vari ceppi virali) attaccando i suini selvatici, inclusi l'ilocero (Hylochoerus meinertzhageni), il facocero (Phacochoerus africanus) e il potamocero (Potamochoerus porcus), anche se in questi ospiti selvatici l'infezione è generalmente asintomatica.

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Esemplare di potamocero

Analisi genetiche fanno supporre la sua comparsa intorno al 1700. Dopo la sua scoperta all'inizio del 900 in alcuni paesi africani, il virus è rimasto confinato in Africa fino al 1957, quando venne segnalato in Portogallo. Da quel momento la malattia diventò endemica della penisola iberica e furono segnalati sporadici casi in Europa e diffondendosi poi nelle Americhe. Spagna e Portogallo riuscirono successivamente, a metà degli anni 90 ad eradicare l'epidemia con una stretta politica di macellazioni.

Nel nuovo millennio la peste suina è tornata a preoccupare l'Europa ed il resto del mondo. Diffusasi dapprima nell'Est all'inizio del 2007, nel corso degli anni la sua espansione ha fatto registrare nuovi casi in Europa centrale e dal 2018 in molti paesi asiatici, divenendo a tutti gli effetti una "Panzoozia", l'equivalente animale di una pandemia.

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