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15 Ottobre 2022
9:00

Perché la tartaruga ha il guscio?

Le tartarughe possiedono un guscio dermico multifunzionale ricoperto di cheratina. A cosa serve? L’hanno sempre avuto?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Le tartarughe appartengono all'ordine Testudines e sono rettili molto diffusi un po’ ovunque, anche in Italia. Il loro guscio è una struttura biologica straordinaria e rappresenta un incredibile adattamento evolutivo, che ha permesso il successo di questi animali negli ecosistemi terrestri, d'acqua dolce e marini. Non sorprende che, da secoli, affascini ricercatori e ricercatrici di tante discipline, tra cui la biologia evolutiva e dello sviluppo la biochimica, la biofisica, la scienza dei materiali e persino l’ingegneria meccanica.

Il guscio delle tartarughe è costituito dal carapace dorsale a forma di cupola e dal piastrone ventrale, collegati da “ponti” laterali. Il carapace e il piastrone sono formati da tessuto dermico ossificato ricoperto da 38 placche epidermiche cheratinizzate, chiamate scuti, disposte a mosaico. Gli scuti sono innervati e sanguinano se danneggiati.

Durante l’accrescimento, si formano nuovi strati di cheratina alla base di ogni scuto. In molte tartarughe semi-acquatiche gli scuti vengono sostituiti regolarmente con la muta, mentre questo avviene più raramente nelle tartarughe terrestri. Le caratteristiche strutturali rendono il guscio delle tartarughe una struttura multifunzionale.

Le funzioni del guscio delle tartarughe

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Il guscio delle tartarughe ha funzioni multiple. Tra queste riconosciamo il riparo, il mimetismo, l’impermeabilità, la galleggiabilità, la termoregolazione, la riserva di grasso, minerali e acqua, e, soprattutto, la protezione meccanica.

Come si è evoluta la specie

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L'origine e l'evoluzione delle tartarughe e dei loro antenati più prossimi rappresenta una delle sfide più ostinate e di lunga durata per gli esperti di biologia evolutiva. Si ritiene che le tartarughe esistano dall'era Triassica.

Recenti scoperte fossili indicano che le "proto-tartarughe" terrestri sorsero circa 220-260 milioni di anni fa, discostandosi dagli antenati degli uccelli e dei coccodrilli. Mentre una volta le tartarughe erano variamente attribuite, tra gli altri, alla sottoclasse di rettili Anapsida, ai primi diapsidi e al taxon dei lepidosauri, ora sono riconosciute come il gruppo gemello vivente degli arcosauri.

In passato si dibatteva su quale fosse l'habitat primitivo delle tartarughe, terrestre o acquatico; oggi, gli scienziati concordano nel ritenere che le prime tartarughe, come Eunotosaurus africanus e Pappochelys rosinae, fossero completamente terrestri e forse addirittura fossorie, cioè sotterranee.

Lo sviluppo del guscio: è sempre esistito?

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Negli ultimi 200 anni, l'origine del guscio della tartaruga è rimasta poco chiara e diverse ipotesi sono state formulate. I primi rettili simili a tartarughe, come Eunotosaurus (260 milioni di anni), Pappochelys (240 milioni di anni) e Odontochelys (220 milioni di anni) suggeriscono che gli elementi del guscio ventrale si siano evoluti per primi, seguiti da costole allargate che, alla fine, si sono trasformate nel duro carapace dorsale.

Ciò ha portato all'ipotesi, intrigante ma ancora da dimostrare, che il guscio possa essersi evoluto come un adattamento alla vita sottotterranea, nello specifico per scavare, più che come un’arma di difesa dai predatori.

La funzione originaria del guscio

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Sebbene, come abbiamo visto, sia attualmente in discussione, la teoria più accreditata sull’origine del guscio delle tartarughe per ora resta quella del ruolo difensivo. Secondo questa teoria, il guscio si è evoluto per proteggere il rettile dagli attacchi – fatti di morsi, artigliate o beccate – inferti, spesso ripetutamente, dai portentosi predatori, tra cui si annoverano gli alligatori, i giaguari, gli squali e gli uccelli. Le aquile utilizzano pure una strategia offensiva aggiuntiva, che prevede che la tartaruga venga lasciata cadere da grandi altezze sulle rocce, e così il guscio, colpendo il suolo, si frattura.

Bibliografia

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Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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