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17 Febbraio 2021
10:12

Najin e Fatu, le ultime femmine di rinoceronte bianco del Nord: le immagini del prelievo degli oviciti

Il progetto "Biorescue" ha l'obiettivo di salvare i Rinoceronti bianchi del Nord dalla scomparsa. «Mettere la ricerca scientifica a disposizione della conservazione delle specie è un obbligo morale», afferma Barbara de Mori, responsabile delle valutazioni etiche. Il progetto è in fase di sviluppo, come mostrano le immagini delle operazioni di estrazione degli ovociti di Najin.

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Fatu ha 21 anni, vive nello zoo di Dvůr Králové in Repubblica Ceca ed è l'ultima generazione di rinoceronte bianco del Nord. Oggi vive con Najin, sua madre, e dopo la morte di Sudan, l'ultimo esemplare maschio, madre e figlia sono rimaste le uniche rinoceronti bianche settentrionali. La scienza però, sta tentando di conservare la specie tramite il progetto "Biorescue", che mette le nuove tecnologie di riproduzione assistita a disposizione della conservazione. All'interno del progetto, la Professoressa Barbara de Mori, titolare dell'unica cattedra italiana di etica veterinaria e direttrice dell’Ethics Laboratory for Veterinary Medicine, Conservation and Animal Welfare dell’Università di Padova è responsabile delle valutazioni etiche: «Si tratta di una parte integrante di progetti ambiziosi come questi e garantisce la qualità della ricerca e delle procedure e il benessere degli animali coinvolti».

«Mettere la scienza a disposizione della conservazione è un obbligo morale»

Il progetto ha sollevato più volte domande riguardo l'eticità di un impianto di questo genere, ma i ricercatori del progetto sono certi delle decisioni prese: «Le tecniche utilizzate  sono le stesse che vengono messe in atto in ambito umano, i rischi dell'operazione sono quelli che già conosciamo. Ovviamente si tratta di animali selvatici, quindi sarà necessario monitorare attentamente le attività svolte sotto anestesia per evitare imprevisti – afferma l'esperta – Trovo che più che chiederci se sia lecito o meno ciò che stiamo facendo dovremmo fermarci a ragionare sul fatto che la prima causa di estinzione degli animali nel mondo è il violento impatto antropico sulle specie viventi di tutto il pianeta. Mettere a disposizione della conservazione le conoscenze e le possibilità della ricerca scientifica non è più una scelta ma un obbligo morale e le evoluzioni nelle conoscenze che deriveranno dai risultati di questo progetto permetteranno di salvare anche le altre specie di rinoceronte: tutte a rischio di estinzione».

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Supervisione delle operazioni di prelievo degli ovociti di Najin

Il bracconaggio, le guerre civili e la distruzione dell'habitat

«Le specie di rinoceronte sono cinque, tre delle quali vivono in Asia, mentre le altre 2 sono africane – spiega ancora la dottoressa Barbara de Mori – Il rinoceronte bianco del Nord fa parte delle specie africane, insieme a quello del Sud, sebbene la letteratura scientifica si divida al riguardo. Alcuni ritengono infatti che si tratti di due sottospecie di rinoceronti bianchi». Il rinoceronte bianco del Nord, originario delle praterie di Uganda, Ciad, Sudan, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo non è l'unico a rischiare l'estinzione: «Se non interverremo, presto le perderemo tutte – afferma de Mori, autrice del libro "Gli altri animali. Scienza ed etica di fronte al benessere animale" – e la causa siamo noi esseri umani. Le guerre civili, la devastazione degli habitat e il bracconaggio legato ai traffici internazionali di corna di rinoceronte per l'utilizzo nella medicina tradizionale asiatica e come simbolo di status sociale sono le attività antropiche che fanno scomparire i rinoceronti e ci portano a lavorare in un contesto emergenziale: la nostra è una lotta contro il tempo».

Nel 2009,  Najin, Fatu e Sudan sono stati trasferiti insieme nella riserva di Ol Pejeta in Kenya, dove vengono sorvegliati giorno e notte dalle guardie armate. La speranza era che l'ambiente più simile a quello naturale aumentasse le possibilità di riproduzione ma da quando Sudan, l'ultimo esemplare maschio è morto, la IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) li ha aggiunti alle specie considerate estinte in natura. Solo la scienza può impedire ai rinoceronti bianchi del Nord di scomparire per sempre.

«La speranza di vita del rinoceronte non supera i 40 anni: bisogna agire in fretta»

Barbara de Mori spiega inoltre che: «La speranza di vita del rinoceronte non supera i 40 anni, per questo motivo bisogna agire in fretta. Najin e Fatu presentano entrambe patologie riproduttive che impediscono di portare avanti la gravidanza». Il programma, coordinato dal Leibniz Institute for Zoo and Wildlife tedesco, vede la collaborazione delle autorità responsabili di gestione della fauna selvatica in Kenya e lo zoo di Dvůr Králové, tutt'ora proprietario dei due animali. «Mettiamo insieme approcci diversi. Da una parte le nuove tecnologie di riproduzione assistita e dall'altra la ricerca sulle cellule staminali. In questo modo aumenteremo la variabilità genetica dei potenziali figli – continua l'esperta – Gli ovociti prelevati da Najin e Fatu verranno fecondati con lo sperma crioconservato dei maschi deceduti, in modo da dare vita a embrioni "puri" di rinoceronti bianchi del Nord, i quali verranno impiantati in madri surrogate appartenenti alla specie affine del Sud». Ad oggi gli embrioni congelati sono cinque e la speranza dei ricercatori è quella di poter procedere al più presto con l'impianto. «Najin ha più di 30 anni, si avvia rapidamente verso la vecchiaia, il tempo a disposizione non è molto – conclude Barbara de Mori – Aiutare la loro specie a sopravvivere non solo è corretto, ma è il minimo che possiamo fare, considerando che siamo stati noi umani a causarne la scomparsa».

Immagini e video presenti nell'articolo sono di proprietà di Leibniz Institute for Zoo and Wildlife Research (Leibniz-IZW), Safari Park Dvůr Králové, Kenya Wildlife Service, Ol Pejeta Conservancy, Avantea and University of Padova on January 14, 2021.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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