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18 Gennaio 2023
18:00

Mauro Corona, i cinghiali e l’apologia della caccia a Cartabianca che distorce e banalizza la realtà

Intervenuto a #cartabianca condotto da Bianca Berlinguer, l'opinionista Mauro Corona è tornato a parla di fauna e abbattimenti portando in TV un elogio alla caccia ai cinghiali e numeri errati che banalizzano e semplificano all'estremo un fenomeno molto più complesso di così.

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Durante la puntata di #cartabianca andata in onda martedì 17 gennaio su Rai3, lo scultore, opinionista e alpinista Mauro Corona, ospite fisso del programma condotto da Bianca Berlinguer, è tornato a parlare di animali selvatici e gestione faunistica. Dopo la fake news sul lupo reintrodotto dall'uomo, questa volta è intervenuto in merito alla complessa situazione relativa all'aumento cinghiali e ai danni causati all'agricoltura.

Tra numeri non veritieri, semplificazioni estreme e sensazionalismi vari, quello di Corona è stato però un intervento confuso e parecchio superficiale che rischia di esacerbare e banalizzare un fenomeno, quello dei cinghiali in Italia, che è molto più complesso e sfaccettato di come è stato descritto e che meriterebbe di essere trattato in maniera molto più cauta, precisa e approfondita, soprattutto sulla TV pubblica.

In Italia, il numero dei cinghiali è in costante aumento e la loro presenza in diverse città anche grandi, come Roma e Genova, è diventata un problema da affrontare e gestire, così come l'impatto che gli ungulati causano sul comparto dell'agricoltura. A #cartabianca, Corona ha affermato che la situazione è ormai diventata insostenibile e che l'unica soluzione possibile per limitare i danni – e contenere la crescita esponenziale dei cinghiali – sono gli abbattimenti. Inoltre, sempre secondo l'opinionista, la popolazione italiana di questi ungulati avrebbe ormai raggiunto la cifra record di circa 3 milioni di individui. Ma è davvero così?

Quanti cinghiali ci sono in Italia?

Non è chiaro dove Corona abbia preso questi numeri, più alti persino dalle stime annunciate lo scorso anno da Coldiretti, secondo cui in Italia ci sarebbero almeno 2,3 milioni di cinghiali. Fortunatamente, in nostro soccorso arriva un report recentemente pubblicato dall'ISPRA, il più importante organo nazionale in materia di ambiente e fauna, al cui interno sono stati pubblicati i risultati di un'indagine nazionale sulla gestione del cinghiale condotta dal 2015 al 2021. Numeri, che sono ben più contenuti delle cifre annunciate dall'opinionista. Il documento, infatti, stima per la prima volta la dimensione della popolazione italiana di cinghiali, quantificata in almeno 1,5 milioni di animali al 2021.

Corona ha praticamente raddoppiato il numero dei cinghiali presenti sul territorio italiano, ingigantendo così un fenomeno che già di per sé genera forti tensioni e discussioni. L'opinionista ha poi proseguito sostenendo che l'unico modo per poter affrontare questa emergenza sarebbero gli abbattimenti, anche in città, con riferimento esplicito al discusso nuovo emendamento approvato nella legge di bilancio 2023 che autorizza caccia e abbattimenti anche nelle aree urbane, pesantemente criticando anche da una grossa fetta della comunità scientifica. Ma quindi, la caccia funziona per tenere sotto controllo i cinghiali? Dipende e la risposta è parecchio più complessa.

Gli abbattimenti riducono il numero dei cinghiali? Dipende

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Mettendo per un attimo da parte gli aspetti etici legati alla caccia e all'uccisione di esseri senzienti, tema comunque importante e particolarmente sentito da una grossa parte della popolazione, vediamo cosa dicono i dati a nostra disposizione. La caccia di selezione per la gestione e il contenimento della fauna considerata problematica è sicuramente – da un punto di vista prettamente faunistico – uno dei sistemi più semplici, intuitivi e utilizzati per tenere sotto controllo il numero di alcuni animali, anche dei cinghiali. Tuttavia, la sua efficacia dipende da numero elevato di altri fattori legati alla prevenzione, al contesto, ai sistemi di caccia utilizzati, al numero di predatori naturali e tanti altri.

In Italia, secondo i dati pubblicati nel report ISPRA, gli abbattimenti di cinghiali sono aumentati del 45% solamente dal 2015 al 2021, raggiungendo un numero di circa 300.000 all'anno (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 in interventi di gestione), per un totale di circa 1,8 milioni di animali uccisi solamente nei sette anni presi in esame. In pratica, nel breve periodo analizzato sono stati abbattuti più cinghiali di quanti ce ne sono oggi sul territorio italiano, ma nonostante ciò, continuano ad aumentare senza limiti. Non passiamo chiaramente sapere quanti cinghiali ci sarebbero oggi se non venissero costantemente abbattuti, tuttavia risulta evidente che la caccia non ha apportato finora grossi benefici. Perché?

I limiti della caccia al cinghiale

La caccia di selezione, in contesti e sistemi chiusi dove le popolazioni animali non vengono costantemente rinfoltite o rimpiazzate dall'arrivo di nuovi individui da un punto di vista gestionale può sicuramente rappresentare un sistema efficace per tenere sotto controllo il numero degli animali e in alcuni paesi, come la Germania, ha dato alcuni ottimi risultati. Tuttavia, nella maggior parte dei contesti, se non affiancato ad altri tipi di interventi gestionali, risulta scarsamente efficace se non addirittura deleteria. Parte del problema è per esempio il sistema di caccia maggiormente amato e utilizzato dai cacciatori: la braccata.

Questa tipologia di caccia (secondo l'ISPRA praticata nell'88% dei casi) può avere gravissime ricadute sull'intero ecosistema, destrutturando i gruppi sociali e le popolazioni di cinghiali, aumentando la capacità di dispersione degli animali e favorendo la formazione di nuovi nuclei riproduttivi. Questo sistema, semplicemente non funziona e altrove, non solo in Italia, le cose non sembrano affatto andare meglio. In Polonia, per esempio, si possono sparare i cinghiali durante tutto l'anno e solamente nel 2021 ne sono stati abbattuti 269.000. Eppure, gli ungulati continuano ad aumentare anche in città e solamente a Varsavia hanno raggiunto una popolazione di circa 1.000 esemplari. In Spagna, invece, vengono uccisi ogni anno 400.000 cinghiali, ma secondo i dati dell'istituto per la ricerca sulla caccia, la popolazione potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2025.

Un fenomeno enormemente più complesso

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La caccia, quindi, non può essere presentata come l'unica soluzione salvifica a tutti i problemi legati alla crescita dei cinghiali in Italia perché sarebbe scorretto, semplicistico e andrebbe solamente a vantaggio della lobby dei cacciatori e di quella parte della politica che strumentalizza questo fenomeno, anche questo un aspetto fin troppo spesso sottovalutato. Le dinamiche di popolazione negli animali selvatici sono un fenomeno estremamente più complesso di così e se davvero si vuole provare a contenere le crescita e i danni dei cinghiali occorre un tipo di gestione molto più profondo, ampio e strutturato.

Si dovrebbe intervenire, per esempio, riducendo anche se soprattutto la disponibilità di cibo in ambiente urbano, la vera ragione per cui i cinghiali entrano in città. Eliminando rifiuti, installando bidoni anti-cinghiale, dissuasori oppure rimuovendo la vegetazione appetibile agli ungulati in parchi e giardini. In ottica di prevenzione dai danni all'agricoltura, occorre invece proteggere orti e campi installando recinzioni e protezioni, come i recinti elettrificati, che riducono la disponibilità di risorse trofiche, abbassando così la capacità portante dell'area. Un altro spunto interessante, per esempio, arriva invece da un esperimento condotto dall'Università israeliana di Haifa.

La caccia (da sola) non risolve il problema

Gli scienziati guidati dal biologo Uri Shanas hanno costruito delle pozze d'acqua e fango appena fuori dalla città di Kiryat Tiv'on. I cinghiali adorano sguazzare nel fango ed è bastato questo forte attrattore per ridurre drasticamente le incursione in ambiente urbano, senza intervenire con alcun abbattimento. In definitiva, la caccia da sola non basterà mai, soprattutto se non viene effettuata seguendo piani e sistemi di selezione complessi accuratamente studiati da esperti a seconda del caso. Se non si interviene riducendo il numero di cinghiali che un'area può sostenere agendo soprattutto sulle sue risorse, una volta eliminati gli animali verranno rapidamente rimpiazzati da nuovi arrivi dalle popolazioni vicine, un circolo vizioso senza fine che non risolve granché e non può essere sostenibile.

Sempre dai dati provenienti dal report ISPRA, sappiamo che i danni causati all'agricoltura Italia ammontano a circa 17 milioni di euro ogni anno. A questi vanno aggiunti i pericoli legati agli incidenti stradali e agli incontri ravvicinati con umani e quelli con gli animali domestici. I cinghiali in Italia sono quindi un fenomeno estremamente complesso e difficile da gestire, ma proprio per questo non può essere affrontato davanti a milioni di italiani in maniera così semplicistica e riduttiva attraverso le parole di non esperti o addetti ai lavori o lasciato nelle sole mani dei cacciatori. Bisogna educare l'opinione pubblica e la popolazione alla complessità del fenomeno cinghiali, affrontando sfaccettature, vantaggi e rischi di ogni piccolo aspetto legato a questo fenomeno e non è di certo Mauro Corona che deve farlo.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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