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4 Settembre 2023
12:20

Mancano pochi giorni all’inizio del G20 e a New Delhi continuano le catture dei cani randagi

L'amministrazione urbana di New Delhi aveva fatto sapere che avrebbe interrotto le catture dei randagi, ma i volontari dell'associazione indiana "People for Animals" denunciano a Kodami una situazione diversa: «Da alcuni giorni i cani vengono nuovamente catturati e allontanati dal proprio territorio».

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La Municipal Corporation of Delhi (McD) aveva annunciato una campagna di riqualificazione urbana in previsione del vertice del G20 che si terrà a partire dal prossimo 9 settembre nella capitale indiana. Il piano prevedeva la momentanea cattura dei cani randagi che si trovavano nei pressi degli alberghi di lusso e dei luoghi più turistici che, in questa occasione, verranno visitati da numerosi leader provenienti da ogni continente.

La notizia aveva fatto rapidamente il giro del mondo e lo scorso 5 agosto la McD aveva quindi firmato un documento in cui dichiarava di interrompere le catture. A meno di una settimana dall'inizio dell'evento, però, gli accalappiamenti sono ricominciati e Ambika Shukla, attivista dell'associazione di tutela del benessere animale People for Animals, ha contattato Kodami per raccontare dell'ulteriore cambio di piani da parte dell'amministrazione cittadina.

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«Avevamo dato la nostra disponibilità per accogliere i randagi all'interno di strutture adeguate per tutta la durata dell'evento, ma non siamo stati ascoltati – spiega Shukla a Kodami – I prelievi sono ricominciati il 1° settembre in diverse località di New Delhi. Circa 60 cani, per lo più anziani, sono stati catturati e rinchiusi all'interno di strutture fatiscenti, che non dispongono né di ventilatori né di personale formato e nemmeno di cibo sufficiente».

Il motivo per cui l'amministrazione urbana della capitale indiana ha deciso di agire in questo modo è strettamente legato al desiderio di mostrarsi al meglio alle telecamere che presto offriranno un'enorme visibilità a New Delhi. Una strategia utilizzata anche in Qatar, poco meno di un anno fa, in concomitanza con mondiali di calcio.

«Purtroppo i cani randagi vengono considerati un simbolo di degrado e per questo motivo vengono rimossi dal territorio, in modo da dare un'immagine più prestigiosa della nostra città – spiega Shukla – Vengono quindi attuate le cosiddette "operazioni di pulizia", che prevedono catture temporanee e allontanamento dei cani dai loro home range (territori, ndr). Le strutture municipali dove vengono rinchiusi contengono centinaia di randagi all'interno dello stesso recinto e l'accalappiamento stesso viene attuato con metodi rudi e violenti. Una volta a bordo dei mezzi di trasporto, i cani vengono lasciati a lungo senza acqua, con tutti i rischi che ciò può comportare per la loro salute».

Nei video che abbiamo ricevuto in questi giorni, e che preferiamo non diffondere per non mostrare immagini di violenza sugli animali, si vedono cani intenti a divincolarsi disperatamente dai collari, mentre guaiscono e piangono, oppure visibilmente assetati dietro le grate di un piccolo camion.

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«Le persone che stanno effettuando le catture non sono adeguatamente preparate per svolgere queste attività – commenta la volontaria – Inoltre, i cani non vengono identificati in alcun modo, quindi al momento della liberazione, che avverrà al termine del G20, sarà impossibile sapere quale fosse in origine il loro home range e il gruppo di appartenenza. Verranno quindi rilasciati a caso, senza badare ai conflitti intraspecifici che ne deriveranno».

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Nel frattempo un nutrito gruppo di volontari ha iniziato a cercare il dialogo con gli operatori della Municipal Corporation of Delhi, facendo del proprio meglio per interrompere le catture. «In India abbiamo numerose normative che proteggono gli animali, ma purtroppo molte persone non le conoscono – spiega – Per questo motivo abbiamo deciso di operare proprio durante la loro attività, informando gli accalappiacani delle normative che stanno violando e avvertendoli delle possibili conseguenze previste dalla legge».

In India, infatti, dal 2001 è in vigore una norma, chiamata Animal Birth Control (ABC), promossa dell'Animal Welfare Board of India, secondo la quale i cani randagi non possono venire uccisi (a meno che non vi sia alcuna speranza di sopravvivenza) o prelevati dal territorio.

Negli ultimi anni, però, secondo Shukla il governo indiano sta operando con l'intento di modificare l'opinione che le persone hanno dei cani di strada: «Un tempo vi era una mentalità che favoriva la convivenza e la pacifica condivisione degli spazi. Non vi era preoccupazione o paura nei confronti dei randagi e la loro presenza era accettata – spiega la volontaria – Recentemente, invece, stiamo assistendo ad un'aggressiva campagna mediatica che dipinge i cani come demoni che attaccano e uccidono i bambini e, improvvisamente, vediamo emergere l'ostilità, il terrore e la rabbia nei confronti dei cani e di chi se ne occupa e se ne prende cura».

Questa complessa dinamica che riguarda l'intera società indiana viene accennata anche in uno studio pubblicato recentemente, in cui un gruppo di ricercatori del True Conservation Alliance Foundation di Bangalore ha analizzato le numerose sfaccettature del randagismo in India, affrontando anche il tema degli attacchi agli esseri umani, della diffusione della rabbia (che in India è endemica) e degli effetti delle predazioni di specie protette da parte dei cani che vivono per strada.

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In questo momento le maggiori preoccupazioni dei volontari sono rivolte ai gruppi di randagi che si muovevano nei pressi del terminal numero 2 dell'Aeroporto Internazionale Indira Ghandi di New Delhi: «Due giorni fa è stato catturato un cane cieco che vive da tempo in quel luogo e tutti lo conoscono – conclude Shukla – Non sappiamo più nulla di lui e non riusciamo ad immaginare come possa sopravvivere a questa tortura. Dobbiamo fare in modo che tutto il mondo venga a conoscenza di ciò che sta accadendo in India, affinché nessun altro cane rischi la vita in questo modo».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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