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30 Gennaio 2023
17:14

L’ossitocina non basta per innamorarsi: lo studio sulle fedelissime e monogame arvicole

L'ossitocina, conosciuta anche come "l'ormone dell'amore", è da sempre ritenuta coinvolta in processi come l'innamoramento e la formazione di una coppia. Un nuovo studio su dei roditori monogami oggi ridimensiona il suo ruolo.

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Le arvicole vengono spesso prese in considerazione in questi studi perché sono l’esempio perfetto di monogamia

L'ossitocina da decenni viene considerata tra i più importanti neurotrasmettitori legati alla sfera emotiva dei mammiferi. Conosciuta anche come "l'ormone dell'amore", storicamente si è ritenuto che tale molecola fosse coinvolta in processi come l'innamoramento, la formazione di una coppia e la cura della prole. E diversi studi su uomini e animali hanno confermato nel tempo la sua importanza, focalizzandosi sul meccanismo biologico che la rende essenziale per il comportamento sociale e sessuale di diverse specie.

Un nuovo studio però ridimensiona il ruolo dell'ossitocina all'interno della vita emotiva degli esseri viventi. Nell'articolo pubblicato sulla rivista Neuron lo scorso 27 gennaio, una equipe di neuroscienziati guidati da Kristen M. Berendzen dell'Università della California di San Francisco ha infatti scoperto che questa molecola non è in verità così importante per l'innamoramento e la formazione di una coppia. Probabilmente è responsabile assieme ad altri neurotrasmettitori della buona riuscita di un rapporto, ma non è essenziale la sua presenza come si credeva un tempo.  O almeno, questo è stato osservato nelle specie finora studiate.

Andando perciò a distruggere parzialmente le considerazioni romantiche che spesso i biologi hanno assunto nei confronti di questo comune neurotrasmettitore, l'equipe californiana in pratica è andata a studiare alcune specie notoriamente monogame, come l'arvicola della prateria  (Microtus ochrogaster), il più delle volte presa come esempio dagli studi inerenti la fedeltà familiare e il benessere provocato dal rilascio di ossitocina. E prendendo come esempio alcuni esemplari che erano incapaci di captare il neurotrasmettitore, a seguito della perdita dei recettori nervosi specifici, gli scienziati hanno scoperto che seppure fossero "insensibili all'ormone dell'amore" questi esemplari formavano comunque delle coppie e vivevano una vita emotiva che è stata definita "normale".

«Il mito dell'ossitocina muore qui – ha dichiarato lo psichiatra Devanand Manoli, che ha partecipato allo studio – Questo studio ci dice che è probabilmente solo una parte di un programma ormonale e genetico più complesso. Siamo rimasti tutti scioccati dal fatto che, indipendentemente da in quanti modi diversi abbiamo effettuato i test, le arvicole hanno dimostrato un attaccamento sociale molto forte con il loro partner sessuale, forte quanto le loro controparti normali».

La fedeltà amorosa dell'arvicole viene studiata da oltre cinquant'anni: nessun'altra specie di mammifero risulta così fedele al proprio partner come M. ochrogaster. Le coppie di arvicole della prateria preferiscono la reciproca compagnia a quella di uno sconosciuto, anche dopo tanto tempo e con una separazione indotta di mesi se non anni. Amano persino rannicchiarsi insieme, durante le fasi successive ad una gravidanza, per tenere al caldo i propri piccoli.

«Negli ultimi dieci anni le persone hanno sperato nella possibilità dell'ossitocina come potente terapia per aiutare le persone con disturbi sociali – ha aggiunto Manoli – Questa ricerca mostra però che probabilmente non esiste una bacchetta magica per qualcosa di così complesso e sfumato come il comportamento sociale. Dobbiamo dunque studiare ancora molto il fenomeno, prima di fornire qualche aiuto concreto».

Bisogna inoltre anche dire che esiste una differenza fondamentale tra il nuovo studio effettuato sulle arvicole e gli studi precedenti: il momento esatto in cui l'attività dell'ormone è stata disattivata. In questo caso gli animali sono stati a partire dalla nascita impossibilitati a sperimentare la segnalazione dell'ossitocina nel cervello. «Questo comporta due opzioni – ha concluso Berendzen – O il loro cervello si è adattato alla perdita dei recettori, sfruttando meglio e di più quelli di altri neurotrasmettitori, dimostrandosi plastico, o l'ossitocina ha un ruolo davvero marginale nella formazione di coppie e nei comportamenti di fedeltà in questa specie, con interessanti conseguenze anche per il resto dei mammiferi. Ad ogni modo, da oggi sappiamo che questo neurotrasmettitore non ha quel ruolo imprescindibile che pensavamo avesse: è solo un piccolo pezzo del puzzle».

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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