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22 Dicembre 2021
15:36

L’odissea di Snow Cone, la balena che ha partorito trascinandosi dietro una corda da pesca

Snow Cone è una balena franca nordatlantica, specie di cui restano ormai circa 350 esemplari. A ucciderle sono spesso lesioni contro le barche o strumenti da pesca in cui si impigliano: è il suo caso.

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snow cone
Credit: Georgia Department of Natural Resources

Sarà probabilmente condannata a nuotare con una corda da pesca lunga quasi 5 metri sino a quando il suo cucciolo non sarà abbastanza grande da allontanarsi da lei: è questo, a oggi, il destino di Snow Cone, la balena franca nordatlantica (Eubalaena glacialis) diventata tristemente nota per avere nuotato per mesi, incinta, con una corda legata intorno al corpo, e avere partorito un piccolo nelle stesse condizioni.

La balena, chiamata Snow Cone dagli esperti che la seguono ormai da mesi per il motivo che sembra “disegnato” vicino agli sfiatatoi, è stata avvistata al largo delle coste della Georgia, vicino a Cumberland Island, a inizio dicembre dalla Florida Fish and Wildlife Conservation Commission. Le immagini video girate dall’alto la mostravano con il cucciolo al suo fianco e la corda che le attraversa la bocca. Quella corda è la parte restante di una stringa lunga circa 100 metri, con cui Snow Cone, la stessa corda che a maggio aveva spinto il team del Center for Coastal Studies a lanciarsi in una missione per liberarla, o quantomeno aiutarla a liberarsi.

La prima operazione di soccorso di Snow Cone

Il bilancio dell’operazione era stata la rimozione di parte della corda, ma una sezione lunga circa 5 metri è rimasto impigliato nella parte sinistra della bocca della balena. E così Snow Cone ha continuato a nuotare, impegnata nella sua migrazione annuale, dando alla luce il suo piccolo. Quando è stata avvistata nei pressi di Cumberland Island i soccorritori specializzati del Dipartimento delle risorse naturali della Georgia, coordinati dagli esperti della National Oceanic and Atmosphere Administration (Noaa), si sono avvicinati a lei in barca, ma hanno stabilito che avvicinarsi ulteriormente per tentare di rimuovere l’ultimo pezzo di corda sarebbe stato troppo pericoloso.

«I piccoli di balena franca nuotano molto vicino alle loro mamme, rendendo un approccio sicuro da parte dei soccorritori altamente problematico, se non impossibile – hanno spiegato dal Nooa – Continueremo a monitorare Snow Cone e il suo piccolo per capire quando e se intervenire».

Le balene franche nordatlantiche decimate dall'uomo

A oggi reti e corde da pesca rappresentano il maggior rischio per la balena franca, una specie in via di estinzione di cui restano ormai pochissimi esemplari. Rimanere impigliate negli attrezzi da pesca può stressare gravemente e ferire una balena franca, rallentarla, danneggiarla e nei casi peggiori portare a una morte dolorosa. Per le femmine in particolare, lo stress riduce la probabilità di procreare e allunga gli intervalli tra i parti. Le balene franche oggi danno alla luce nuovi piccoli meno spesso, in media ogni 7-10 anni, o per niente, e i rapporti elaborati dal Nooa testimoniano che l'85% delle balene franche ha cicatrici causate da corde e altri attrezzi da pesca.

La popolazione di balene franche nordatlantiche è in declino ormai da più di un decennio, e dal 2017 il numero di morti e lesioni gravi è aumentato esponenzialmente. Negli ultimi 4 anni i cosiddetti Ume – Unusual Mortality Event, eventi mortali inusuali – includono 34 balene morte e 16 gravemente ferite. L'ultima stima preliminare per la popolazione di balene franche del Nord Atlantico suggerisce che sono rimasti meno di 350 individui: stanno morendo più velocemente di quanto possano riprodursi.

«Non ci sono abbastanza femmine riproduttive nella popolazione per consentire ai nuovi nati di fermare il declino e consentire il recupero dato l'attuale tasso di mortalità e lesioni gravi – ha detto Barb Zoodsma, coordinatore del recupero delle grandi balene della Noaa – L’unica soluzione per recuperare la popolazione è ridurre significativamente la mortalità causata dall'uomo e le lesioni gravi. E, nella misura in cui possiamo, ridurre i fattori di stress che hanno un impatto negativo sulla riproduzione".

Il primo piccolo morto per investimento, il secondo in grave pericolo

Snow Cone dal canto suo, nonostante la corda ha percorso più di 2.000 chilometri, e ha continuato a migrare con altre balene franche verso la loro zona di alimentazione estiva, nelle acque al largo del Canada. Ha quindi completato la migrazione annuale autunnale verso l'area in cui solitamente partoriscono, al largo delle coste della Carolina del Nord, della Carolina del Sud, della Georgia e della Florida nord-orientale.

Per lei si tratta del secondo parto, dopo il primo finito in tragedia: nel dicembre del 2019 ha dato alla luce il primo piccolo, e i loro spostamenti avevano fatto notizia perché si erano spinti insieme sino al Golfo del Messico, un’area raramente visitata dalle balene franche nordatlantiche. La loro presenza aveva scatenato i curiosi, che spesso si erano avvicinati con le barche per osservare Snow Cone e il piccolo. Che nel giugno del 2020, a 6 mesi, è stato trovato morto al largo della costa del New Jersey, a ucciderlo con tutta probabilità le ferite provocate da un doppio investimento da parte di imbarcazioni.

Snow Cone ha resistito alla morte del piccolo – questo nonostante che le balene sviluppino un forte attaccamento alla prole, e si rifiutino di lasciare i piccoli dopo la morte per lungo tempo – e qualche mese dopo era nuovamente incinta. Ed è rimasta impigliata nella corda: il piccolo è nato, ma il fatto che la corda sia ancora attorno alla madre è molto preoccupante.

«Restare impigliata sottrae energie alla balena, e quindi all’allattamento del cucciolo – spiegano dal Nooa – Anche la gravità delle ferite alla bocca e alla testa è sconcertante. Snow Cone nei prossimi mesi affronterà la sua più grande sfida. E se perdiamo lei, perdiamo anche tutti i suoi futuri cuccioli».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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