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9 Febbraio 2024
14:46

Ancora una balena franca del Nord Atlantico morta con la coda impigliata nella corda da pesca

Non cessa l'emergenza che potrebbe portare all'estinzione queste balene, di cui rimangono negli oceani circa 350 esemplari. La balena 5120, ritrovata a Martha's Vineyard sulla Costa Atlantica a nord di New York, era fortemente deperita e aveva la coda profondamente lacerata a causa di una corda arrotolata.

Giornalista
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Una balena franca del Nord Atlantico che nuota con due cuccioli (IFAW)

È stata una lunga agonia quella che ha portato alla morte della giovane balena ritrovata sulla spiaggia di Joseph Sylvia State Beach a Martha's Vineyard, qualche centinaio di chilometri a nord di New York. Una lunga e dolorosa agonia dovuta, ancora una volta, all’impigliamento della coda in una grossa corda utilizzata per la pesca nella quale, il giovane esemplare di balena franca del Nord Atlantico, si è imbattuta nella sua breve vita che, senza intralci, avrebbe potuto durare fino a 70 anni.

Una fine ancora più tragica se si considera che con soltanto circa 350 balene franche del Nord Atlantico rimaste nell’oceano e con soltanto 70 femmine riproduttive ancora in vita, ogni individuo diventa fondamentale per la sopravvivenza di questa specie in grave pericolo di estinzione.

L’allarme per una situazione considerata già al limite, è arrivato dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) Fisheries responsabile della gestione delle risorse oceaniche negli Stati Uniti che ha fornito i risultati preliminari della necroscopia, dopo aver lavorato a stretto contatto con il Fondo internazionale per il benessere degli animali (IFAW) e i partner dello Stranding Network oltre ad altri operatori locali per recuperare la carcassa e condurre l'autopsia.

«Dalla necroscopia – ha annunciato il NOAA – gli esperti hanno confermato un impigliamento cronico, con la corda profondamente incastrata nella coda e un corpo molto magro. L'autopsia non ha mostrato segni di trauma da corpo contundente. La causa della morte sarà determinata da ulteriori test istologici e diagnostici sui campioni raccolti, il cui completamento può richiedere settimane».

Gli esperti marini dell'IFAW, guidati dalla dottoressa Sarah Sharp, hanno condotto le indagini sulla causa della morte della balena. «Tra le centinaia di necroscopie a cui ho preso parte, questa è stata una delle più strazianti che abbia mai condotto – ha raccontato la dottoressa Sharp, veterinaria per il salvataggio degli animali di IFAW – Questa giovane balena aveva un intreccio cronico profondamente radicato nella coda. E, visto che era stata avvistata con la coda impigliata nella coda per la prima volta nel 2022, questo significa che per quasi la metà della sua breve vita ha sofferto di questa dolorosa condizione».

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Queste due rare balene franche del Nord Atlantico sono state fotografate dalla squadra di rilevamento aereo del Northeast Fisheries Center della NOAA nel maggio 2016. Crediti: Tim Cole/NOAA Fisheries, NEFSC

La balena n. 5120, questo il numero con la quale era stata classificata, era stata identificata l'ultima volta nel giugno 2023 dagli osservatori aerei del Northeast Fisheries Science Center, 60 miglia a nord-est di Shippagan, nel New Brunswick. Si stava nutrendo con altre balene. «Ma – aggiunge il NOAA – le sue condizioni generali erano peggiorate e le ferite provocate dagli avvolgimenti di corda sulla coda sembravano più gravi».

Secondo gli studiosi del centro inoltre «gli studi suggeriscono che oltre l’85% delle balene franche del Nord Atlantico sono rimaste impigliate almeno una volta nella loro vita. Circa il 60% è rimasto impigliato più volte. Una corda impigliata può tagliare il corpo di una balena, causare lesioni gravi e provocare infezioni e mortalità. Anche se l'attrezzatura viene persa o rimossa durante gli sforzi di districamento. Inoltre, il tempo trascorso impigliato può stressare gravemente una balena, indebolirla e impedirle di nutrirsi. Può indebolire l’energia di cui ha bisogno per nuotare, nutrirsi e riprodursi».

Il monitoraggio, quindi, è costante e l’attenzione elevata, soprattutto nei confronti di quegli esemplari in grado di procreare e quindi di garantire la sopravvivenza della specie. «Purtroppo, le balene franche del Nord Atlantico devono affrontare minacce sotto forma di collisioni con navi, impigliamento negli attrezzi da pesca, inquinamento acustico dell’oceano e cambiamenti climatici – spiega il Fondo internazionale per il benessere degli animali (IFAW). – Possono vivere fino a 70 anni, ma l’aumento delle attività di pesca e nautica da diporto – per non parlare dell’imminente minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per le temperature dell’oceano – riduce la durata di vita di questi magnifici mammiferi marini, che sono alcuni dei più grandi animali viventi sulla Terra».

Il vero problema, al momento, è che le morti superano le nascite e che in questo modo non si sa fino a che punto si potrà garantire la sopravvivenza della specie. «Da quando la NOAA ha dichiarato un evento di mortalità insolito nel 2017, ci sono state 36 morti documentate di balene franche e altre 85 lesioni gravi.  Inoltre, la ricerca suggerisce che solo 1/3 delle morti di balene franche sono documentate; quindi, il bilancio delle vittime è probabilmente molto più alto. In confronto, nello stesso periodo ci sono state solo 69 nascite e almeno 4 di questi cuccioli sono morti nella stessa stagione in cui sono nati».

E le stime relative alle potenzialità che questa specie ha di tornare perlomeno in pari tra nascite e morti, non sono positive. «La stagione del parto della balena franca del Nord Atlantico inizia ogni anno a metà novembre e termina intorno a metà aprile – conclude IFAW. – Con soltanto 70 femmine potenzialmente in grado di riprodursi rimaste in vita, consideriamo che 20 nuove nascite sarebbero considerate una stagione di nascite relativamente produttiva. Tuttavia, dato l’alto tasso di mortalità e lesioni, le balene franche del Nord Atlantico hanno bisogno di almeno 50 nuovi cuccioli all’anno per recuperare e far crescere la loro popolazione. Se la specie si riducesse a sole 50 femmine riproduttrici, si estinguerebbero funzionalmente».

L'IFAW, che con una ricerca ha rivelato che tra il 2003 e il 2018, l’88,4% delle morti di balene franche del Nord Atlantico sono state causate da urti e impigliamenti di navi, propone quindi l'adozione di attrezzi da pesca su richiesta o "senza corda". «Questo attrezzo innovativo riduce drasticamente il rischio di impigliamento della balena franca rimuovendo la linea verticale collegata alle boe dalla colonna d'acqua. L'attrezzatura su richiesta è stata sperimentata con successo e garantisce che i pescatori possano continuare a guadagnarsi da vivere in acqua nonostante le chiusure stagionali».

Il Piano di riduzione del prelievo di balene di grandi dimensioni nell’Atlantico ipotizzato per proteggere le balene franche prevede infatti la chiusura della pesca durante le stagioni critiche per rimuovere dall’acqua le attrezzature per nasse e trappole. «Il futuro di questa specie in grave pericolo di estinzione dipende dalla salute delle femmine riproduttive e la perdita di una futura madre è devastante – ha concluso Kathleen Collins, Senior Campaign Manager di IFAW. – È importante riconoscere che il percorso da seguire e questa ulteriore morte richiedono una seria collaborazione tra industria, governo e parti interessate per prevenire ulteriori morti. Le conseguenze dell'inazione sono permanenti. L'estinzione è per sempre».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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