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5 Dicembre 2021
12:40

La Polonia consente la caccia al cinghiale nei boschi della crisi dei migranti

Nei boschi di Narewka, un’area al confine con la Bielorussia, dove è in atto da mesi un'enorme crisi umanitaria, i cacciatori potranno sparare ai cinghiali in due distinte battute già annunciate.

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La Polonia apre la caccia ai cinghiali nei boschi di Narewka, un’area al confine con la Bielorussia adiacente a quella che è considerata una “zona rossa” di frontiera, dove da settimane è in corso una crisi umanitaria per le centinaia di migranti che si sono accampati nei boschi innevati, in condizioni al limite della sopravvivenza, nel tentativo di superare il confine.

La Guardia Forestale ha aperto la caccia nei giorni scorsi e l’amministrazione di Narewka ha già annunciato, per domenica 12 dicembre e poi per il 2 gennaio, delle battute al cinghiale organizzate da un club locale. Una decisione che ha suscitato le proteste e i timori dei residenti e degli attivisti per i diritti umanitari, preoccupati per l’incolumità dei migranti che stanno morendo di fame e freddo al confine e che potrebbero essere raggiunti da proiettili vaganti sparati da cacciatori.

«Atre due cacce di gruppo nel comune di Narewka, la prima già il 10 dicembre – è la denuncia di Katarzyna Leszczyńska su Facebook – Indipendentemente dal fatto che questo tipo di cacce debbano aver luogo ora, quando le persone stanno cercando di sopravvivere nelle nostre foreste e non sappiamo nemmeno quante ce ne sono, si tratta di un rischio enorme, possono finire in tragedia. Anche gli spari nella foresta possono essere considerati una provocazione: l'intera regione pullula di soldati armati e la guardia di frontiera è di pattuglia”.

L'area di caccia è vietata a media e organizzazioni umanitarie

Ad avvisare della caccia è stato il Comune di Narewka, prima con un post su Facebook – poi cancellato – e poi con la pubblicazione dell’ordinanza sul sito. Il distretto di caccia citato si trova in prossimità dell'area dove da inizio settembre, a causa della situazione di tensione sul vicino confine polacco-bielorusso, è in vigore lo stato di emergenza, che è stato prorogato sino a marzo. Nella stessa area è stata istituita una zona inaccessibile per i media, che non possono documentare quanto sta accadendo, e organizzazioni umanitarie, che non possono accedere per portare aiuto ai migranti.

Il decreto è stato firmato dal primo ministro Mariusz Kamiński “per ragioni di sicurezza”, ed è la polizia a regolare gli accessi: la zona rossa comprende più villaggi rispetto a quelli inseriti nel provvedimento precedente, ben 183, ed è profonda tre chilometri. La presenza di cacciatori armati nei boschi, oltre a preoccupare per ragioni di sicurezza, indigna alla luce del permesso accordato ai cacciatori di entrare in una zona in cui vige il divieto di accesso per la stampa e per chi vuole dare supporto alle centinaia di persone – tra cui anziani e bambini – bloccati al confine e ricacciati indietro nonostante la richiesta di asilo.

«C’è una crisi umanitaria al confine e il governo polacco ostacola il funzionamento delle organizzazioni umanitarie. Pertanto, tanto più il dovere di tutti noi è quello di aiutare ogni persona la cui salute e la cui vita sono a rischio. È noto che in molti casi queste persone, dopo aver ricevuto aiuti umanitari di emergenza (sotto forma ad esempio di cibo, bevande, vestiti) forniti nelle foreste da residenti della zona di confine o da volontari vengono nuovamente deportate in Bielorussia, nonostante le pessime condizioni di salute – è la denuncia di Grupa Granica, organizzazione umanitaria che si occupa della crisi umanitaria al confine polacco-bielorusso – Queste pratiche illegali si applicano anche alle persone che hanno chiesto esplicitamente protezione internazionale in Polonia, così come a coloro che sono stati ricoverati in ospedale a causa di cattive condizioni di salute».

«Esprimiamo la nostra piena solidarietà alle persone di buona volontà, residenti nella terra di confine e in altre regioni della Polonia, che si mobilitano per salvare i migranti non solo fornendo loro cibo, bevande o vestiti caldi, ma anche un riparo in Polonia, ad esempio nella propria casa – conclude l'organizzazione – Va sottolineato che questa forma di aiuto umanitario, che di fatto salva vite umane, non è solo moralmente giusta, ma anche conforme alle disposizioni della legge polacca. La guardia di frontiera richiama l'art. 264a cp, volendo dare l'impressione che l'aiuto umanitario alle persone bisognose fornendo loro un rifugio nella propria abitazione sarebbe qualcosa di illegale. Questo non è vero. Tale aiuto, spontaneo e spontaneo, è perfettamente legale».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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