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5 Aprile 2022
11:12

La nuova vita di Lala, la gatta rifugiata scappata dai bombardamenti a Kiev

Lala è una gatta scappata dai bombardamenti a Kiev, che ora sta iniziando una nuova vita a Brescia. «Quel giorno, quando è esploso un razzo davanti a casa, per noi e per lei è iniziato l’inferno», racconta la sua umana Flada.

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Oggi Lala dorme in un trasportino di stoffa. Ed è serena. Quando la Russia ha iniziato a bombardare la periferia di Kiev per lei è iniziato un incubo. È una gatta sorniona, dal pelo grigio, che non disdegna le coccole. Prima del conflitto se ne stava tranquilla a casa di Flada, 31 anni, estetista. «Ma quel giorno, quando è esploso una bomba davanti a casa, per noi e per lei è iniziato l’inferno», racconta la ragazza.

Kodami li incontra a Lublino, città polacca che guarda all’Ucraina. È il primo aeroporto dopo il confine. Fuori la neve cade giù incessantemente, quasi a voler tentare di addolcire il mondo mentre gli uomini scrivono una delle loro pagine più brutte. Flada e Lala sono lì perché rifugiate e perché per loro, come per un altro centinaio di persone, è stato realizzato un corridoio umanitario.

Si cambia vita, dunque. Quando le incontriamo stanno per partire per l’Italia, alla volta di Brescia. Saranno ospiti di alcuni loro contatti. Il volo è stato possibile grazie alla missione umanitaria delle Misericordie. Un aereo umanitario che è stato realizzato grazie a un’intesa tra Ita Airways (che ha messo a disposizione aeroplano ed equipaggio), Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, Federazione regionale delle Misericordie della Toscana e il Coordinamento Misericordie dell'Area Fiorentina. Un privato, il banchiere Andrea Longinotti Buitoni, e il sindaco di Peccioli (Pisa) Renzo Macelloni, hanno reso possibile per quel centinaio di persone (oltre che per Lala, altri due gatti e un Carlino), di aprire un nuovo capitolo della loro vita.

I gatti percepiscono la difficoltà di vivere in un luogo di conflitto. Flada se n’è resa conto subito perché la sua gatta era praticamente terrorizzata. «La percepiva benissimo la guerra: aveva molta paura di quelle esplosioni – racconta la ragazza – Per me è come una figlia, non potevo lasciarla a Kiev. Per questo ho deciso di portarla con me, prima a Varsavia e poi, ora, qui in volo per l’Italia». Non è la sola rifugiata ucraina che porta via i propri pet. Nei campi profughi ce ne sono tantissimi perché sono considerati, a pieno titolo, come persone di casa.

Sul volo salgono prima le persone più fragili: malati oncologici, anziani, diabetici. Poi entrano i più piccoli e le loro famiglie. Tra loro c’è Lala. Se ne sta, buona buona, in un trasportino di stoffa mentre la sua compagna umana se la coccola un po’: è stanca ma chiude gli occhi quasi a voler dare l'idea di sentirsi finalmente al riparo dal caos.

Veronica Biagioni, psicologa e responsabile dell’area formativa e della protezione sociale delle Misericordie, racconta il ruolo che gli animali domestici stanno avendo proprio in queste settimane proprio nell'area di crisi. «Credo che sia fondamentale la loro presenza, considerata la situazione e che sono persone che scappano da un conflitto», spiega. «Le persone sono scappate via prendendo le cose più importanti per loro – racconta – Così come hanno preso l’essenziale hanno preso coloro con i quali condividono la loro vita».

Un animale domestico può avere un effetto benefico anche una volta arrivati nel luogo di destinazione, come l’Italia nel caso di Lala? «Può rassicurare in una terra straniera che non si conosce – dice la psicologa – L’animale è qualcosa di caro che ricrea l’ambiente che hanno lasciato alle spalle. Gli animali sono riconosciuti con il loro ruolo terapeutico: ci sono prove scientifiche sugli animali di piccola taglia come gatti, cani, conigli che aiutano a ricreare quel clima favorevole e speranzoso per il futuro, oltre al fatto che sono rigeneratori incondizionati di serenità».

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