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La falsa foto del cane fra le macerie in Turchia. L’esperto: «Ecco i diversi motivi per cui le fake news vengono diffuse»

Una foto di un cane che trova una persona fra le macerie è diventata virale sui social, ma è un fake. Pubblicare un contenuto simile non genera un tornaconto economico e il motivo per cui qualcuno voglia farlo sembra apparentemente oscuro. Per questo Kodami ha chiesto a Alberto Puliafito, direttore di Slow News ed esperto di strategie di comunicazione, quali possano essere i possibili motivi.

10 Febbraio 2023
16:27
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Un terremoto che scuote due nazioni e milioni di coscienze in tutto il mondo, ma la gravità della situazione non serve a frenare la condivisione di fake news e di immagini fuorvianti. Stiamo parlando del fortissimo sisma di magnitudo 7.8 che nella notte fra domenica 5 e lunedì 6 febbraio 2023 ha scosso il Sud della Turchia e il Nord della Siria. Il conteggio delle vittime ad oggi si attesta a oltre 21 mila, con più di 60 mila fra feriti e dispersi: un bilancio catastrofico che ha suscitato immediatamente la mobilitazione della comunità internazionale con l'invio di soccorsi e aiuti per salvare le persone intrappolate sotto le macerie. Ma che ha anche attivato le "star della disinformazione".

Infatti mentre sul campo per il complesso e pericoloso lavoro di salvataggio ci sono anche i cani delle unità cinofile, un'ennesima immagine fuorviante che sta circolando ultimamente su diversi social riguarda proprio loro.

La foto ritrae un Golden Retriever con un pesante collare a strozzo al centro di una scena desolante. L'animale abbaia disteso sulle macerie, una zampa poggiata su un mattone quasi a indicare di aver trovato qualcosa. Al suo fianco, da sotto un sasso sbuca il braccio di un uomo con una manica rossa. Sembrerebbe uno scatto incredibile, un tragico momento immortalato al culmine della sua criticità: invece è un'immagine scaricabile da un sito di foto stock.

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Questa è la foto finta che sta circolando

Non è noto chi abbia pubblicato per primo l'immagine ma da quel momento è stata ripresa da diverse testate internazionali che non hanno citato la fonte. Un enorme gioco del telefono senza fili dove, invece di una parola sussurrata all'orecchio e distorta di bocca in bocca, abbiamo una fotografia che assume significati diversi e travisati, attribuiti superficialmente. Mitomania, pigrizia e avidità sono le prime parole che vengono in mente quando si pensa al motivo per cui una persona dovrebbe pubblicare una foto del genere estrapolata dal contesto originale, ma le cose sono più complesse di così.

Non c'è lucro né gloria per la prima persona ad aver pubblicato la foto dando il via al caos mediatico, soprattutto perché l'autore nella maggior parte dei casi non viene citato. Dunque qual è l'origine del fenomeno? Quali motivazioni spingono a pubblicare deliberatamente un contenuto che non porterà nè "gloria" nè guadagno?

«Ci sono diverse questioni da affrontare, la situazione non è semplice», commenta su Kodami Alberto Puliafito, giornalista e direttore di Slow News, esperto di strategie di comunicazione. «Tutte le volte che il fenomeno si manifesta nell'infosfera, ovvero la globalità dello spazio delle informazioni, la persona che lo fa ha l'intento di relazionarsi con gli altri e avere una qualche forma di profitto. Alle volte, però, il profitto è soltanto la soddisfazione che qualcosa creato ad arte da te giri su Internet e sia visibile a milioni di persone».

«Esistono sicuramente degli attori che hanno interessi a creare una coltre di nebbia intorno alle informazioni più importanti – spiega Puliafito – Un esempio che riporto ultimamente è il modo con cui si vuole negativamente dipingere l'operato dell'Unione Europea. Se un politico in campagna elettorale va contro l'Europa, sarà interessato a creare confusione diffondendo immagini che sottolineano l'estrema burocratizzazione e altre stranezze dell'EU. Questo però, non è sempre vero: c'è chi trae soddisfazione nell'aver fatto circolare una bufala senza questo tipo di tornaconto elettorale».

Quello a cui si riferisce il giornalista è l'appagamento che trascende qualsiasi compenso economico o sociale, un caso che si potrebbe avvicinare molto a quello della finta foto del Golden Retriever. «Estrapolare un'immagine fuori contesto in questo modo mi ricorda molto l'operato di Ermes Maiolica – continua il direttore – Lui è considerabile il "re della bufala". Ermes è autore di molte fake news diventate virali, l'ho intervistato di persona e mi ha spiegato che lo faceva senza nessun tornaconto, solo per vedere l'effetto che avrebbe scaturito».

«In ogni caso il fenomeno non è nato con i social – aggiunge Puliafito – Sono cose vecchie come il mondo. Basta ricordare il caso delle teste di Modigliani: tre giovani toscani che per amore della burla creano tre falsi dell'autore, facendoli ritrovare poi nel letto di un fiume. Per giorni la stampa e i critici d'arte parlarono di un ritrovamento meraviglioso, ma era uno scherzo organizzato proprio per prendere in giro queste figure. Il profitto in questo caso non c'è stato, ma i ragazzi hanno creato qualcosa ed erano soddisfatti del loro impatto sul pubblico e non è possibile definirla mitomania».

Dunque, il motivo per cui assistiamo alla diffusione di immagini estrapolate dal contesto non ha sempre a che fare con fini economici, soprattutto se parliamo di disinformazione fatta su catastrofi del genere. Inoltre, un elemento che va tenuto in considerazione è la viralità che acquisterà l'immagine. Per ottenere un effetto importante il contenuto deve viaggiare molto sui media, fra gruppi e chat private: un risultato che non può essere previsto con certezza.

«La viralità si può ottenere se si intercetta la tendenza del momento ma non è frutto di un calcolo matematico certo – continua Alberto Puliafito – Ci sono degli studi su questi meccanismi ma non vorrei addentrarmi in argomenti troppo tecnici. Fatto sta che gli algoritmi delle piattaforme hanno bisogno di avere dei contenuti che girano tanto per monetizzare di più con le pubblicità e dire perché diventa virale un soggetto è complicato. Sicuramente risponde all'esigenza di qualcuno che guarda il contenuto secondo i propri pregiudizi».

Sono proprio i preconcetti e le posizioni personali a permettere una diffusione così ampia di immagini come quella del Golden fra le macerie. Una visione superficiale del contenuto, un paio di clic e la condivisione ai propri contatti accompagnata da un commento: "Visto? Proprio come dicevo io" oppure "ecco la prova che stavamo cercando". Insomma, non importa se l'immagine condivisa sia frutto di una messa in scena, l'importante è che confermi la propria visione del mondo e assecondi le opinioni della propria "bolla".

«Una immagine può diventare virale, ma bisogna capire in quale bolla – spiega Puliafito – Per esempio sul mio profilo Facebook alcuni giorni fa ho scritto: "Qual'è la polemica del giorno?" C'è chi ha risposto citando Sanremo e il caso Zelensky, altri hanno citato l'attacco hacker ad alcuni server di istituzioni italiane, altri ancora Elodie o i figli della Pellegrini. Ognuno ha una percezione diversa di cosa sia importante a seconda della propria sensibilità. Se si unisce questa complessa sfera dell'animo umano con le macchine algoritmiche dei social si ottiene l'impressione che tutti stiano parlando della cosa che pensano sia rilevante in quel momento. In realtà non è sempre così. Spesso ci sono cose che attecchiscono di più ai pregiudizi di un determinato gruppo e sono quelle a diventare virali, ma solo in quel gruppo».

La diffusione di fake news e immagini fuorvianti, dunque, ha origini complesse, ma ciò non toglie che sia fondamentale arginarle il più possibile. Ecco perché a Kodami fin dalla nascita del magazine abbiamo dedicato ampio spazio a una rubrica chiamata Debunking bestiale, dove pubblichiamo le analisi e le spiegazioni relative a contenuti che non sono stati debitamente verificati.

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