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7 Luglio 2023
18:27

La compagnia di navigazione Moby responsabile della morte dei cavalli nel garage della nave

Per Horse Angels è necessario riconoscere anche la negligenza: «Capitano e trasportatore del van sapevano e non hanno fatto niente per evitare il peggio».

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La compagnia di navigazione Moby dovrà rispondere, come responsabile civile, della morte dei quattro cavalli purosangue avvenuta durante la traversata a bordo della Moby Aki da Civitavecchia a Olbia il 13 luglio del 2020.

La decisione è stata presa ieri all’udienza del processo tenutasi al Tribunale di Tempio Pausania, al termine della quale il giudice Marco Contu ha accolto la richiesta delle parti civili, la scuderia Clodia, rappresentata dall’avvocata Nazarena Tilocca e la onlus Horse Angels, assistita dall’avvocata Giulia Cossu.

I cavalli avrebbero dovuto gareggiare all'ippodromo di Chilivani, ma quando il traghetto aveva attraccato a Olbia gli animali erano già morti, uccisi dall'eccessivo calore che si era sviluppato nel garage della nave. Secondo la Procura di Tempio, sulla nave non furono attivate le procedure necessarie per il trasporto in sicurezza dei cavalli.

«La Moby non ci ha contattato per un’offerta risarcitoria, noi quindi rimaniamo nel processo, il dibattimento vero e proprio comincia a novembre e vedremo come va, a noi interessa arrivare alla condanna delle persone implicate per negligenza», commenta Roberta Ravello, presidente dell’associazione Horse Angels, che per prima ha denunciato il fatto alla magistratura dopo l’evento.

Gli imputati nel processo sono Antonio Scotto Di Cicariello, comandante del traghetto, Francesco Lo Nostro, primo ufficiale di coperta, Ernesto Prudente, allievo ufficiale di coperta, e Maurizio Conti, autista incaricato del trasporto dei quadrupedi.

«Nell’udienza di ieri il magistrato ha semplicemente stabilito che la parte civile che risponde del danno è la compagnia di navigazione, rispetto a coloro che sono imputati, il vanista, il capitano della nave e gli altri – spiega Ravello – Il responsabile del carico delle merci, in questo caso i cavalli sono considerati merce, è la compagnia di navigazione, e quindi sono loro che devono rispondere del danno. Ma poiché questo è un processo penale, non civile, si dovrebbe arrivare anche alla condanna delle persone imputate per negligenza, se viene dimostrato che per garantire il benessere degli animali sarebbe bastata un po’ di attenzione in più, come non metterli nel garage, ma in coperta per esempio, farli viaggiare areati. La compagnia doveva avvisare del rischio che correvano. Non si possono introdurre dei cavalli in garage in agosto, con quelle temperature alte e senza un metodo di raffreddamento indispensabile, considerato che ci sono anche altri automezzi, che magari refrigerano alimenti, che immettono, con i motori accesi, aria molto calda all’esterno».

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La presidente di Horse Angel ricorda quanto testimoniato da una giovane donna, proprietaria degli altri cavalli che erano in un van parcheggiato vicino a quello nel quale sono morti i purosangue: «È lei che ha subito denunciato a noi l’evento, e oggi è una testimone fondamentale del processo – spiega Roberta Ravello -. È stata lei ad avvisare subito che gli animali si stavano dibattendo all’interno del van. Quelli di sua proprietà si sono salvati perché lei è riuscita ad accedere al garage, dopo un’accesa discussione con il personale della compagnia, a idratarli e ad aprire i portelloni del van, anche a rischio che i cavalli uscissero fuori. La stessa testimone ha avvisato il personale della compagnia che anche gli altri cavalli erano a rischio e di svegliare il vanista di quel mezzo perché li andasse a controllare, ma da quanto ci ha riportato, non sarebbe stato fatto. Attraverso il processo penale bisogna stabilire che la negligenza c’è stata e arrivare a una condanna, se poi alla fine non ci sarà una conclusione in questo senso, le parti potranno fare un procedimento civile per arrivare a un risarcimento».

Per Horse Angels non c’è al momento interesse, tuttavia, a portare avanti il solo processo civile risarcitorio: «Mi pare improbabile e prematuro che noi ci metteremo a fare un processo civile alla Moby, quello che interessa a noi – tiene a ribadire la presidente – è che venga emessa una condanna penale, sia della compagnia, sia del trasportatore del van, che non solo non si è rifiutato di caricare il mezzo sulla nave in quelle condizioni ma, pur venuto poi a conoscenza della situazione di rischio, niente ha fatto per salvare i cavalli. Solo con il riconoscimento della negligenza si potrà intervenire sulla modifica del regolamento per il trasporto degli animali e quindi sulla normativa, perché quanto è accaduto in questo caso e anche nel passato, non debba succedere mai più». Affinché giustizia sia fatta, l’associazione punta ora sul dibattimento che si terrà nel corso della prossima udienza del processo, a novembre.

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Daniela Scamuzzi
Giornalista
Sono giornalista professionista, vivo e lavoro tra Roma e la Sardegna, terra delle mie origini. Mi occupo da anni di salute, ecologia e welfare per agenzie di stampa, televisione, periodici. Amo la natura, sono vegetariana, credo e mi impegno per un mondo che finalmente impari a rispettare realmente la vita degli animali e la loro libertà.
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