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10 Marzo 2022
15:27

Juan Carrito libero: l’appello per riportare l’orso marsicano in natura

"Juan Carrito libero": è questo l'appello che ricorre tra i cittadini di Roccaraso dopo il trasferimento dell'orso marsicano nell'Area Faunistica della Maiella. Ma un ritorno in natura adesso sarebbe davvero la soluzione migliore per lui?

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orso marsicano

"Juan Carrito libero": è questo l'appello che ricorre nelle piazze di Roccaraso, virtuali e non, dopo il suo trasferimento nell'Area Faunistica della Maiella avvenuto il 6 febbraio 2022. Un'azione compiuta in extrema ratio a causa dei comportamenti eccessivamente confidenti mostrati dall'orso nei confronti delle comunità urbane, soprattutto nella zona del piccolo centro abruzzese.

Lì, infatti, è stato immortalato spesso insieme a diversi cani e a pochissima distanza dagli esseri umani che cellulare alla mano riprendevano la scena da una distanza di appena dieci o venti metri dall'orso.

A chiederne l'immediato ritorno in natura è una petizione partecipatissima. Il timore è che Juan Carrito possa fare la fine degli orsi bruni del Trentino, internati nella struttura di Casteller, definita un "lager" dagli attivisti che vi hanno fatto irruzione nel febbraio del 2022.

Per questo il promotore della petizione, dal significativo nome di Luigi Liberatore, ha definito «molto riduttiva l’unica soluzione di allontanarlo dall’habitat in cui lui ha scelto di vivere simpaticamente».

«Ci troviamo di fronte ad un fenomeno unico a livello mondiale – continua Liberatore – e chiediamo venga usata una lente d’ingrandimento per il bene di questo esemplare e per il bene della comunità di Roccaraso che oramai lo reputa uno di loro».

Per le quasi duemila persone che in meno di tre giorni hanno sottoscritto la petizione, l'interesse dell'orso verso la città va oltre l'opportunismo alimentare: «Qui si tratta di capire cosa sta realmente accadendo in natura, e Carrito è l’esempio di come il mondo animale sta subendo stravolgimenti nel loro stile di vita».

Una storia di umana confidenza

M20, da tutti noto come Juan Carrito, è un orso marsicano, una sottospecie endemica dell'Appennino italiano arrivata sull'orlo dell'estinzione e faticosamente portata a una popolazione di circa 50 individui. Una vittoria per il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise che con i suoi esperti sta lavorando al ripopolamento. Forse tra i successi maggiori registrati dal Pnalm c'è proprio la cucciolata di Amarena, orsa confidente che nella primavera del 2020 ha dato alla luce ben quattro cuccioli. Tra questi, anche Juan Carrito.

Amarena era già molto confidente e abituata a frequentare le comunità agricole presenti al di fuori del Pnalm, tratti che Carrito ha ereditato e fortemente amplificato. Anche a causa della fama della madre, il giovane orso è stato oggetto di grande attenzione da parte di turisti e cittadini, accorciando ulteriormente la distanza che Amarena aveva posto tra sé e gli esseri umani.

La fama di Carrito è esplosa quando una sera è entrato in una pasticceria di Roccaraso, saccheggiandone il laboratorio. Dopo quell'episodio ha iniziato ad essere al centro delle attenzioni della stampa, e dei cittadini che hanno cercato ogni occasione per scattargli una foto, superando quel limite che sempre dovrebbe esistere tra esseri umani e fauna selvatica.

Quando il limite viene superato non possono che esserci conseguenze spiacevoli per gli esseri umani, ma soprattutto per gli animali, che rischiano di diventare dipendenti dalle comunità antropiche. I motivi sono molti: assenza di competizione e disponibilità di risorse alimentari rende più facile vivere a ridosso delle città.

I piccoli centri esistenti nell'habitat dell'orso marsicano, infatti, non sono nuovi alla presenza di orsi, soprattutto individui giovani e femmine, le categorie più esposte ai rischi di un incontro con maschi adulti. Come mostra un video diffuso sui social, girato nel settembre 2020 a Villalago, che mostra una madre con in suoi cuccioli.

Questo è il motivo per il quale Amarena ha scelto di stabilirsi vicino alle comunità umane durante la gravidanza e quando i cuccioli vivevano ancora con lei. E sempre questo è il motivo per il quale il giovane Juan Carrito ha scelto di restare. Ciò che è diverso è il modo con cui si approccia alle comunità dell'uomo.

Mentre gli altri orsi vengono in città di notte, lontani dalle zone più trafficate, e si allontanano quando percepiscono la presenza di un uomo, Juan Carrito, progressivamente ha rotto ogni barriera, camminando a ridosso delle città di giorno e ignorando la presenza dell'uomo. Preferendo, inoltre, un centro di medie dimensioni come Roccaraso.

Roccaraso, al contrario degli altri Comuni limitrofi al Pnalm, non si è mai dotato di cassonetti anti-orso, creati appositamente per evitare che gli animali si leghino alle risorse facilmente reperibili messe a disposizione dai rifiuti. E' vero che prima di Juan Carrito nessun orso si era avvicinato con tanta confidenza all'uomo, ciò era dovuto ai bassi numeri della popolazione, ma anche all'indole personale e alla sovraesposizione sperimentata già da piccolo. Una caratteristica che ha trovato terreno fertile grazie alla facilità con cui trova risorse a Roccaraso, rispetto a centri più piccoli che tengono i loro rifiuti al sicuro.

Senza la paura degli esseri umani, dai quali è avvicinato sin da piccolo, e con alle spalle un habitat naturale competitivo, il giovane Carrito ha scelto opportunisticamente di frequentare lì dove trova tranquillità e cibo in abbondanza.

Una condizione «molto pericolosa», mette in guardia Elisabetta Tosoni, biologa esperta dell’orso bruno appenninico e co-autrice del progetto di divulgazione "L'orso e la formica": «Un orso non è un animale domestico, e l'atteggiamento confidente mostrato da Juan Carrito non è segno che è stato addomesticato – spiega a Kodami – Se è docile è perché non ha paura, ma questo non esclude che situazioni di conflitto possano dare vita a una reazione eccessiva».

Nella petizione è stato segnalato anche che «la confidenza di cui tanto si parla non può derivare solo dalla facilità con cui Carrito ha trovato cibo a Roccaraso , se così fosse sarebbero scesi altri orsi in paese, come sta accadendo in città con i cinghiali».

«Le motivazioni che hanno condotto prprio Juan Carrito a questo punto sono molteplici, alcune anche dovute alla sua individualità – risponde la studiosa – proprio per questo c'è bisogno di rieducarlo. Tuttavia se iniziamo togliendogli il cibo non avrà motivo di riavvicinarsi alle comunità umane».

«In definitiva, non possiamo prevedere come si comporteranno i selvatici e pensare che un animale possa camminare nei paesi è una narrazione consolatoria che non fa bene a nessuno, soprattutto agli animali», conclude Tosoni.

Distanza per una "Comunità a misura d'orso"

Su una cosa i cittadini di Roccaraso e gli esperti concordano: «Questa rimozione è una sconfitta per tutti», dice a Kodami il presidente dell'associazione Salviamo l'orso, Stefano Orlandini. L'Associazione lavora per rendere possibile e sana la convivenza tra orsi ed esseri umani attraverso il progetto della "Comunità a Misura d'Orso", partito dal Nord America e arrivato a Genzana, in Abruzzo.

Un percorso lungo e difficile, iniziato nel 2014 dopo l'uccisione a colpi di fucile di un orso abituale frequentatore dei pollai di Pettorano sul Gizo. «Da quel momento abbiamo lavorato per la riduzione del conflitto, e per rendere possibile la convivenza tra le attività rurali e gli orsi. Oggi la densità di orsi è superiore a prima, ma non c'è nessun conflitto», commenta Orlandini.

Il progetto di "Salviamo l'orso" è finanziato dall'International Association for Bear Research and Managemen, e promuove "buone pratiche" per evitare le situazioni di incontro, e quindi di possibile conflitto. Strumenti come i cassonetti anti-orso e soprattutto una capillare campagna informativa presso i cittadini: su queste pratiche si fonda il successo dell'iniziativa. Strumenti che purtroppo non sono riusciti ad arrivare a Juan Carrito.

«Eravamo informati dell'Autorità di gestione del piano d'azione di tutela dell'orso marsicano che si sarebbe stata la rimozione – racconta Orlandini – Ma resta una questione molto dolorosa, soprattutto dopo il fallimento del precedente tentativo». Quando venne condotto sui monti della Marsica per poi ridiscendere qualche settimana dopo di nuovo a valle.

Per il Presidente il motivo non è un "simpatico attaccamento" dell'orso agli esseri umani: «A Roccaraso alcune persone lasciavano il cibo per le strade apposta per lui. Addirittura, alcuni alberghi vendevano camere "vista orso". C'è un motivo se da Roccaraso non se n'è più andato e al di là della mala fede bisogna prendere atto che la cultura faunistica è carente».

«La rieducazione, in previsione di un successivo rilascio dell’animale, è stata autorizzata dal Ministero della Transizione Ecologica perché così com'era la situazione non era più sostenibile: se Carrito avesse causato un incidente, magari anche senza volerlo ma solo per sottrarsi alla curiosità morbosa di qualcuno, si sarebbe scatenata la “caccia agli orsi pericolosi" con conseguenze disastrose per il futuro della specie in Abruzzo», sottolinea Orlandini, segnalando che Carrito oggi è solo un cucciolo, ma che non resterà tale per sempre. «Quest'orso è un ambasciatore della specie – conclude – proprio per questo va tutelato con l'aiuto di professionisti ed enti competenti, a volte invece sedicenti animalisti parlano senza conoscere l'argomento».

WWF: «Se ami davvero l'orso osservalo da lontano»

Anche il WWF Italia poche ore dopo la nota dell'Ispra che informava del traferimento nell'Area faunistica di Palena ha detto che la cattura di Juan Carrito rappresenta un «segnale di allarme» per chi ha a cuore la specie. «Pur nella consapevolezza che questa complessa situazione non ha soluzioni semplici, resta da chiedersi se è stato fatto tutto il possibile per evitare questo triste spostamento», ha commentato il vicepresidente Dante Caserta.

Sentita da Kodami, la presidente del WWF Abruzzo, Filomena Ricci, si è detta concorde con questo bilancio: «Questa rimozione è motivo di grande rammarico». Il WWF ha promosso diversi programmi in favore dell'orso, tra questi anche la campagna "Orso 2×50" che ha l'intento di raddoppiarne la popolazione entro il 2050, e il progetto Life Arcprom in collaborazione con il Parco della Maiella.

Il WWF Abruzzo ha inoltre coinvolto l'attore e comico Nduccio per lanciare un monito ai cittadini: «Se ami davvero l'orso osservalo da lontano».

Il fine è invitare a tenere a distanza i selvatici, soprattutto quelli che mostrano atteggiamenti confidenti. «La gestione orsi confidenti è complicata – segnala Ricci – Nei mesi precedenti c'è stato un forte dispendio di risorse ed energie da parte del Pnalm: tutte tese a monitorare Carrito. L'orso marsicano è una sottospecie unica al mondo e ogni singolo individuo è preziosissimo per variabilità genetica e popolazione».

L'associazione però non dispera e sta preparando il terreno per il ritorno di Juan Carrito in natura: «C'è da fare un importante lavoro di educazione sui cittadini, prima ancora che sull'animale – sottolinea – Sarebbe molto grave se fossero confermati i sospetti che vorrebbero alcune persone lasciare il cibo per attrarre l'orso, anche a beneficio del turismo».

Ma non è solo sulla cultura che l'essere umano deve agire, segnala Ricci: «Per minimizzare anche le azioni scorrette dei cittadini dovrebbero essere impiegati cassonetti anti-orso fatti apposta per evitare che vengano aperti e che non emettono odori».

Una questione di rifiuti

I cassonetti anti-orso sono onnipresenti nelle dichiarazioni di coloro che criticano la rimozione di Juan Carrito, il sindaco Francesco Di Donato a Kodami ha chiarito: «Noi abbiamo compiuto tutti gli atti necessari, anche attraverso una delibera per cassonetti e isole ecologiche del valore di circa un milione di euro, una cifra insostenibile per il nostro Comune e per questo abbiamo risposto al bando dei fondi del Pnrr».

Di Donato non ravvisa criticità nella gestione dell'orso da parte del Comune: «Roccaraso si adeguerà nei modi e nei termini adeguati. Abbiamo fatto quello che potevamo, e anche di più. Abbiamo accolto l'orso con l'affetto che merita e abbiamo interloquito costantemente con il Ministero e la Prefettura», evidenzia il Sindaco.

«Roccaraso è un paese turistico e per controllarle c'è bisogno di tanto personale, di cui il Comune non dispone. Abbiamo fatto ciò che potevamo nel rispetto dell'orso e della salute pubblica», conclude il sindaco Di Donato.

Ma per l'associazione Salviamo l'orso è proprio nell'amministrazione di Roccaraso che vanno ricercate le responsabilità: «Vogliamo mantenere alta pressione su coloro che non hanno fatto il minimo, come il Comune di Roccaraso. Non è stata tentata nemmeno un'iniziale messa in sicurezza dell'enorme quantità di rifiuti che la città produce durante i fine settimana della stagione invernale».

Secondo Orlandini, quindi, il Comune «non ha pensato a soluzione che aiutassero i turisti a non lasciare rifiuti in giro. Roccaraso ospita 30mila persone nei momenti di massima affluenza, e spetta al Comune organizzare al meglio e cambiare sistema».

«Non sappiamo quanto a questo punto Carrito possa essere recuperabile – ammette Orlandini – ma speriamo che il suo sacrificio porti finalmente a gestione virtuosa dell'immondizia, e anche a una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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