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5 Settembre 2022
13:45

In Zimbabwe più di 3 mila animali saranno trasferiti a causa del cambiamento climatico

In Zimbabwe oltre 3.000 animali saranno trasferiti a nord, un atto di conservazione estrema dettato dal salvare urgentemente questi animali dalla siccità che grava nel sud del Paese.

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In Zimbabwe oltre 3.000 animali selvatici saranno trasferiti dalla Save Valley Conservancy a tre riserve del nord: la Riserva di Sapi, Matusadonha e Chizarira, e la colpa è del cambiamento climatico. La siccità, infatti, sta mettendo a dura prova il sud del Paese e secondo la Great Plains Conservation, fondazione che si occupa di preservare la biodiversità della regione, questa è l'unica azione di conservazione efficace.

Un'operazione colossale: 400 elefanti, 2.000 impala, 70 giraffe, 50 bufali, 50 gnu, 50 zebre, 50 antilopi, 10 leoni, 10 licaoni e 310 individui di altre specie. Un'enorme lista di animali che in questi giorni stanno sopportando lo stress di essere narcotizzati, imbracati e trasportati per 700 chilometri da una parte all'atra del Paese perché le condizioni ambientali del sud dello Zimbabwe sono critiche.

Il cambiamento climatico in Zimbabwe

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Gli effetti del cambiamento climatico sulla fauna selvatica si stanno facendo sentire da tempo nella regione e non solo nello Zimbabwe. In tutta l'Africa i parchi nazionali sono sempre più minacciati dalle alterazioni del clima che provocano, ad esempio, precipitazioni molto al di sotto della media. Inoltre l'uomo continua la sua espansione in territori naturali incontaminati e questo è un altro elemento che partecipa alla diminuzione degli habitat naturali. La siccità dell'ultimo periodo, però, influenza seriamente la quantità di cibo disponibile, minacciando così molte specie che sono costrette a lunghi digiuni.

Un esempio lo offre un recente studio condotto nel Kruger National Park del Sudafrica che ha collegato eventi meteorologici estremi alla perdita di piante e animali. Questi organismi sono incapaci di far fronte alle condizioni drastiche e alla mancanza di acqua derivata dai periodi di siccità più lunghi e alle temperature più alte e il loro destino è drammatico: gli individui inadatti a sopravvivere scompariranno rapidamente.

Il progetto Rewild Zambezi

Dunque l'unico modo per poter salvare questi animali dal crudele destino causato dall'uomo è spostarli in un'area in cui la siccità non ha ancora avuto drammatiche conseguenze. Il progetto prende il nome di “Rewild Zambezi” ed è da 60 anni che lo Zimbabwe non si imbarca in un movimento di massa della fauna selvatica così grande.

Infatti, un'impresa simile fu tentata già a tra il 1958 e il 1964, quando il Paese era ancora chiamato Rhodesia, una ex-colonia governata dagli inglesi dal 1965 al 1979. In questo progetto, chiamato "Operazione Noah", 5.000 animali sono stati spostati per colpa dell'apertura di una enorme diga che ha successivamente aumentato il livello della acque del fiume Zambesi formando quello che oggi è uno dei più grandi laghi artificiali del mondo, il lago Kariba.

Ad affrontare la recente impresa è la Great Plains Foundation, un'organizzazione senza scopo di lucro che in questi giorni ha già trasportato circa 2.000 animali nelle riserve a nord dello Stato, ma orchestrare uno spostamento così grande richiede lo sforzo di numerosi gruppi di esperti. Per questo l'organizzazione sta lavorando con la Zimbabwe National Parks, la University of Washington-Seattle’s Center for Environmental Forensic Science, la Oxford University’s Department of Zoology e le autorità locali.

Fra le riserve designate c'è la Riserva di Sapi, una concessione privata di oltre 11.000 ettari a est del Mana Pools National Park, un parco nazionale patrimonio dell'UNESCO noto per la sua splendida posizione lungo il fiume Zambesi, confine naturale tra lo Zimbabwe e lo Zambia. Questa riserva, come quella di Matusadonha e Chizarira, non hanno ancora subito gli effetti della siccità grazie alla presenza del fiume Zambezi.

Perché trasportare gli animali a nord

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Per comprendere l'importanza ecologica di questo fiume basta immaginare un corso d'acqua ininterrotto che con 2574 chilometri si conferma il quarto fiume più lungo dell'Africa e il più grande a sfociare nell'Oceano Indiano. Il fiume attraversa una quantità incredibile di habitat diversi: sorge in una zona paludosa nello Zambia nord-occidentale, tra ondulate colline ricoperte da foreste distribuite a pennellate nel paesaggio. Dall'alto sembra un placido serpente che striscia lentamente, ma proprio quando ci si abitua alla sua calma, ecco arrivare le rapide.

Fra i panorami più incredibili osservabili lungo lo Zambezi, infatti, ci sono le Cascate Vittoria, con un fronte d'acqua lungo un chilometro e mezzo e un salto nel vuoto di 128 metri. Elefanti, bufali e giraffe sono solo alcuni degli animali che godono del microclima creato dal fiume, un habitat essenziale per la vita anche di molte altre specie come ippopotami, coccodrilli e varani, ma anche moltissimi insetti e anfibi. Questi, a differenza di altri mammiferi, non possono compiere grandi migrazioni e la loro sorte è indissolubilmente legata alla presenza di quell'acqua scrosciante.

In fine, nello Zambesi sono anche presenti diverse centinaia di specie di pesci tra cui ricordiamo i ciclidi, animali sfortunatamente pescati in grande quantità come fonte di sostentamento per l'uomo. Troviamo anche il pesce gatto, il pesce tigre e lo squalo leuca che, sebbene sia tipico delle zone costiere, viene avvistato anche in zone molto interne in cui il fiume è piuttosto largo.

Non sorprende, dunque, che sia stata scelta proprio questa nuova casa per ospitare gli animali e salvarli dalla siccità, anche se la scelta conservativa fa rimanere con l'amaro in bocca. Trasportare migliaia di animali è una scelta importante dettata dalla gravità e dall'urgenza della situazione che dovrebbe far riflettere: il cambiamento climatico è reale e queste sono gli atti estremi che l'uomo deve compiere per poter mettere una toppa ai danni che sta provocando.

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