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1 Agosto 2023
15:16

Boom di nidi di tartarughe marine nel Mediterraneo anche a causa dei cambiamenti climatici

Solo in Sicilia ben 105 nidi di tartaruga caretta caretta. Seguono Calabria e Campania, ma anche in Toscana e Lazio. A causa del cambiamento climatico ormai anche il Mediterraneo occidentale, molto più caldo di prima, è diventato adatto per la riproduzione.

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Giornalista
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Mancano ancora più o meno quattro settimane alla fine del periodo di deposizione delle uova di tartarughe marine (Caretta caretta) sulle nostre coste, eppure il 2023 viene già considerato l’anno dei record. Un vero e proprio boom di nidi nel Mediterraneo Occidentale: delle 293 deposizioni complessive su tutte le coste italiane, 105 sono state registrate in Sicilia. A queste seguono gli 86 nidi calabresi e i 43 campani. Ma quella che è sicuramente una crescita in termini di biodiversità, soprattutto in relazione alle acque dove stanno già iniziando a riversarsi le tartarughine appena nate, ha il suo rovescio della medaglia.

Parliamo ovviamente di un’ulteriore conferma delle trasformazioni dovute al cambiamento climatico che, con un notevole aumento delle temperature, sta rendendo adatti alla deposizione di uova di tartaruga anche ambienti che un tempo erano troppo freddi. Secondo quanto riportato dalla IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), la tartaruga caretta è infatti distribuita nelle acque temperate e tropicali degli Oceani Atlantico, Pacifico e Indiano ma è anche la più numerosa all'interno del Mediterraneo soprattutto in Grecia, Turchia, Libia e Cipro, che sono i luoghi tradizionalmente scelti soprattutto per la riproduzione.

Sicilia in prima posizione, seguono Calabria e Campania

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(credits:Legambiente)

Secondo l’elaborazione realizzata da Legambiente sui dati di Tartapedia.it, l’associazione che raccoglie le segnalazioni di associazioni impegnate sul territorio, emerge subito che «il numero di nidi rispetto alla stagione 2022 è al momento raddoppiato: a nidificazioni ancora in corso è stata toccata quota 293 nidi mentre l’anno scorso il conteggio si era fermato a circa 146. Una stagione da record quella del 2023 che, molto probabilmente, supererà di gran lunga anche la ricca estate di ritrovamenti del 2021 (più di 240 nidi)». Anche Mediterraneo occidentale, quindi, si sta trasformando in un luogo d’eccellenza per la schiusa dei nuovi esemplari.

Ma in Italia, quali sono le zone predilette dalle tartarughe marine? «In testa alla classifica delle regioni italiane con più nidi di tartarughe marine c’è la Sicilia con ben 105 nidi e le province di Trapani, Ragusa, Siracusa e Agrigento con il numero più alto: le spiagge più amate da mamma tartaruga sono quelli di San Vito Lo Capo, la Spiaggia dei Conigli a Lampedusa, e l’Isola delle Correnti. Subito dopo la Sicilia ci sono la Calabria dove gli 86 nidi si sono distribuiti su una gettonatissima Costa dei Gelsomini nelle province di Cosenza e Catanzaro. Mentre in Campania i 43 nidi sono stati registrati nella costa del Cilento nel Salernitano e lungo il litorale domitio di Castelvolturno nel Casertano» spiega Legambiente che nel resto del Sud Italia segnala 24 nidi in Puglia e 2 in Basilicata mentre la Sardegna si attesta a quota 8 nidi.

Più deposizioni all’Isola dell’Elba e nel Lazio. Tante anche in Grecia e Spagna

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(credits: Legambiente)

Il Centro-Nord del Paese sta restituendo dei numeri alti rispetto alle scorse stagioni: un aumento dei nidi è stato registrato in Toscana con 12 nidi, nel Lazio a quota 11; mentre un nido è stato registrato sia in Abruzzo sia in Emilia-Romagna. «Da sottolineare l’exploit di nidi in Toscana, in particolare all’Isola d’Elba e nel Lazio sul litorale romano. Luoghi “insoliti” dove in precedenza erano stati ritrovati solo pochi nidi e che, invece nella stagione del record del 2023 hanno fatto segnare un numero cospicuo di ovodeposizioni. Una sorpresa il ritrovamento di un nido in Emilia-Romagna nel Ravennate a Cervia, un altro nido a Nord Italia dopo il sensazionale ritrovamento di Jesolo nel 2021».

Ci sono poi le coste di Francia e Spagna: anche qui si registrano numeri in positivo. «Un vero e proprio boom di uova deposte che oltre all’Italia coinvolge anche le coste di Francia e Spagna: lungo la Costa Azzurra, la Provenza e la regione Occitania sono stati segnalati 7 nidi mentre nel litorale spagnolo, in particolare l’area di ValenciaMaiorca e l’isola di Ibiza, dove il record massimo di nidi era fermo a quota 11, per ora sono già stati totalizzati 22 nidi. Per rendere l’idea, nelle stesse aree spagnole l’anno scorso erano stati ritrovati solo due nidi di Caretta caretta mentre in Francia solo uno».

L'influenza del cambiamento climatico

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Secondo gli scienziati anche questi dati confermano sempre di più che il cambiamento climatico e il surriscaldamento delle acque stanno spostando l’areale delle tartarughe marine verso il Mediterraneo Occidentale. Secondo il rapporto “Climate change and interconnected risks to sustainable development in the Mediterranean”, pubblicato su Nature Climate Change, il Mediterraneo è tra i bacini che si stanno scaldando più velocemente sul pianeta, circa + 0,4°C per ognuno degli ultimi decenni, e proiezioni per il 2100 variano tra +1,8°C e +3,5°C in media rispetto al periodo tra il 1961 e il 1990. Basti pensare che tra giugno e agosto 2022 le temperature superficiali medie sono state più alte anche di 4,6 °C rispetto a quelle registrate tra il 1991 e il 2020.

«Il numero di nidi censiti quest’anno conferma il trend positivo della nidificazione della tartaruga marina nel Mediterraneo occidentale – spiega Sandra Hochschied, ricercatrice della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e responsabile scientifico del progetto LIFE Turtlenest – dopo un leggero rallentamento registrato lo scorso anno che ha interessato tutto il Mediterraneo, questa estate è ripresa decisa la corsa delle tartarughe marine verso latitudini più settentrionali spinta dal cambiamento climatico che ha causato un significativo aumento della temperatura rendendo adatti alla deposizione ambienti che solo qualche anno fa erano troppo freddi per questi splendidi rettili».

Il monitoraggio continuo dei volontari di Tartarwatchers

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un’area monitorata (credits: Legambiente)

Fondamentale il ruolo dei volontari nella registrazione delle deposizioni di uova e della loro schiusa. Sono loro che, nelle prossime settimane, registreranno le prime corse verso il mare delle baby tartarughe. Dal pattugliamento delle spiagge alla segnalazione di possibili impronte di mamma tartaruga fino alla messa in sicurezza dei nidi e sorveglianza fino alla schiusa: queste sono infatti le occupazioni quotidiane dei Tartarwatchers, i volontari che partecipano a Turtlenest,  il progetto cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il programma LIFE e finalizzato al miglioramento della conservazione della tartaruga marina comune in Italia, Spagna e Francia, con il coordinamento di Legambiente. Si tratta di un lavoro prezioso per la salvaguardia di questo animale così speciale e così in pericolo.

Solo nel Mediterraneo si calcola infatti che oltre 150.000 tartarughe ogni anno vengono catturate accidentalmente da ami da pesca, lenze e reti e oltre 40.000 muoiono. Solo in Italia, ogni anno 25.000 tartarughe marine vengono catturate da reti a strascico. Il monitoraggio e ogni forma di protezione agli ultimi arrivati sono, quindi, un lavoro imprescindibile per la loro sopravvivenza. Oltre al lavoro di monitoraggio diventa altrettanto importante quello di sensibilizzazione e informazione dei bagnanti e dei gestori balneari, perché per la conservazione della specie Caretta caretta ora e nei prossimi anni sarà di fondamentale importanza la corretta gestione dei lidi e dei comportamenti di bagnanti e turisti.

«È necessario garantire a questa specie protetta sempre più presente nel Mediterraneo occidentale adeguate misure di conservazione – spiega Stefano Di Marco, project Manager del progetto europeo Life Turtlenest coordinato da Legambiente. –  Per questo il progetto prevede una serie di azioni integrate che vanno dall’informazione alla sensibilizzazione delle comunità locali e degli operatori balneari, fino alla definizione di misure di salvaguardia attraverso l’estensione dei siti Natura 2000 già esistenti e/o l’istituzione di nuovi siti laddove la nidificazione della Caretta caretta può considerarsi ricorrente».

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Un uovo di tartaruga (credits: Legambiente)

Quello che possono fare le amministrazioni locali è, ad esempio, «disincentivare l’uso dei mezzi meccanici per la pulizia delle spiagge, disciplinare i ripascimenti delle spiagge e limitare l’inquinamento acustico e luminoso che rappresentano una minaccia sia durante le fasi di deposizione che di schiusa». Secondo Di Marco un cambio di passo non impossibile. «Gli obiettivi del progetto sono sfidanti ma siamo fiduciosi perché stiamo registrando un forte interesse a tutti i livelli. Per fortuna si sta diffondendo la consapevolezza che il ritrovamento di un nido di Caretta caretta è una buona notizia non solo dal punto di vista della biodiversità ma anche dal punto di vista socio-economico. Ne è testimonianza il fatto che molte località stanno costruendo la loro identità intorno alla presenza della tartaruga marina».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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