I cavallucci marini sono fra gli animali più carismatici e famosi: sono dei pesci molto particolari e a cui abbiamo affidato forse fin troppi pensieri intrisi di romanticismo. Anche il semplice fatto che si differenziano moltissimo proprio da tutti gli altri pesci, con i maschi che hanno il compito di "partorire" e custodire i loro piccoli, li ha resi molti affascinanti agli occhi del pubblico. Una fama che ha tuttavia creato non pochi problemi, visto che ha spinto in molti a cercarli e a pescarli per rivenderli sul mercato nero.
La ricerca ultimamente si è interessata nuovamente ai cicli riproduttivi di questi animali, andando ad indagare anche geneticamente i processi che permettono ai maschi di fungere da "incubatore" delle uova in previsione della nascita dei piccoli e della successiva crescita. E tra le scoperte che stanno alimentando il dibattito nell'ambiente scientifico c'è n'è una che sta permettendo di definire una nuova funzione della sacca in cui vengono contenute le uova. Un risultato scientifico che è stato recentemente pubblicato sulla rivista Cell and Tissue Research.
Alcuni ricercatori della Sophia University di Tokyo, in Giappone, hanno infatti scovato all'interno del genoma dei cavallucci marini un gene che, seppur attivo, non sembra essere legato ad alcuna funzione o caratteristica dell'animale, un gene che gli scienziati giapponesi hanno perciò definito "orfano". Andando però ad analizzare meglio la distribuzione di questo particolarissimo gene in diverse specie di cavalluccio marino, gli scienziati hanno notato che si trova in particolar modo nei maschi e che è particolarmente legato agli amminoacidi prolina e glicina, tanto da decidere di chiamarlo gene ricco di prolina-glicina (pgrich). Ma a cosa serve quindi questo gene?
Per capirlo hanno approfondito lo sviluppo di questi animali e si sono resi conto che il gene pgrich poteva essere collegato allo sviluppo delle cellule epiteliali della tasca, che formavano i tessuti in cui le uova nell'adulto si vanno a insidiare. Queste cellule epiteliali sono chiamate in gergo tecnico cellule del cono di fiamma e sono presenti esclusivamente negli ippocampi. Nessun loro parente stretto, come i pesci ago, presentano cellule simili e per diversi decenni i biologi si sono domandati da dove potessero essersi originati. Il gene pgrich, inoltre, sembra aver reso queste cellule capaci di rendere l'addome degli ippocampi maschi l'ambiente perfetto per accudire i piccoli, elasticizzando le pareti interne ed esterne della tasca in cui maturano le uova. Con la scoperta del gene pgrich, quindi, uno dei più longevi misteri relativi a questi animali è stato almeno in parte risolto.
Il dott. Kawaguchi, principale autore della scoperta, proprio su questo argomento ha dichiarato «I cavallucci marini hanno una morfologia affascinante e i maschi portano gli embrioni nella loro sacca di covata. La presenza di maschi che partoriscono è un fenomeno raro nel regno animale e rende il cavalluccio marino un organismo modello per studiare l'evoluzione. Volevamo identificare i geni responsabili della formazione delle cellule del cono di fiamma della tasca già da molto tempo, ma non ci saremmo mai aspettati di farlo scoprendo un gene che in apparenza sembrava poco utile».
Secondo gli scienziati questo gene permetterebbe anche all'animale di continuare a nutrirsi mentre sta portando avanti la gestazione, visto che consente all'addome di aumentare il proprio volume e di accogliere del cibo mentre il maschio porta i piccoli in grembo. Senza questo gene e le cellule della tasca in cui viene espresso, i cavallucci marini difatti non potrebbero concludere la gravidanza non riuscendo nemmeno a mangiare.
Il gene pgrich, inoltre, potrebbe essersi evoluto dal gene dell'elastina già presente anche nel genoma del pesce ago (Syngnathus acus), uno dei pareti più prossimi degli ippocampi, venendo poi ulteriormente modificato nel corso dell'evoluzione in questi animali. «L'evoluzione dei cavallucci marini è ancora abbastanza misteriosa e la storia evolutiva del gene pgrich può fornire indizi su come sono nati e su come si è sviluppata la sacca delle uova – chiarisce Kawaguchi, che da anni studia queste specie – I cavallucci marini sono popolari negli acquari domestici e la comprensione di questi fenomeni contribuirà al fascino delle persone per questi pesci. Ricordatevi tuttavia che sono animali a rischio di estinzione» e per questo sarebbe meglio ampliare le politiche ambientali per tutelarli.