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3 Ottobre 2023
15:24

Il processo ai Fratelli Bianchi per maltrattamento d’animali entra nel vivo, ma il reato rischia di cadere in prescrizione

I fratelli Gabriele e Marco Bianchi, condannati a 24 anni in appello per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, sono tornati in aula con l’accusa di maltrattamento e uccisione di animali. Alcuni degli episodi sono però ormai quasi prescritti.

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I fratelli Bianchi

È ripreso martedì mattina al tribunale di Velletri il processo che vede imputati i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, condannati a 24 anni in appello per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, tornati in aula con l’accusa di maltrattamento e uccisione di animali.

I due avevano aggredito e ucciso a calci e pugni il giovane cuoco di Paliano nel centro di Colleferro, Comune del Frusinate la notte tra il 5 e il 6 settembre del 2020. La procura di Velletri ne aveva disposto la citazione in giudizio per episodi scoperti proprio durante le indagini sull'omicidio di Willy, quando i  Carabinieri avevano trovato sugli smartphone dei due fratelli di Artena alcuni video in cui si erano ripresi mentre si accanivano sui due animali, prima torturandoli e poi uccidendoli a colpi di fucile.

Per i pubblici ministeri i Bianchi, appassionati di arti marziali miste, «si stavano allenando a uccidere». E per farlo prendevano di mira creature più fragili e deboli su cui sfogavano la loro brutalità, riprendendo la scena e poi vantandosene poi con gli amici in chat: una pecora, in particolare, e alcuni uccelli. Filmati che avevano spinto Animalisti Italiani, Lav e la Lega Nazionale per la Difesa del Cane a denunciare i due fratelli per maltrattamento di animali, e con loro anche il padre Ruggiero e due loro amici di Artena.

Lo scorso 12 settembre le associazioni si sono costituite parti civili, ma il Tribunale di Velletri si era riservato la decisione sulle richieste e aveva rinviato l’udienza al 3 ottobre. A pesare, sulla decisione, è il tempo trascorso dai fatti oggetto dell’imputazione, alcuni dei quali sono ormai quasi prescritti. È anche per questo che le associazioni si sono date appuntamento proprio per martedì mattina davanti al tribunale per un presidio finalizzato a chiedere non soltanto che la richiesta di costituzione di parte civile venga accettata, ma anche che si arrivi a una condanna e che in generale si inaspriscano le pene relative al maltrattamento e all'uccisione degli animali. Questi reati sono a oggi puniti con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro (i maltrattamenti) o con la reclusione da quattro mesi a due anni (l’uccisione), anche se si sta lavorando a diversi disegni di legge per rendere le pene ancora più severe.

Le immagini delle sevizie ai danni degli animali, d'altronde, confermano quanto da tempo viene sostenuto dagli esperti della  zooantropologia della devianza, una disciplina relativamente recente che sfrutta nozioni di criminologia, psicologia, sociologia della devianza, veterinaria forense ed etologia per studiare proprio il fenomeno dei maltrattamenti sugli animali. Numerosi studi hanno infatti confermato la relazione esistente tra la violenza sugli animali e quella sugli essere umani, il cosiddetto “link”, teorie che in Italia trovano una delle loro voci più autorevoli in Francesca Sorcinelli, fondatrice e presidente di Link-Italia, che con la sua associazione si batte anche per vedere riconosciuti i diritti degli animali a livello sociale e giuridico. Sorcinelli ha firmato numerose ricerche e studi che analizzano la correlazione tra violenza sugli animali e sulle persone, identificando il maltrattamento e l’uccisione degli animali come «sintomo di una situazione esistenziale patogena ed efficiente indicatore di pericolosità sociale».

Un campanello d'allarme che non andrebbe mai sottovalutato, né dalle forze dell'ordine né dall'autorità giudiziaria nel corso delle indagini, concentrandosi su episodi che riguardano torture, sevizie, maltrattamenti e uccisioni di animali: «La mancanza per lungo tempo dello studio scientifico del link nel nostro paese ha portato ad una diffusa non conoscenza e/o estrema sottovalutazione della pericolosità sociale del maltrattatore e/o uccisore di animali – ha spiegato Sorcinelli – In alcuni casi l’orizzonte di senso comune è addirittura gravemente dissociato dalla realtà tanto che gli addetti ai lavori paradossalmente rassicurano le donne che denunciano aggressioni agli animali domestici da parte dei partner violenti. Nei contesti familiari dove il partner agisce minacce o atti violenti nei confronti degli animali i dati scientifici rilevano che le donne e i minori sono anch’essi esposti  a tali atti 7,6 volte in più dei contesti  in cui gli animali non vengono né aggrediti né minacciati»

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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