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6 Luglio 2021
10:46

Il narvalo (Monodon monoceros)

Il narvalo è un mammifero cetaceo riconoscibile per la lunga zanna posta sul muso, che ha dato origine alla leggenda dell'unicorno. La specie abita i mari dell'estremo Nord dell'Oceano Atlantico e vive in gruppi sociali anche molto numerosi. La caccia al narvalo è ancora oggi praticata da alcune comunità indigene in Canada e in Groenlandia che se ne nutrono lasciando gli avanzi ai cani.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Il narvàlo (Monodon monoceros) è un mammifero cetaceo della famiglia monodontidae. Il suo aspetto è reso inconfondibile dalla zanna appuntita attorcigliata a spirale sul muso. Il nome di questo curioso animale deriva dal termine narvhal in lingua norvegese arcaica, ovvero "balena cadavere". L'etimologia del nome, il quale va pronunciato con l'accento sulla seconda a, deriva in parte dal pallore di questi cetacei, ma anche dalla curiosa postura a "pancia all'aria" che assumono durante alcune ore della giornata. Alla famiglia dei monodontidi appartiene anche un'altra specie: il beluga, al quale il narvalo somiglia, ma che non ha la tipica zanna.

Habitat e distribuzione

Il  narvalo vive nell'Atlantico settentrionale e si spinge fino all'Oceano Artico. Le zone di massima densità sono quelle che dal Nord Est del Canada si spingono fino alle coste settentrionali della Groenlandia. Anche le acque che circondano l'arcipelago norvegese delle isole Svalbard e le acque russe settentrionali sono interessate dalla presenza di questo animale. Esso preferisce gli ambienti ricchi di baie e di fiordi, pur mostrando abitudini migratorie che, secondo uno studio condotto dall'International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN) e pubblicato nel 2017, lo porta a vivere anche nelle zone in cui la superficie delle acque viene ricoperta stagionalmente dal ghiaccio. Questa abitudine rappresenta però un pericolo per l'animale, in quanto il rapido cambiamento delle temperature rischia talvolta di lasciarlo intrappolato tra i ghiacci, causandone la morte per soffocamento.

Raramente il narvalo è stato avvistato anche nel Nord della Germania, e nei pressi delle isole più settentrionali del Regno Unito. Nella maggior parte delle occasioni, si è trattato di individui spiaggiati.

La popolazione mondiale di narvali consiste in 12 differenti comunità che presentano differenze genetiche date dal fatto che sono completamente isolate dalle altre comunità. Secondo quanto riportato dalla International Whaling Commission (IWM), il numero di narvali attualmente viventi potrebbe essere sensibilmente superiore agli 80 mila, numero che viene riportato dal sito del WWF. Questa discrepanza sarebbe causata della difficoltà di individuare gli animali nelle acque profonde lontane dalle coste.

Come è fatto un narvalo

Il corpo del narvalo è di colore più chiaro rispetto ad altre specie di cetacei, motivo per il quale ha guadagnato il soprannome norvegese di "balena cadavere". Le macchie da cui è ricoperto il dorso, sono più chiare sul ventre. Il muso non ha il caratteristico "becco"degli odontoceti, ma risulta essere più schiacciato e il capo è piccolo rispetto alla dimensione del corpo. Il narvalo infatti, esclusa la lunghezza del corno può raggiungere i 4,7 metri di lunghezza e i 1600 chilogrammi di peso. Il dimorfismo sessuale è evidente soprattutto per il fatto che circa l' 85% delle femmine non presentano il corno, ma anche per le dimensioni più ridotte: una femmina di questa specie infatti raramente supera i 1000 chilogrammi ed i 4 metri di lunghezza.

Cos'è la zanna di narvalo?

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Sebbene già nel medioevo si parlasse di specie fantastiche di cavallo dotate di un unico corno nel centro della nuca, alcuni sostengono che a inventare la leggenda dell'unicorno siano stati proprio i commercianti provenienti dall'estremo Nord, come i vichinghi ed i siberiani, i quali vendevano la zanna di narvalo come amuleto. Il caratteristico "dente" del narvalo può raggiungere i 3 metri di lunghezza.

A cosa serve l'unicorno del narvalo?

La sua funzione è ancora incerta, si sa che è ricchissimo di terminazioni nervose e quindi funge anche da organo sensoriale e ausilio nella localizzazione dei pesci. Tuttavia, non è fondamentale, visto che le femmine non sembrano averne bisogno e molto spesso non ne sono dotate o ne sviluppano uno di dimensioni sensibilmente inferiori rispetto ai maschi. L'ipotesi più accreditata è che si tratti di un segnale di prestanza fisica maschile, esattamente come accade per le criniere dei leoni o le code dei pavoni.  Ciò che è certo è che la zanna non rappresenta un'arma e questo perché il narvalo è una specie considerata pacifica e per nulla aggressiva. Le ricerche riguardo l'utilizzo del corno da parte del narvalo sono discordi sull'affermare che venga utilizzato per combattere in fase di competizione per l'accesso all'accoppiamento: sebbene uno studio pubblicato sul Canadian Journal of Zoology nel 1985 affermasse che vi fossero evidenze a riguardo, ad oggi i ricercatori ritengono che si tratti di uno strumento che, a livello di comunicazione interspecifica permette di dimostrare l'età e lo stato di salute dell'individuo, determinandone in questo modo il rango, ma soprattutto ha l'importante utilità, attraverso le numerose terminazioni nervose al suo interno, di riconoscere la salinità, la temperatura, e la pressione dell'acqua che gli animali stanno per attraversare, come riportato anche sul sito del Narwhal Tusk Research Project. Le ricerche hanno inoltre escluso che si trattasse di un organo utilizzato per bucare e fratturare il ghiaccio.

La vita del narvalo

La comunicazione specie – specifica come abbiamo visto viene supportata dalla presenza del corno, ma è sviluppata anche su diversi piani e con altre sensorialità: il narvalo infatti è una delle specie di cetacei che maggiormente utilizza il canto e la voce in generale. Proprio questi strumenti comunicativi sono stati analizzati approfonditamente e catalogati da uno studio pubblicato nel 2020 condotto in Groenlandia con il supporto delle popolazioni locali, estreme conoscitrici della specie.

La femmina, a seguito di una gestazione della durata di 15 mesi, dà alla vita i piccoli, che accudisce e nutre per i primi 2 anni. I narvali vivono in famiglie e cacciano in gruppo. La famiglia è formata da femmine accompagnate dalla prole intorno alle quali nuotano maschi riconoscibili per taglia, colore e zanna simili. Il gruppo è formato mediamente da 20 individui, ma esistono casi di avvistamenti di gruppi formati anche da centinaia di individui.

L'alimentazione del narvalo e i suoi predatori

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La dieta del narvalo varia in base al pesce disponibile all'interno dell'habitat, ma generalmente si nutre di calamari, gamberetti e pesci, soprattutto halibut groenlandesi (Reinhardtius hippoglossides), merluzzi artici (Boreogadus saida) e il merluzzi polari (Arctogadus glacialis).

Oltre agli esseri umani che vivono nelle zone più fredde del pianeta e ancora li cacciano per nutrirsi delle loro carni e per impossessarsi delle zanne, i narvali vengono predati anche dalle orche e dagli orsi polari. Questo cetaceo, inoltre, può cadere vittima anche dei trichechi. Per quanto riguarda la caccia da parte delle comunità Inuit Canadesi e Groenlandesi, la speranza degli esseri umani è che l'intero gruppo rimanga intrappolato in acque "chiuse" a causa del congelamento dell'oceano, in modo da poter catturare l'intera famiglia e ottenere nutrimento per tutto l'inverno.

Stato di conservazione e rapporto con l'essere umano

La sopravvivenza del narvalo, come quella di molte specie artiche, è fortemente condizionata dai cambiamenti climatici che stanno causando un aumento delle temperature delle acque più settentrionali del mondo. Inoltre, sebbene questa specie non sia mai stata vittima del commercio su larga scala, eccezion fatta per un breve periodo all'inizio del 900 in Canada e Groenlandia, veniva cacciata comunque saltuariamente dai balenieri. La caccia al narvalo, al giorno d'oggi, viene invece praticata unicamente in alcune comunità indigene Inuit, le quali consumano la carne lasciando gli avanzi ai cani con cui convivono. L'abitudine di tornare ogni anno nello stesso luogo nei mesi estivi, rende il narvalo particolarmente vulnerabile, in quanto gli esseri umani interessati alla caccia sono in grado di prevedere i luoghi in cui trovarlo.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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