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29 Ottobre 2021
16:16

Il caso dell’elefantessa Happy rinchiusa nello zoo del Bronx arriva alla Corte d’Appello

Happy vive confinata nello zoo del Bronx dal 2006 e dallo stesso anno l’organizzazione a difesa degli animali Nonhuman Rights Project cerca di portarla via e trasferirla in un rifugio più adatto. Ora la battaglia dopo diverse sconfitte, ha una svolta perché la più alta Corte di giustizia di New York ha deciso di ascoltare il caso.

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Potrebbe nuovamente cambiare il destino dell’elefantessa Happy che vive confinata nello zoo del Bronx. La causa intentata dall’organizzazione a difesa degli animali Nonhuman Rights Project che ne vuole la liberazione proseguirà e arriverà davanti alla Corte di Appello di New York che ha deciso che ascolterà il caso.

Si tratta di una importante svolta, ma riavvolgiamo il nastro per capire meglio cosa sta succedendo. Happy è un’elefantessa asiatica nata in libertà negli anni 70 e catturata piccolissima in Thailandia insieme ai suoi fratelli. Subito rinchiusa nello zoo della California, fu poi consegnata allo zoo del Bronx dove tutt’ora è segregata da sola dal 2006 quando, morto l’ultimo elefante con cui condivideva lo spazio, la Wildlife Conservation Society che gestisce lo zoo ha deciso di non acquistare altri elefanti, condannando Happy a una vita solitaria.

La lotta per liberarla

La prima battaglia per trasferirla in un rifugio più adatto, dove avesse la possibilità di muoversi più liberamente e magari interagire con altri suoi simili, è cominciata con la denuncia da parte di Nonhuman Rights Project contro lo zoo che condannava Happy a vivere una vita triste, isolata e in uno spazio troppo ristretto per le sue esigenze.

Battaglia che portò al lancio di una petizione sulla piattaforma Change.org che, nonostante la quantità di firme raccolte, 1,4 milioni, non convinse affatto i gestori dello zoo a cedere l’elefantessa a un santuario per animali. Per il direttore, infatti, gli attivisti avevano diffuso disinformazione sulle reali condizioni di Happy e avevano sfruttato il caso del pachiderma solo «per raccogliere fondi per la loro causa».

Il caso in tribunale: il giudice non riconosce Happy come "persona"

Davanti a questo rifiuto, Nonhuman Rights Project, nel 2018, cambiò e rinforzò strategia, rivolgendosi direttamente al tribunale e chiedendo di riconoscere Happy come una “persona” e, di conseguenza, di riconoscerle “diritti umani”. Il giudice, però, anche questa volta, respinse l’istanza animalista, spiegando che non esisteva un precedente nei tribunali di New York che gli permettesse di accogliere tale richiesta. Tanto che oggi, Happy si trova ancora isolata nello zoo del Bronx. Cosa che invece recentemente è avvenuta per gli ippopotami di Pablo Escobar: gli animali, che vivono liberi in Colombia, sono stati infatti riconosciuti come “persone giuridiche” da un tribunale degli Stati Uniti. Dopo l’avvio della campagna di sterilizzazione che punta a limitare la riproduzione e il loro impatto sull’ambiente, un giudice ha adesso accettato le istanze degli animalisti, che vogliono invece evitare abbattimenti e propongono farmaci contraccettivi alternativi.

Novità per Happy: il caso davanti alla Corte d'Appello di New York grazie all' "habeas corpus"

Ma ecco che forse anche per Happy le cose possono di nuovo cambiare: portato il caso di fronte ai giudici, la Corte d’Appello di New York ha accettato di discuterne. «Questo segna la prima volta nella storia che la più alta corte di qualsiasi giurisdizione anglosassone ascolterà un caso di “habeas corpus” presentato per conto di qualcuno che non sia un essere umano», ha affermato il Nonhuman Rights Project in una nota.

L'associazione ha deciso di basare tutta la procedura giudiziaria appunto sull’atto dell’habeas corpus che permette di rivolgersi al tribunale per rivedere un provvedimento coercitivo che limita la libertà personale. L’organizzazione no profit ha potuto farlo perché nel diritto anglosassone non esiste una legge che precisi esattamente cosa sia l’habeas corpus e in che casi possa essere impiegato, fatto che lascia un maggiore spazio al suo utilizzo.

In questa storia, l’associazione animalista, dopo aver avuto parere favorevole da diversi studiosi di diritto interpellati, cercherà di utilizzarlo per estendere i diritti fondamentali degli esseri umani agli animali non umani.

Secondo i giuristi questa strada è percorribile per via della possibilità dei giudici dei paesi con sistema Common law di “creare il diritto” a differenza di quelli, la maggior parte, che utilizzano il sistema di Civil law, in cui i giudici applicano la legge avendo pochissimo spazio di manovra.

Nel 2022, quindi, la Corte d'Appello di New York, ascolterà la prima argomentazione mai avanzata negli Usa secondo cui tale diritto dovrebbe essere esteso a un animale. Le critiche sull'utilizzo dell'habeas corpus per un animale non mancano, ma l'organizzazione replica che la scelta «è dovuta a causa dell'intensa e concreta sofferenza associata all'ingiusta prigionia» quindi «se gli elefanti ingiustamente confinati soffrono come farebbe un essere umano, lo stesso rimedio dovrebbe proteggere anche loro».

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Simona Sirianni
Giornalista
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