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Kodami Call
rubrica
15 Maggio 2023
17:55

Il 30% degli animali vertebrati in Italia è a rischio di estinzione

È a rischio di estinzione il 30% dei vertebrati italiani. Lo rileva il WWF Italia nel nuovo report "Biodiversità Fragile", chiedendo di dare seguito alla Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030.

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È a rischio di estinzione il 30% degli animali vertebrati che vivono in Italia. Lo rileva il WWF Italia nel nuovo report "Biodiversità Fragile". Secondo gli esperti che hanno stilato il documento, il declino degli ecosistemi nel mondo ha raggiunto le dimensioni di una vera catastrofe: gli scienziati calcolano che l’impatto del genere umano su tutte le altre forme di vita sia arrivato ad accelerare tra le 100 e le 1.000 volte il tasso di estinzione naturale delle specie, avviando la sesta estinzione di massa. Resta così un misero 12,5% di foresta atlantica, mentre abbiamo perso più del 50% delle barriere coralline, e una vastissima porzione della foresta amazzonica: il 20% se non di più è stata distrutta.

raganella

Raganella

Questa crisi è evidente anche in Italia, dove la biodiversità raggiunge valori elevatissimi, e dove si contano metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali presenti in Europa, ma che oggi più che mai sono a rischio.

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Fonte WWF Italia

La biodiversità che contraddistingue il nostro Paese è in pericolo, e con essa, anche noi. E' sbagliato ridurre la biodiversità a un semplice elenco di specie. Gli scienziati la definiscono come la varietà di tutti gli organismi viventi presenti sulla Terra: batteri, virus, piante, funghi, e anche animali invertebrati e vertebrati. Ma soprattutto è un concetto che contempla l'interdipendenza di tutti questi elementi.

Per fare un esempio attuale, basti pensare a cosa è successo a seguito della riduzione del numero di grandi carnivori, come ad esempio i lupi. La mancanza di un predatore apicale come il lupo, cioè al vertice della piramide trofica, ha portato alla proliferazione di altri animali, come i cinghiali. Da questo sconvolgimento è iniziata una serie di eventi che a catena hanno coinvolto altri animali e sistemi ecologici.

Oggi il crescente numero di cinghiali e la prossimità di questi con gli allevamenti di maiali allo stato brado ha portato alla sovrapposizione di habitat tra persone e selvatici, causando problemi di natura economica per le comunità umane, ma anche alla propagazione di epidemie tra i suidi. La peste suina continua a circolare tra cinghiali e maiali italiani, e nessuna delle azioni messe in atto sino ad oggi sembra ridurne l'impatto

Purtroppo, la nostra specie non sempre ha dimostrato di essere in grado di gestire i cambiamenti che apporta agli ecosistemi e alla biodiversità. La scelta, ad esempio, di usare la caccia come strumento per contenere il numero di cinghiali, non ha mai dato i risultati sperati. Infatti non basta sostituirsi a un animale per ristabilire l’armonia lì dove è venuta a mancare, e non basta comportarsi da predatore per assumerne il ruolo ecologico.

Gli anfibi tra gli animali più a rischio

A fare notizia quando sono in pericolo, o quando la popolazione si espande, sono soprattutto i grandi predatori e gli ungulati. Tuttavia la crisi degli ecostistemi italiani è molto più profonda, e abbraccia una varietà straordinaria di regni animali. La biodiversità è il motore di tutti quei processi biologici alla base degli ecosistemi sani e produttivi in cui possiamo trovare ossigeno da respirare, acqua pulita da bere, e anche risorse alimentari ed energetiche.

Dalle Liste Rosse nazionali della flora dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) emerge che, in Italia circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole. Il 68% degli ecosistemi italiani si trova in pericolo, il 35% in pericolo critico. I più a rischio sono quelli frequentati da animali anfibi. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell'ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica.

Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trova in uno stato ecologico non buono. E i dati sullo stato di conservazione delle specie non sono meno allarmanti: il 30% delle specie di animali vertebrati e il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo sono a rischio estinzione.

Gli anfibi valutati dal WWF che hanno cambiato status di conservazione solo una, il rospo smeraldino nordafricano lo ha migliorato, mentre quattro lo hanno peggiorato. In queste quattro sono inclusi preziosissimi endemismi come i geotritoni e la salamandra di aurora Salamandraatra aurorae.

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Salamandraatra aurorae (Fonte: Wikimedia Commons)

Percentuali significative di endemismo si registrano tra gli anfibi (31,8%) e i pesci ossei d’acqua dolce (18,3%). Le specie animali terrestri e di acque dolci aliene presenti in Italia, allo stato attuale delle conoscenze, ammontano a circa 1.500 (la stragrande maggioranza delle quali costituita da Artropodi). Quelle classificate invasive e di rilevanza comunitaria sono 25, per le quali sussistono obblighi di controllo ai sensi del Regolamento (UE) 1143/2014.

Purtroppo, però, sono anche tra gli animali maggiormente a rischio, e che vivono in habitat strategici per la nostra specie.

Le proposte del WWF

Il report WWF al termine del suo Report, lancia anche un appello: «È necessario di intervenire in maniera concreta mettendo immediatamente in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030, che prevede che almeno il 30% delle specie e degli habitat di interesse comunitario il cui stato di conservazione non è soddisfacente, lo raggiungano entro il 2030».

La strategia, tra le altre cose, prevede anche che gli ecosistemi vengano tutelati attraverso l’incremento della superficie protetta al 30% del territorio terrestre e marino e che il 30% degli ecosistemi attualmente degradati vengano ripristinati, obiettivi ricavati dagli impegni presi durante i vertici internazionali presieduti dalle Nazioni Unite.

Nel 2022 la Cop15 di Montreal si era conclusa con uno storico accordo per la biodiversità, che prevedeva proprio di tutelare il 30% di terra e oceani entro il 2030. Tuttavia, un gran numero di strumenti necessari per trasformare le intenzioni in azioni concrete sono stati lasciati alla discrezione dei singoli paesi, e per questo il WWF è tornato a chiedere di approfondire le soluzioni da mettere in atto: dal recupero e ripristino delle zone umide, al potenziamento della rete di monitoraggio delle acque interne superficiali e sotterranee; dalla necessità di un Piano di Adattamento alla crisi climatica, promuovendo le Nature Based Solutions, alla gestione forestale; dalla drastica riduzione dell’uso dei pesticidi in agricoltura, fino all’ampliamento delle superficie marina protetta.

«Oggi più che mai è importantissima l’attivazione di tutti, a partire dalla società civile, per strappare la crisi dei sistemi naturali da quel cono d’ombra che impedisce ai cittadini di capire la portata di quello che sta succedendo e alle istituzioni di agire riconoscendo alla natura la priorità che ha, di fatto, nel presente e nel futuro».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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