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18 Aprile 2023
15:00

I lettori a Kodami: «Che cosa possiamo fare per aiutare JJ4?». Dalle firme online a una riflessione concreta

Firmare petizioni sul Web ha senso se dietro c'è una organizzazione riconosciuta. Le firme online non hanno valore legale ma almeno se coordinate da associazioni possono essere usate come "arma" per dare maggiore forza alle loro istanze. Ma è tempo di fare riflessioni più concrete sulla convivenza e sulla fine di JJ4 su cui pende la condanna a morte o una vita dietro le sbarre.

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«Che cosa possiamo fare?». E' questa la richiesta più frequente che arriva dai nostri lettori quando ci sono argomenti "caldi" come la tragica vicenda della morte di Andrea Papi dopo aver incontrato l'orsa JJ4 sul monte Peler in Trentino. E ora che l'animale è stato catturato e sul suo destino pende la condanna a morte decretata dal presidente della Provincia di Trento la domanda ci viene posta ancora di più. Arriva ovunque a Kodami: sui nostri account social (Facebook, Instagram, TikTok e YouTube), alla mail di redazione e anche a quelle personali. Per l'esattezza viene posta così: «Dove posso firmare contro la la decisione di uccidere JJ4?».

Il senso di immobilità e frustrazione che coglie i nostri lettori per questo caso è simile a quello che si prova quando accadono tante altre tragedie così impattanti sulla comunità umana, e non solo per quanto riguarda il rapporto con gli animali. Il Web ha sdoganato quello che spesso con un tono dispregiativo viene definito "attivismo da tastiera" ma si dovrebbe invece anche prendere atto di quanto la Rete abbia favorevolmente contribuito nel tempo a far emergere l'opinione pubblica nell'espressione dei pareri delle singole persone. Nella triste vicenda trentina è del tutto evidente e vale tanto per chi è "contro l'orso" che per coloro che invece stanno mantenendo una certa lucidità nel comprendere che non si può attribuire una responsabilità a un animale come se fosse un "killer qualsiasi" della nostra specie.

Dunque, è ora di dare una risposta chiara e diretta ai nostri lettori su cosa si può fare online e in realtà la risposta è molto semplice: dipende da quanta consapevolezza si ha del fatto che firmare una petizione online può avere senso solo se c'è dietro qualcuno che ne farà qualcosa di più di una banale raccolta firme che rimane lettera morta sul Web. Perché la prima informazione importante è questa: le petizioni online sulle varie e note piattaforme che forniscono questo servizio non hanno valore legale. Per averlo, infatti, è necessario che le firme siano raccolte attraverso PEC, ovvero mail verificate, o con l'uso dello Spid. Un tema sottolineato di recente, ad esempio, dalla Lav per la raccolta che ha lanciato relativa alla campagna per l'abrogazione con referendum dell'attuale normativa sulla caccia.

Solo e soltanto se un'associazione riconosciuta, dunque, utilizzerà quelle firme sarà utile perché abbiano un valore più che simbolico facendone una importante "arma" per fare pressioni sulle istituzioni. La prima a lanciare una petizione online per fermare l'uccisione di JJ4 è stata Oipa. Rivolta invece alla salvaguardia di tutti gli orsi nel mirino della Provincia (JJ4, MJ5 e M62) è quella messa online da Lav. Ce ne sono diverse, invece, aperte da singole persone che paradossalmente però creano solo confusione. Distribuire le "forze" – sia pure le poche necessarie per inserire i propri dati – senza una logica che porti a dare una spinta a attività più strutturate non serve per la causa e vale per qualsiasi questa sia.

Cosa ci sia invece fuori dalla Rete da fare per incidere sul futuro di Gaia, nome dato a JJ4 dall'ex ministro dell'Ambiente Sergio Costa, è invece un altro discorso. Apre il fronte a valutazioni che in questo momento stanno coinvolgendo diverse figure dello Stato per un episodio che non può essere derubricato a una questione tra "pochi", come se il tema interessasse solo gli animalisti e una generica controparte specista a favore dell'uomo sopra tutti gli altri esseri viventi.

La questione che si è aperta sui destini infausti che si sono incrociati di JJ4 e di Andrea Papi riguarda tutti noi e ognuno, oltre a chiedersi cosa fare, è tempo che rivolga un'altra domanda a se stesso non sull'onda dell'emotività di questi giorni ma per trasformare un singolo evento in qualcosa di funzionale a un futuro diverso. E' tempo di chiederci se vivere su un Pianeta in cui la nostra specie insiste sul suo primato rispetto alle altre è ancora legittimo. E' tempo di assumerci le nostre responsabilità come esseri umani e per primi dovranno farlo coloro che erano e sono responsabili della protezione di esseri umani e animali in quella parte d'Italia. E non lo dice Kodami, ma la Costituzione italiana che – forse ancora non lo sanno tutti Provincia di Trento compresa – dal 9 marzo 2021 nel suo articolo 9 prevede che «la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

E tutela non può significare morte, ovviamente, e allo stesso tempo non può significare però un destino pari alla morte, chiudendo JJ4 in un recinto. Ce lo ricorda la situazione di M49, soprannominato Papillon dai media per rendere la sua storia ancora più affascinante in quell'estate del 2020 in cui si raccontarono le avventure dell'orso diventato "simbolo della libertà" dopo le evasioni ripetute dai luoghi in cui l'essere umano lo aveva confinato.

M49 fu paragonato a Henri Charrière a cui era ispirato il film "Papillon", in cui si raccontava le fughe di un uomo condannato ai lavori forzati per un omicidio di cui si era sempre dichiarato innocente. A differenza del suo "alter ego" umano, però, M49 non aveva mai nemmeno avuto una "segnalazione" di pericolosità e soprattutto la sua fama ebbe una fine decisamente diversa. Charrière riottenne la sua libertà e divenne un famoso scrittore, M49 è stato braccato, rinchiuso al Casteller (dove ancora si trova) e dimenticato, soprattutto.

*Nella foto in apertura il momento della cattura di M49, noto come Papillon

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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