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11 Ottobre 2023
16:27

I falchi pellegrini usano falsi attacchi per stancare le prede e catturarle più facilmente

I falchi pellegrini sono abilissimi predatori e secondo un nuovo studio possono effettuare falsi attacchi per stancare le prede prima dell'attacco vero e proprio.

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I falchi pellegrini (Falco peregrinus) sono predatori quasi infallibili e riescono a catturare con facilità prede anche più grandi di loro lanciandosi in picchiata e ghermendo le loro vittime con i loro lunghi e affilati artigli. Secondo però un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Ethology da alcuni ricercatori della Simon Fraser University di Burnaby in Canada, il segreto che permette a questi rapaci di catturare con successo un grande numero di prede sarebbe anche un altro: eseguire numerosi falsi attacchi, un particolare modello di predazione noto anche come Wolf-Mangel.

Gli autori dello studio – ovvero Ron Ydenberg, Sherry Young e Rachel Sullivan-Lord – hanno infatti raccolto prove sufficienti che consentono agli scienziati di affermare che la maggioranza dei falchi pellegrini presenti in Canada, durante le loro battute di caccia compiono deliberatamente dei falsi attacchi facendo così esaurire l'energie delle loro prede e aumentare le chance di cattura anche nelle situazioni più difficili.

Questo schema è esattamente quello proposto da Wolf e Mangel qualche decennio fa per spiegare il comportamento di alcuni predatori che apparentemente sembravano divertirsi nel cacciare le loro prede senza però catturarle subito. Inoltre, il modello prevedeva anche che le prede più affaticate o stanche per colpa dei predatori, in generale investono poi molti più sforzi e tempo nel procurarsi il cibo e recuperare le energie invece che nell’evitare i pericoli, cosa che ne aumenta la possibilità di cattura.

Per verificare questa teoria, i ricercatori hanno quindi cominciato a osservare non solo il comportamento dei falchi pellegrini, ma anche quello delle loro prede, per capire se e come la stanchezza causata dai falsi attacchi possa indurre un'abbassamento generalizzato delle loro difese rendendole poi più vulnerabili ad attacchi più semplici e meno dispendiosi per il predatore dal punto di vista energetico.

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In primo piano un piovanello pancianera

Ydenberg, Young e Sullivan-Lord si sono così diretti sulla spiaggia di Boundary Bay, nella Columbia Britannica, per osservare la comunità di piovanelli pancianera del Pacifico (Calidris alpina pacifica)che subiscono costantemente l'attacco dei falchi soprattutto durante le fasi di alta marea. Sono stati per ben 34 giorni ad osservare i pellegrini mentre si fiondavano dall'alto verso i piccoli piovanelli, attingendo poi anche ad altri 151 giorni di osservazione raccolti da Dick Dekker, un altro ornitologo che dopo circa 30 anni di studi a Boundary Bay ha deciso a 90 anni di lasciare il passo ai suoi colleghi più giovani. «Non è infatti un caso se abbiamo dedicato il nostro articolo a lui e se abbiamo deciso di pubblicarlo il giorno del suo compleanno», hanno infatti dichiarato i tre studiosi.

«Ho lavorato per la prima volta con Dick nel 2003 – ha aggiunto Ydenberg, sottolineando l'importanza del lavoro di questo ricercatore – All'epoca era uno scienziato indipendente e autofinanziato, con un interesse ossessivo nell'osservazione dei pellegrini che aveva sin da quando era un adolescente. Non c'era nessun'altra fonte migliore al mondo per il tipo di informazioni che cercavamo e fortunatamente lo avevamo vicino al luogo in cui volevamo raccogliere i nostri dati».

Analizzando il contenuto di queste numerose registrazioni, i tre scienziati si sono resi conto che quando i piovanelli volavano in gruppo sull'oceano – cosa che hanno fatto nel 68% dei giorni di osservazione – non riuscivano a farlo per più di tre ore al giorno. Se infatti avessero voluto volare più a lungo si sarebbero stancati troppo, diventando così molto più vulnerabili una volta tornati sulla terraferma. Inoltre, non si alzavano mai in volo quando le condizioni del vento lo rendevano energeticamente troppo costoso. Subito prima e dopo l'alta marea, però, quando l'oceano inglobava le dune di sabbia immediatamente accanto alla battigia, un alto numero di piovanelli finiva più spesso vittima dei pellegrini che attaccavano dall'alto tutti gli esemplari che gli capitavano a tiro.

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A quel punto i ricercatori si sono chiesti, perché i pellegrini attaccano così a ridosso dell'alta marea e come aumentano le loro chance di successo? La ragione starebbe nella maggiore difficoltà per i piovanelli di riprendere il volo e raggrupparsi durante le fasi precedenti all'alta marea. In questi momenti, infatti, il vento soffia dall'oceano verso la terraferma, rendendo più difficile ai piovanelli librarsi in aria e raggrupparsi in stormi. Se però i falchi pellegrini cominciano a prendere di mira alcuni esemplari inducendoli a volare in queste fasi energeticamente più dispendiose, ciò comporta che questi animali si stanchino più facilmente diventando così più vulnerabili

Inoltre, spingendo i piovanelli a volare e a radunarsi prima del periodo in cui solitamente tornano sulla terraferma dopo un lungo periodo passato a volare sull'oceano, i pellegrini privano le loro prede dell'opportunità di procurarsi il cibo e li inducono a spendere maggiori energie che vengono sottratte ai successivi veri attacchi, che diventano così più efficaci. Il risultato dei falsi attacchi, quindi, è quello di vessare le prede e fargli consumare le energie in modo che non possano poi fuggire in maniera rapida quando arriva il vero attacco.

«Ovviamente ci sono anche altre ipotesi che potrebbero spiegare questi risultati. Testarle richiede tuttavia il monitoraggio dettagliato dei singoli pellegrini – spiega Ydenberg, in una nota che commenta il suo studio – Ciò non sembra fattibile a Boundary Bay, ma poiché le idee di base dovrebbero applicarsi in modo più ampio, i test potrebbero avvenire in altri luoghi».

In generale, comunque, gli scienziati convengono che questo studio conferma anche il modello Wolf-Mangel e spiega come mai i falchi pellegrini prosperano lungo le coste della Columbia Britannica.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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