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8 Dicembre 2022
9:14

I colpi di coda, la potente arma dell’anchilosauro

La coda tipica degli anchilosauri ha affascinato generazioni di piccoli appassionati di dinosauri. Oggi una nuova scoperta può rivoluzionare le conoscenze sull'utilizzo che ne facevano.

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Tra i dinosauri più facilmente riconoscibili del periodo Cretaceo ci sono gli anchilosauri, erbivori pesantemente corazzati simili ad armadilli dalle dimensioni di un'auto, che disponevano di code modificate in armi simili a mazze. Per decenni si è creduto che la mazza presente all'estremità della loro coda, un po' come per quella degli stegosauri giurassici, fosse un adattamento necessario per contrastare l'attacco dei predatori, ma nuove scoperte fossili, pubblicate su Biology letters da paleontologi provenienti dal Dipartimento di Scienze della Terra e dell'Oceano dell'Università di Victoria e dal museo Royal British Columbia, mettono in discussione questa teoria.

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DANIELLE DUFAULT/© ROYAL ONTARIO MUSEUM

Una mazza versatile

Chiariamoci: è indubbio che disporre di una arma così minacciosa come una mazza sulla punta di una coda potesse essere anche molto utile per contrastare i predatori. Soprattutto considerando i pericolosi teropodi che sembravano dominare l'America settentrionale come l'Africa e l'Eurasia – tra cui c'era il Tarbosauro , il T-rex, il Carcarodontosauro e il Carnotauro – è logico aspettarsi che gli anchilosauri avessero sviluppato un comportamento difensivo che prevedesse l'uso della coda e delle piastre ossee che gli ricoprivano il capo e la schiena come arma contundente e deterrente nei confronti dei predatori.

Lo studio però pubblicato dagli scienziati canadesi riflette sull'uso quotidiano e non straordinario di queste pericolose mazze, attraverso l'analisi un nuovo reperto fossile, trovato ai confini con il Montana. Questo appartiene ad una nuova specie (Zuul crurivastator, che prende il nome da un demone presente nel film di Ghostbusters) e presenta dei particolari segni proprio sulla punta della coda che offrono una visione alternativa del suo uso.

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Il reperto analizzato dagli scienziati canadesi

Come è possibile vedere meglio dall'immagine che hanno presentato all'interno del loro articolo, i paleontologi canadesi, tra cui spicca Victoria Arbour del Royal British Columbia museum,  hanno notato sulla superficie del fossile cinque punte rotte sui lati della coda. Tali cinque segni sono molto differenti dalle altre tracce che si sono osservate negli anni sulla superficie di code fossili di altri animali, poiché non presentano graffi o morsi che è possibile attribuire a qualche predatore. Le analisi statistiche del team hanno difatti mostrato che le punte danneggiate sono raggruppate in regioni specifiche della coda, ovvero principalmente nella parte più spessa, posta ai lati.

Se un grande dinosauro carnivoro avesse provocato queste ferite, probabilmente infatti i tagli sarebbero distribuiti in modo più casuale e includerebbero frammenti di denti, molto comuni nei resti di animali predati dai teropodi. Questo di solito accadeva perché animali come il Tirannosauro o il Carcarodontosauro producevano costantemente un grande numero di denti, molto simili ad arpioni come quelli posseduti dagli attuali squali. Se la carne della preda era difatti troppo dura o il dente del predatore rimaneva conficcato in qualche osso o piastra, ai predatori conveniva molto di più "perdere" i denti scheggiati e produrne di nuovi, rispetto al tentare di liberarsi le fauci, favorendo così anche il sanguinamento della preda che rimaneva ferita.

Nulla di tutto ciò si osserva nella coda fossile dello Zuul crurivastator. Dunque i segni che è possibile trovare ai lati della coda devono avere un'altra origine. Tra l'altro le punte ossee che è possibile vedere sulla superficie del fossile sembrano essersi rotte, per quanto presentino ancora una certa stabilità, a seguito di un grande urto, come se la coda fosse stata lanciata come un martello.

Tra tutti i comportamenti coerenti che gli scienziati hanno ritenuto credibili, quello che è parso più adeguato a tale tipologia di lesioni è un comportamento noto in inglese come clubbing, che prevedeva il cozzare la coda contro la schiena di potenziali avversari, come risoluzione per dispute territoriali o legati all'approvvigionamento delle femmine, proprio come fanno oggi i cervi e le giraffe.

Tra l'altro nell'olotipo della specie, gli scienziati hanno trovato delle piastre corazzate ai fianchi e nella regione dell'anca dell'animale piuttosto malconci, che presentavano ferite inflitte dall'oscillazione laterale della coda di un probabile avversario in un combattimento ritualizzato.

Questi indizi hanno indotto i paleontologi a credere che le code fossero principalmente utilizzate principalmente contro animali appartenenti alla stessa specie.

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I paleontologi nell'articolo affermano anche: «Non siamo riusciti a trovare prove convincenti della predazione come pressione selettiva chiave nell'evoluzione della mazza della coda. L'elevata variazione delle dimensioni di quest'arma nel tempo e la sua crescita ontogenetica ritardata (ovvero che si è presentata tardi nell'albero evolutivo della famiglia degli anchilosauri) supportano ulteriormente l'ipotesi della selezione sessuale».

Questo vuol dire che la Arbour e gli altri scienziati che hanno effettuato lo studio sono poco propensi nel credere che la mazza si sia evoluta originariamente come strumento di difesa. Ritengono infatti che si stata molto più utile come arma nella competizione fra maschi, rispetto ad un vero conflitto con i predatori. «Non c'è dubbio che la mazza della coda avrebbe potuto essere usata in difesa quando necessario, ma i nostri risultati suggeriscono che la selezione sessuale ha guidato l'evoluzione di quest'arma impressionante».

Queste affermazioni ovviamente mutano completamente la visione che i paleontologi avevano di questi affascinanti animali.

I costi e i benefici

Ovviamente, lo sviluppo di un'arma potenzialmente letale aveva dei grossi costi per la salute dell'animale.

Intanto, dovendoci immaginare lo sviluppo di questi rettili, non possiamo non svolgere dei paragoni con gli animali attuali che presentano armi similari.

Prendendo per esempio i palchi dei cervi (Cervus elaphus), noi sappiamo che i maschi di questa specie si sacrificano tantissimo per produrre ogni anno un nuovo paio di corna. Il loro organismo subisce un enorme stress fisico, mediato dal testosterone, e i loro scheletri presentano persino una sorte di osteoporosi programmata, utile soprattutto per condurre buona parte delle riserve di carbonato di calcio alle corna in sviluppo. Questo ovviamente conduce i cervi a spendere buona parte delle energie per formare le corna più belle, che hanno sì lo scopo di difendere l'animale dall'aggressione di lupi e altri predatori, ma soprattutto quello di renderlo appariscente durante la stagione degli amori.

Se dovessimo perciò immaginare l'anchilosauro simile alle specie attuali, per garantirsi una "mazza" in salute e un "esoscheletro protettivo" sulle spalle, gli animali dovevano puntare buona parte delle risorse accumulate con il cibo verso la produzione di queste armi, con un costo che diveniva sempre più gravoso con l'andare degli anni e della competizione sessuale all'interno di una popolazione più o meno numerosa.

Inoltre non sappiamo se gli esemplari più giovani disponessero o meno di questi strumenti di offesa. Si tratta sempre di una speculazione, ma è possibile che – come le specie attuali -i giovani di anchilosauro fossero privi delle armi tipiche della maturità sessuale o presentassero code "più morbide", con un maggior rischio di non accedere alle femmine o di finire vittime dei predatori.

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Raggiunta però l'età necessaria per produrre le versioni adulte delle mazze e delle piastre, le possibilità per gli esemplari di riprodursi o di sopravvivere ad un incontro con un altro individuo della stessa specie – o con un T-Rex – miglioravano, ed ecco che le mazze sono state positivamente selezionate, per quanto fosse molto dispendioso produrle.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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