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14 Gennaio 2023
9:34

Ha valore l’etichetta “carne di allevamento sostenibile”?

Una gran bella iniziativa che però, come sempre manca di qualcosa di fondamentale per essere attuata. Praticamente una scatola vuota che non ha nessun valore perché non esistono enti certificatori autorizzati a rilasciare l’etichetta né un disciplinare approvato da una commissione tecnica titolata.

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Se con l’inizio del 2023 è diventato possibile utilizzare l’etichetta “prodotto da allevamento sostenibile” sugli alimenti per far sapere ai consumatori i prodotti che derivano da pratiche virtuose in termini di benessere animale, tale etichetta ancora non si è mai vista.

Facciamo un passo indietro: dopo l’approvazione in Conferenza Stato-Regioni, il 16 dicembre scorso, il ministero dell’Agricoltura ha emanato il decreto ministeriale n. 646632 che istituisce il Sistema di qualità nazionale zootecnia (Sqnz).

L’obiettivo del Sqnz è identificare un prodotto finale che abbia caratteristiche specifiche, quali particolari metodi di produzione o una qualità significativamente superiore alle norme commerciali correnti in termini di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali o tutela ambientale. Inoltre, assicura una tracciabilità completa dei prodotti.

Una gran bella iniziativa che però, come sempre, manca di qualcosa di fondamentale per essere attuata. Ovvero gli enti certificatori autorizzati a rilasciare l’etichetta, ma soprattutto un disciplinare approvato da una commissione tecnica titolata, che stabilisca i requisiti per la certificazione.

Al momento, non c’è né l’uno né l’altro, il ché significa che il decreto è praticamente una scatola vuota e che per arrivare a un bollino di qualità sulle confezioni di carne made in Italy, la strada sarà ancora molto lunga.

Tra le istanze di riconoscimento che sono rimaste in attesa, c’è anche quella del novembre 2021 dell’associazione della maggior parte dei produttori di carne bovina italiani, Italia Zootecnica, in merito a un “Disciplinare allevamenti sostenibili”.

I produttori alimentari sono sempre più consapevoli che il tema della sostenibilità degli alimenti sta diventando sempre più importante per i consumatori.  La battaglia per il benessere animale ha fatto il resto. Le persone si interessano sempre di più alla vita degli animali negli allevamenti e conoscono ormai le condizioni inaccettabili alle quali quali vengono sottoposti le bestie in gabbia.

Animali chiusi in box di un metro quadrato, come nel caso dei maiali e delle scrofe, che si feriscono tra loro a causa dell’elevato stress dovuto al sovraffollamento.  Per questo l’intenzione degli allevatori è quella di poter consentire alle aziende agricole che volontariamente si impegnano a garantire nelle loro stalle standard superiori a quelli previsti per legge di ottenere una sorta di attestazione di italianità in fatto sia di alimentazione certificata di qualità degli animali, di assenza di antibiotici, di assenza di parassiti, di clima controllato nelle stalle e di rispetto delle condizioni di lavoro degli addetti.

Sui prodotti con queste caratteristiche, si sarebbe dovuto apporre il marchio “Consorzio sigillo italiano”, che esiste già dal 2018 per i prodotti che rispettano i disciplinari riconosciuti dal Mipaaf, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con dal 2023 l’aggiunta “allevamento sostenibile”.

Ma su tutto questo, per ora aleggia il silenzio.

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Simona Sirianni
Giornalista
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