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29 Dicembre 2022
16:11

Gli scienziati russi vogliono risvegliare un pericoloso virus da un mammut mummificato

Un'equipe di scienziati del Centro di ricerca statale russo di virologia e biotecnologia Vector vuole ricavare dal corpo mummificato di un mammut siberiano i virus che hanno portato alla morte l'animale. Questi "virus zombie" potrebbero essere molto pericolosi per l'uomo.

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Una equipe di scienziati del Centro di ricerca statale russo di virologia e biotecnologia, noto come Vector, è intenzionato a estrarre dal corpo mummificato di un mammut siberiano del materiale cellulare, per ricavarne i virus che hanno portato alla morte l'animale. Questi virus potrebbero essere molto pericolosi per la specie umana e causare una nuova possibile pandemia. E per quanto questo possa risultare la trama di un film, lo studio di questi pericolosi paleovirus rappresenta un rischio reale, di cui larga parte della comunità scientifica ha timore.

Gli scienziati russi sono infatti già avvezzi a questa tipologia di ricerca. A partire dal 1979, una delle filiali del Vector fu utilizzata come impianto per la produzione di armi biologiche da impiegare durante la guerra in Afghanistan. Durante l'era sovietica, il centro rilasciò accidentalmente le spore di micidiali batteri dell'antrace. La conseguente epidemia di antrace che ne conseguì uccise almeno 66 persone che abitavano attorno alla zona, anche se le autorità sovietiche hanno negato per anni che l'incidente fosse accaduto.

Oggi, la struttura principale del Vector ospita uno dei biolaboratori più grandi di tutto il mondo e al suo interno lavorano centinaia di genetisti e biologi, impiegati ufficialmente per lo sviluppo delle biotecnologie utili per contrastare la Covid-19.

L'idea che i russi tentino di estrarre il DNA di un paleovirus da tempo dormiente, ha causato allarme tra gli esperti come Jean-Michel Claverie, professore di microbiologia all'Università di Aix-Marsiglia in Francia.

Proprio il mese scorso, il professore francese era divenuto protagonista di una ricerca molto simile a quella proposta ora dai russi, avendo rianimato nove ceppi di virus "zombie" siberiani, rimasti congelati sotto il letto di un lago per quasi 50.000 anni. L'enorme differenza però che si presenta confrontando gli studi dell'equipe francese con la ricerca russa è che Claverie ha estratto virus che possono infettare solo l'ameba unicellulare. I suoi virus non minacciano gli animali o gli esseri umani.

«La ricerca che stanno svolgendo i colleghi russi del Vector è terribile. Sono totalmente contrario – ha detto Claverie – È molto, molto rischioso. Il nostro sistema immunitario non ha mai incontrato questo tipo di virus. Alcuni di loro potrebbero avere 200.000 o addirittura 400.000 anni. E per quanto arcaici, i virus antichi che infettavano gli animali o gli esseri umani possono ancora essere capaci di sviluppare infezione, mettendo in pericolo la fauna globale e la nostra stessa sopravvivenza».

Per quanto riguarda invece i livelli di biosicurezza dei centri di ricerca collegati al Vector, Claverie afferma: «Non sarei molto sicuro che dopo la Covid-19 siano stati aggiornati».

La ricerca effettuata dal Vector non è però l'unica minaccia virale che proviene dalla regione. Grazie al riscaldamento globale, la seconda area ghiacciata più vasta del Pianeta – quella ricoperta dal permafrost – si sta sciogliendo. Da esso possono emergere molte minacce infettive con cui il Sistema sanitario internazionale non saprebbe reagire nel breve periodo, come è successo durante le prime fasi della Pandemia da Covid-19. E questa non è una storia di fantascienza: è un eventualità che è già successa.

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Alcuni anni fa, l'estremo nord della Russia ha sperimentato temperature estive proibitive, per le medie stagionali della regione. Contemporaneamente al disgelo parziale del ghiaccio, 72 persone, tra cui 41 bambini, si ammalarono e sono state ricoverate in ospedale per infezioni misteriose provocate da un organismo che era rimasto sepolto per millenni sotto il ghiaccio. Il microbo era, ancora una volta, l'antrace, seppur questa volta non provenisse da un laboratorio russo, ma dai resti umani e dagli animali sepolti nel permafrost in disgelo. Infatti le acque alluvionali prodotte dallo scioglimento del ghiaccio avevano eroso gli argini dei fiumi dove i nomadi preistorici della zona seppellivano i morti. Questi cadaveri diseppelliti dalla potenza dell'acqua erano colmi di spore di antrace.

«Per questa ragione ritengo ancora più pericoloso che il Vector studi proprio quegli animali che presentano le testimonianze fossili di una morte per infezione» conclude Claverie. «Anche se dovessero essere spinti solo dall'interesse scientifico e non siano spinti da ingerenze militari, prima dovrebbero essere completamente sicuri che tali organismi non si risveglino e non siano nocivi per l'uomo». Considerando come qualche anno fa il Vector fu colpito da un incendio, nel 2019, di certo non si può dire che gli standard di sicurezza attuati dagli scienziati russi mettano al sicuro da critiche la struttura.

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Le spore di antrace possono tra le altre cose sopravvivere in resti umani e animali congelati per centinaia di migliaia di anni, in attesa di essere rilasciate, secondo Alexey Kokorin, Direttore del programma climatico ed energetico di WWF Russia. Visto inoltre come la Russia rappresenti il più grande stato artico, lo sviluppo economico e tecnologico connesso ai cambiamenti climatici e alla riduzione del ghiaccio marino, per quanto trascurabile in alcune regioni, è sia un'opportunità che una sfida per il paese nel suo insieme. Gli scienziati russi in futuro potrebbero essere indotti a svolgere sempre più ricerche nelle stesse aree in cui sono presenti le mummie colpite dall'antrace, per differenti ragioni.

Bisogna quindi stare all'erta, concludono in breve alcuni esperti coinvolti, commentando le notizie provenienti da Mosca.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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