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19 Maggio 2022
15:51

Epatite acuta nei bambini e ipotesi legame con i cani. Il veterinario virologo: «Allarme ingiustificato, facciamo chiarezza»

Continuano ad aumentare i casi di epatite acuta di origine sconosciuta nei bambini. Tra le possibili cause si è parlato anche di contatto con i cani, un'ipotesi azzardata ed esclusa dal Professor Nicola Decaro, veterinario e virologo del Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari.

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Continuano ad aumentare nel Regno Unito i casi di epatite acuta di origine sconosciuta nei bambini. Altri 13 bambini sono stati colpiti da questa nuova forma virale, che è stata individuata anche in altri 20 Paesi. La preoccupazione è alta, chiaramente e gli studi sulle possibili cause stanno procedendo serrati.

Infatti, anche se i dati ad oggi disponibili sembrano suggerire che la possibile causa possa essere un adenovirus, si continua a indagare a fondo, senza escludere qualsiasi altra ipotesi. Ma azzardare conclusioni affrettate come quella di un legame con i cani porta ad allarmare in maniera totalmente inutile la popolazione.

«Cerchiamo di sgomberare il campo da dubbi che sono completamente ingiustificati. Ma piuttosto facciamo un po’ di chiarezza», spiega a Kodami il professor Nicola Decaro, veterinario e virologo del Dipartimento Di Medicina Veterinaria di Bari.

«Nella maggior parte dei bambini colpiti da questa nuova epatite acuta, i medici hanno riscontrato alcuni adenovirus. Tra questi, il più frequente agente patogeno trovato è il ceppo di adenovirus enterico chiamato F41. Virus che però, è tipicamente umano – sottolinea il medico – Il fatto poi che, nel questionario compilato per fare l’anamnesi del paziente al fine di capire l’origine dell’infezione, il 70 per cento dei bambini con questa forma di epatite possedesse un cane, è un fattore davvero troppo poco rilevante e non affatto sufficiente a dimostrare una relazione causale».

Un’ipotesi, peraltro, particolarmente debole per via del fatto che, sebbene i cani abbiano i propri adenovirus che causano malattie respiratorie o epatiti, non c’è mai stato un caso finora in cui questi virus abbiano infettato l’uomo.

«È proprio così. Per questo possiamo affermare che non c’entrano sicuramente gli adenovirus che conosciamo del cane che, per il momento sono due soltanto: il primo è l’adenovirus del tipo 1, associato alla cosiddetta epatite infettiva, un virus tenuto completamente a bada dai vaccini. In Italia, infatti, focolai di epatite infettiva nei cani autoctoni si registrano raramente e sono legati soprattutto all’importazione incontrollata e illegale di cuccioli dall’est Europa dove la copertura vaccinale è molto bassa».

Il secondo è l’adenovirus di tipo 2: «Questo virus è associato a quella che nel passato si chiamava tracheo bronchite infettivatracheo bronchite infettiva, cioè una forte forma respiratoria che coinvolge le via aree superiori e fa parte oggi di una malattia ad eziologia complessa, la malattia respiratoria infettiva dei cani. In passato si chiamava “tosse dei canili”. È causata da alcuni virus e batteri che sono spesso associati tra loro. Una malattia blanda, però, non mortale come l’epatite infettiva».

La cosa però importante da evidenziare è un’altra: «Non solo importante, ma fondamentale: e cioè che non c’è mai stato un caso di trasmissione di questi adenovirus dal cane all’uomo. Anche perché, agli adenovirus non piace tanto saltare di specie come invece amano fare i coronavirus».

Questo ci permette di dire che non possono essere quelli del cane ad aver scatenato la malattia nei bimbi? «Certo su questo non esistono dubbi. E visto che se ci sono altri virus che possono passare dal cane all’uomo la scienza ancora non lo sa, al momento il ragionamento di un possibile legame tra epatite e cani è altamente speculativo».

Per fare un collegamento preciso, quali dati bisognerebbe ottenere? «È semplice: lo stesso virus che troviamo nei bambini va trovato negli animali, almeno. Possibilmente nei cani che vivono con i bambini presi in esame. Ma al momento questo non è successo. Oltretutto, la comunità scientifica non è nemmeno certa che si tratti dell’adenovirus F41, perché comunque non è stato riscontrato in tutti i casi. Probabilmente lo sarà, ma trovare un virus in un soggetto non significa avere la certezza che sia esattamente quello a causare la malattia di cui ci stiamo occupando».

Sgomberiamo ancora una volta, allora, il campo da questo dubbio con le parole conclusive del professore Decaro: «Assolutamente, perché lo ripeto, l’unico modo per cui ci sarebbe potuto essere un legame, sarebbe stato o trovare l’adenovirus F41 nel cane o, al contrario, un adenovirus del cane nei bambini. Al momento tutto questo non c’è. I media dovrebbero puntare a spiegare piuttosto che a mettere in apprensione senza un giustificato motivo».

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Simona Sirianni
Giornalista
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