Le condizioni della leonessa di cinque mesi recuperata mentre vagava per le strade di Subotica, in Serbia, sono ancora molto instabili, ma i veterinari dello Zoo-giardino di Palic, dove è stata portata la cucciola, stanno lavorando alacremente per cercare di farla riprendere al più presto. Non è ancora noto come l'animale selvatico, al quale i medici hanno dato il nome di Kikica, sia finito per le strade della città serba: la polizia è al lavoro per capirlo, ma l’ipotesi più accreditata è che quel cucciolo fosse destinato al mercato nero.
Come ha spiegato ai media la direttrice dello zoo di Subotica, Sonja Mandić, il nome dell'animale gli è stato dato dal veterinario che per primo lo ha curato e che è rimasto colpito «dai suoi occhi grandi e dalle lunghe ciglia» aggiungendo che la piccola leonessa, purtroppo, «è ancora in una situazione critica» e che quindi «in questo momento, sarebbe azzardato fare qualsiasi valutazione sul suo stato di salute».
La cucciola è arrivata allo zoo in pessime condizioni, disidratata e affamata e con la temperatura corporea molto più bassa di quella che dovrebbe avere un felino della sua specie. «Il primo giorno gli abbiamo dato solo qualcosa di caldo da bere, mentre i giorni seguenti abbiamo cominciato con la carne» racconta un’operatrice dello zoo – Ma la leonessa, anche se aveva circa cinque mesi, non riconosceva cosa fosse e non l'ha mai assaggiata, quindi le stiamo insegnando a mangiare il suo cibo naturale» .
Dalle analisi del sangue è emerso che l'animale ha un'infiammazione del tratto digestivo, pertanto sta ricevendo una terapia adeguata e, inoltre, spiegano ancora dallo zoo «ha anche i muscoli delle zampe posteriori atrofizzati, cosa che indica che, oltre a non essere stata adeguatamente nutrita, non aveva a disposizione nemmeno lo spazio per muoversi a sufficienza e nel modo di cui avrebbe bisogno».
Secondo lo zoo si può presumere che il cucciolo sia una vittima del mercato nero, che non cessa di esistere nonostante sia vietato in Serbia dalla legge sulla protezione degli animali che punisce il trattamento inadeguato degli animali e la tratta di animali selvatici. «Non bisogna mai stancarsi di ripetere – ha detto la direttrice dello zoo – che gli animali selvatici non dovrebbero essere acquistati come peluche, o come status symbol, perché non sono domestici, né possono diventarlo. Nessun privato cittadino può fornire cure adeguate a quell'animale, così come non è in grado di fornirgli tutte le cure necessarie, per non parlare delle misure di sicurezza affinché non scappi e non finisca per esempio in strada diventando un pericolo per la vita di altre persone e per sé stesso».
Se il cucciolo di leone rimarrà permanentemente nello zoo di Palić, non è ancora possibile saperlo, poiché decisioni di questo tipo vengono prese dal Ministero per la protezione ambientale e dal Gruppo per l'attuazione della Convenzione CITES sul commercio internazionale delle specie selvatiche minacciate di estinzione.
Se le ipotesi si riveleranno corrette anche il caso della leonessa, purtroppo, andrà ad aggiungersi ai tanti casi che fanno del mercato nero di animali selvatici ed esotici un mercato ancora molto fiorente. Conseguenza della carenza di leggi severe per difendere rettili, mammiferi, pesci, tigri e pantere dal finire nelle case di miliardari senza alcuno scrupolo come animali da compagnia, quando va bene o, addirittura, in preparati di varia natura come ingredienti della medicina orientale tradizionale.
L’elevato apprezzamento di queste specie guida, infatti, un traffico tanto illegale quanto pericoloso perché, oltre a mettere a rischio la conservazione di molte specie, danneggia gli ecosistemi da cui noi stessi dipendiamo senza contare i rischi collaterali, come ormai sappiamo, delle zoonosi. Inoltre, è sbagliato pensare anche che il fenomeno avvenga in paesi molto lontani da noi, perché non è affatto così: il traffico illegale ci coinvolge, eccome. Non solo come hub o riferimenti per l’export in alcuni casi, ma anche come diretti consumatori. Come nel caso di molte specie di uccelli catturate illegalmente in Italia per l’alimentazione o per essere usate come richiamo dai cacciatori.
Fermare questo mercato è la volontà di tutti coloro che vorrebbero veder finire questa vergognosa monetizzazione degli animali a uso umano. Coloro che sanno anche, però, che finché continueremo a trattare la natura come qualcosa da poter sfruttare, soprattutto se si hanno abbastanza soldi e potere, il nostro pianeta sarà sempre più in pericolo.