Così finisce la vita di M90, l’orso ucciso dalla politica che non protegge nessuno

La morte dell'orso avvenuta per abbattimento è solo l'ultima traccia di sangue lasciata nei boschi del Trentino ma l'habitat politico è quello che conta di più: dalla morte di Andrea Papi era tutto scritto. E c'è solo una soluzione da mettere in pratica: creare cultura ed educazione alla convivenza. E non va fatto nei boschi ma in ogni singola aula scolastica del nostro cosiddetto "Belpaese" che di bello, ogni giorno, sta mostrando sempre di meno.

7 Febbraio 2024
16:25
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M90 è morto il 5 aprile del 2023, a sua insaputa. Era infatti ancora in vita mentre Andrea Papi, purtroppo, finiva la sua esistenza in Val di Sole, in Trentino, dopo lo sfortunato incontro con un'orsa, JJ4, ora detenuta al Casteller e con una condanna a morte che le pende ancora sul capo.

M90 chissà che stava facendo in quei giorni: era un individuo giovane sui due anni e mezzo, pieno di vita, e sicuramente girava curioso per le sue terre, nel luogo in cui è nato e cresciuto e dove avrebbe dovuto passare la sua vita in libertà, come dovrebbe essere diritto di ogni essere vivente che abita questo Pianeta, animale umano o non che sia.

Ma alcuni animali umani, perché ogni tanto fa bene ricordare che tali siamo, hanno deciso che non c'era abbastanza spazio per lui tale da consentire a noi di vivere lontano dal rischio di un incontro. Così M90 è stato ucciso e sulla lapide, che ovviamente non avrà, sarà indicata come data della sua fine il 6 febbraio del 2024. Ma sarebbe appunto più onesto dichiarare apertamente che è da quando JJ4 e Papi hanno incrociato i loro passi che in Trentino è cambiato il destino di tutti gli orsi che, non dimentichiamolo, sempre noi umani abbiamo riportato su quel territorio.

Dal 1998 al 2004, infatti, il territorio è stato ripopolato dagli orsi bruni attraverso il progetto Life Ursus: in quella zona ne era rimasto solo uno sparuto gruppo sulle Alpi centrali e così furono rilasciati alcuni individui provenienti dalla Slovenia che si sono poi riprodotti con successo. Tra questi c'erano anche Joze e Jurka, i genitori di JJ4.

Insomma, la vita di altre specie continua a essere influenzata dal nostro comportamento e dalle nostre decisioni, qualsiasi siano: facciamo azioni mirate a rimediare agli errori del passato e poi però ritorniamo a attuare soluzioni estreme quando non siamo in grado di gestire la convivenza che abbiamo noi voluto provare a far sussistere.

Questa non è solo la mia opinione, sia chiaro. E' un dato di fatto ed è avvalorato da persone decisamente più esperte di me. Il mio ruolo, del resto, è quello di essere una giornalista che vorrebbe riuscire a tenere la barra dritta verso una informazione corretta e soprattutto che ci tiene a denunciare quanto influisca sul benessere di tutti, non solo degli animali, quello che viene definito "habitat politico", ovvero le conseguenze che paghiamo delle scelte di chi è al potere. Questo termine lo si usa per parlare delle scelte politiche sugli animali ma, se ci pensiamo bene, è quello in cui siamo immersi ogni giorno anche nella nostra vita di cittadini a seconda, appunto, del "colore" di chi siede sulle poltrone del potere.

«Siamo stati noi esseri umani, tempo fa, a portare l’orso fino all'estinzione sulle Alpi e siamo stati nuovamente noi a fare in modo di reimmetterli sul territorio. Ora siamo inevitabilmente parte integrante di questo processo e non possiamo certo avere la convinzione di sentirci liberi dalle responsabilità che riguardano il loro destino», ha spiegato Andrea Mustoni a Kodami, lo zoologo che ha operato in prima persona per quel ripopolamento e che oggi è responsabile dell’area scientifica del Parco Naturale Adamello Brenta.

E siamo noi esseri umani, oggi, nella persona del presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti, ad aver dato il via libera a quello che rischia di diventare un lasciapassare definitivo alla "caccia all'orso", soluzione unica prevista dalla politica e avvalorata dall'ISPRA che, bisogna ricordarlo, si è espressa favorevolmente all'uccisione di M90 considerato un soggetto pericoloso secondo le linee guida del "Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali".

Così un orso giovane è morto in conseguenza della morte di un essere umano, ancora prima di essere raggiunto dai forestali che hanno proceduto alla sua soppressione contro la quale, ovviamente, si stanno scagliando tutte le associazioni animaliste ma anche parte dell'opinione pubblica locale e nazionale.

C'è una politica più in alto dei singoli enti locali però che tace ma su cui pende, dal nostro punto di vista, una responsabilità importante di indirizzo concreto e mirato al benessere di ogni essere vivente. Gilberto Pichetto, ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, continua infatti a parlare a cose fatte, come già successo in occasione proprio del tragico evento in Val di Sole. Oggi il titolare del dicastero dice: «La soppressione non può essere l'unica alternativa. Se quanto fino ad oggi messo in campo con la provincia di Trento non è stato sufficiente, l'impegno da parte di tutti deve essere quello di moltiplicare gli sforzi per individuare ogni soluzione possibile a garantire una convivenza pacifica nei territori. Ho nuovamente mobilitato tutte le strutture che fanno capo al Ministero per definire una strategia tempestiva in cui l'abbattimento debba essere davvero la soluzione estrema».

Ebbene, caro Ministro, ci chiediamo perché l'uccisione, per altro annunciata da tempo, di questo orso debba portare a definire solo ora una "strategia" addirittura "tempestiva" quando nel frattempo, prima della morte di M90, negli ultimi mesi sono stati ritrovati i cadaveri di ben sette individui nei boschi del Trentino.

Sette cadaveri che con quest'ultima creatura abbattuta da mano umana diventano otto da quel 5 aprile del 2023 in cui la tempestività, appunto, avrebbe probabilmente aiutato a non lasciare nei boschi questa lunga scia di sangue.

E se proprio vogliamo fermarci alla parola tempestività ed essere onesti, la vera risposta da dare in tempi brevi in realtà doveva arrivare ancora prima della morte di Andrea Papi ed è racchiusa in un'unica soluzione, questa sì estrema ma che va assolutamente attuata: creare cultura ed educazione alla convivenza. E non va fatto nei boschi o solo in Trentino: ma in ogni singola aula scolastica del nostro cosiddetto "Belpaese" che di bello, ogni giorno, sta mostrando sempre di meno.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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