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Kodami Call

Cosa state facendo? Amarena morta a fucilate è il frutto della vostra ignominia

L'orsa Amarena è stata uccisa a fucilate in Abruzzo. Allo Stato, al potere che non possiede ma comanda senza dare l'unica direzione possibile - la tutela concreta di tutti gli esseri viventi - va l'ignominia più grande, perché ognuno di noi ha una grande responsabilità tra le pareti delle case verso le nuove generazioni, ma come diceva  Carl Gustav Jung: “I bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi”.

1 Settembre 2023
14:31
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Ma cosa state facendo? Ma cosa diavolo state facendo? Sì, voi e non noi. Voi che siete seduti sulle sedie del potere e voi che vi alzate la mattina o uscite la sera e… andate in giro con armi a sfogare le vostre frustrazioni uccidendo, cosa altro volete fare? E cosa altro vi permetteranno di compiere quelli che paghiamo e votiamo per tutelare la Vita su questa Terra?

orsa amarena
L’orsa Amarena con i suoi cuccioli (Paolo Forconi)

No. Questa volta non c'è spazio per usare quel tono da "siamo tutti esseri umani" e quindi "siamo tutti colpevoli". No. Questa volta noi ci tiriamo fuori e non abbiamo nessuna intenzione di rimarcare che facciamo parte della stessa specie di cui fa parte chi ha ucciso a fucilate l'orsa Amarena.

Basta. Basta con la gentilezza, con l'idea che "le persone che non capiscono ce la possono fare a cambiare…". Basta. Non c'è più tempo di tergiversare o solo intristirsi e fare un saggio sulle emozioni umane, "perdonare" come se non fossimo tutti in uno Stato di diritto, fatto anche di doveri, in cui è evidente che chi vuole fare ciò che desidera fare a prescindere dalle regole, come uccidere un'orsa a fucilate, si sente legittimato a farlo. Non è più tollerabile, basta. E le regole vanno cambiate, anche, non solo rispettate.

Ecco, sono qui a scrivere, in questa mattina di rabbia e frustrazione, su Kodami – il magazine dedicato alla relazione tra "animali umani e non" che dirigo e che segue dei valori ben precisi indicati nel nostro Manifesto – a chiedere che la giustizia sia giusta, per tutti.

E no. Non è ora il momento di rispiegare ancora una volta quanta bella umanità c'è in giro: lo facciamo ogni giorno da quasi tre anni, o di lasciare alla sensibilità comune il messaggio "siamo in tempo per un mondo migliore in cui la convivenza con le altre specie è ancora possibile". Questo è il senso del nostro progetto e lo sarà sempre, non c'è bisogno di ribadirlo ora ma invece di alzare la voce, in modo sempre costruttivo ma efficace, e far arrivare in modo chiaro e netto a tutti che non sopporteremo ulteriormente qualsiasi violenza e a prescindere da chi sia la vittima, uomini e donne compresi e non certo solo orsi, cani, lupi e tutti gli esseri viventi che abitano il Pianeta.

Basta. Il mondo ad oggi non è finito solo per una ragione, diciamocelo chiaramente e usciamo pure dalla dinamica animalista e dal pensiero che parlare di rapporto con altre specie sia qualcosa di "settoriale" e di poco conto rispetto "ai problemi dell'umanità": quello che facciamo agli altri è esattamente quello che facciamo anche a noi stessi.

Del resto, leggete in giro come viene data la notizia di un tizio che spara ad un animale e troverete spesso la precisazione «non era un'orsa pericolosa». Ma che vuol dire? Ma come è possibile che comunichiamo e informiamo le persone sottolineando questo aspetto? Ma smettiamola di raccontarci stupidaggini e di sottintendere che gli animali se sono "cattivi" allora va bene che ci sia chi imbracci una doppietta o anche arco e frecce (sì! In Italia si può fare!) per decimarli.

Su Kodami non pubblichiamo le foto di nessun essere vivente in cui si mostra quanto la sua dignità sia stata lesa. Andatelo a vedere da qualche altra parte lo scatto di Amarena riversa nel suo sangue. Noi non abbiamo nessun interesse e non ci vediamo nessuna utilità nel far vedere la morte in faccia alle persone: non modifica la percezione della violenza. E voglio farvi un esempio pratico e umano che molti oggi manco ricordano più, probabilmente: la foto che ha ottenuto pure un premio Pulitzer di Nick Ut in cui si vede una bambina in Vietnam, con le braccia in fiamme per il napalm versato dal cielo dai bombardamenti americani sui villaggi. Era il 1972, quello scatto viene considerato una pietra miliare del giornalismo e sì, colpì tantissimo l'opinione pubblica. Ma ci sono volute le persone in piazza per far arrivare un enorme "basta!" e non certo i social in cui ci tufferemo tutti, anche oggi, ripostando l'immagine dell'orsa agonizzante. E comunque, poi, ci sono voluti altri tre anni perché quell'orrore finisse (30 aprile 1975, caduta di Saigon e ritirata delle truppe Usa).

Ma quante altre guerre e violenze il giornalismo ha continuato a raccontare dall'epoca? Tante, troppe. Ancora oggi, del resto, ce l'abbiamo in Europa un massacro continuo di esseri umani e non con una ennesima guerra in corso.

Da un'orsa uccisa a fucilate alla bambina vietnamita e alla campagna di Russia in Ucraina, credetemi, il passo è breve. E' la stessa cosa, non ci sono grandi differenze. E no, noi non vogliamo far parte ancora di un'umanità che massacra se stessa e gli altri. E quel corpo di Amarena sull'asfalto grida a tutti noi di non limitarci a "chiedere che sia punito" chi ha agito ma che vengano messi sul banco degli imputati davvero coloro che continuano a sfruttare la nostra diligenza e che gli si faccia capire che se il mondo ancora esiste è solo grazie a noi: quelli che rispettano gli altri, chiunque essi siano.

Allo Stato, al potere che non possiede ma comanda senza dare l'unica direzione possibile – la tutela concreta di tutti gli esseri viventi – va l'ignominia più grande, perchè ognuno di noi ha una grande responsabilità tra le pareti delle case verso le nuove generazioni, ma come diceva  Carl Gustav Jung: “I bambini vengono educati da quello che gli adulti sono e non dai loro discorsi”.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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