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7 Febbraio 2023
18:37

Carrito era cieco da un occhio. Il direttore del Pnalm: «Chi parla senza sapere continua a maltrattarlo anche dopo morto»

«Juan Carrito è stato ucciso prima che dalla macchina che lo ha investito da tutti quelli che parlano senza sapere. E che anche dopo morto continuano a maltrattarlo». È la risposta del direttore del Pnalm Luciano Sammarone alle indiscrezioni che in queste ore stanno girando sul web.

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«Juan Carrito è stato ucciso prima che dalla macchina che lo ha investito da tutti quelli che parlano senza sapere. E che anche dopo morto continuano a maltrattarlo». Così il direttore del Parco nazionale d'Abruzzo e Molise (Pnalm), Luciano Sammarone, commenta con Kodami l'attenzione mediatica che anche dopo la morte l'orso marsicano continua a catalizzare su di sé.

Ad accendere il dibattito pubblico questa volta è la notizia della cecità di Juan Carrito dall'occhio destro, insieme alle ferite al collo provocategli dal radiocollare. Indiscrezioni che sarebbero contenute nel referto dell'esame autoptico dell'Istituto Zooprofilattico di Isernia dove è stato portato il corpo dell'orso a seguito dell'incidente del 23 gennaio 2023.

Al Parco, però, non è arrivato alcun referto autoptico: «Nel migliore dei casi le indiscrezioni sono inesattezze, per il resto si tratta di fake news», dice Sammarone. A catalizzare l'attenzione degli utenti è in particolare la notizia che Carrito avesse perso l'occhio destro, e per questo non avesse visto la macchina arrivare la sera dell'incidente: «Come Parco non abbiamo mai omesso di dire nulla agli enti coinvolti nella gestione di Juan Carrito: dal Ministero al Parco della Maiella era noto che Carrito avesse perso l'occhio destro. Non è stato fatto un comunicato ufficiale rivolto alle persone per lasciare tregua all'orso ed evitare che diventasse ancora di più oggetto di attenzione morbosa. E quello che stiamo leggendo in questi giorni conferma che è stata la scelta migliore nell'interesse dell'orso».

Venerdì il dibattito si è acceso quando lo zoologo Paolo Forconi ha pubblicato un lungo post nel quale accusava il Parco di avere taciuto sulla parziale cecità dell'orso marsicano: «Un tassello fondamentale sta emergendo nella parte finale della vita di JC – si legge nel post – Ma come è diventato cieco? Ci sono diverse versioni. La più probabile è che circa 2 -3 mesi fa JC fosse in un pollaio e spaventato dalla dissuasione sia scappato andando a sbattere contro dei ferri oppure sia stato colpito all’occhio da un proiettile di gomma. Quanto potrebbe aver sofferto a seguito del trauma all’occhio?».

In realtà, come racconta lo stesso Forconi a Kodami, era una notizia già nota a chi in Abruzzo seguiva la vita dell'orso: «Due mesi fa ho saputo che Carrito aveva un problema all'occhio, ma credevo fosse una semplice ferita che si era procurato in un combattimento con altro orso. Poco dopo anche i guardiaparco hanno confermato la cosa dicendo che aveva perso l'occhio, ma ero ancora scettico fino a quando non ho appreso io stesso attraverso la Rete dei risultati dell'esame autoptico». Quella indicata da molti media come la fonte delle indiscrezioni dell'Izs, in realtà non lo era affatto.

La verità è che non si potrà mai stabilire con esattezza come Carrito abbia perso l'occhio, spiega Sammarone: «Era un orso libero e quindi è impossibile stabilire quando sia accaduto precisamente, ma tra gli orsi incidenti di questo tipo sono più frequenti di quanto si pensi. Quello che possiamo dire con certezza rispetto a quanto è stato diffuso è che la menomazione non ha influito in alcun modo sulla dinamica dell'incidente. Chi dice il contrario ragiona da essere umano senza avere presente a quali sensi si affida l'orso».

Secondo i rilievi effettuati dal Parco, emerge che Juan Carrito dal muretto alla corsia dove è avvenuto l'incidente ha compiuto un unico grosso balzo, non ha quindi attraversato la strada come farebbe una persona. «L'ultima impronta di Juan Carrito è un posteriore sinistro sul muretto, ciò significa che si è lanciato sulla superstrada. A riprova di questa ricostruzione c'è l'assenza di impronte nella cunetta appena sottostante al muro».

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L’impronta dell’orso

Sulle ferite aperte procurategli dal radicollare il Parco smentisce categoricamente: «È del tutto falso – ribatte Sammarone – Carrito non aveva alcuna infezione al collo, i nostri veterinari hanno certificato che le ferite procurate dal radiocollare si erano rimarginate del tutto. Come ogni altro orso d'Abruzzo aveva un Drop-off, ma si era rotto, non sempre questi strumenti sono compatibili con ogni individuo, e Carrito come sappiamo era unico nel suo genere».

Sammarone è tornato a difendere la scelta di lasciare Carrito in libertà: «L'orsa Yoga che aveva subito un intervento viveva in un recinto da 25 anni. Noi ci siamo battuti affinché invece Carrito vivesse, e morisse, da animale libero. La superficialità con cui ancora si parla di Jan Carrito dovrebbe spaventarci».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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