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5 Luglio 2023
11:38

Andrea Papi ucciso dall’orsa, i familiari chiedono giustizia: «Nessuno si è preso la responsabilità»

A tre mesi esatti dalla morte del 26enne Andrea Papi a causa dell'orsa JJ4, i familiari del giovane pubblicano una dura lettera aperta contro le istituzioni ritenute responsabili della morte del giovane.

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orso

A tre mesi esatti dalla morte del 26enne Andrea Papi a causa dell'orsa JJ4 nei boschi non lontano dalla sua abitazione in Val di Sole, nulla è cambiato nella gestione dei plantigradi in Trentino. Lo denuncia la famiglia del giovane che in una lettera aperta ha manifestato tutta l'amarezza e il dolore nel constatare che l'amministrazione trentina e il dibattito pubblico, si è concentrato esclusivamente sull'animale responsabile dell'aggressione.

«Sono passati tre mesi esatti dalla tragedia e, purtroppo, dobbiamo constatare che non è cambiato nulla. Anzi, si continua a parlare sempre e soltanto dell'orsa, delle sue condizioni di salute, di quello che le accadrà, qualcuno ha addirittura detto che è stressata, dimenticando che noi abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un dramma immenso e che non riusciamo a darci pace. È una vergogna quello che sta accadendo», si legge nella missiva firmata da Carlo Papi, Franca Ghirardini, Laura Papi e Alessia Gregori, rispettivamente genitori, sorella e fidanzata di Andrea.

La rabbia della famiglia è indirizzata verso il progetto Life Ursus, attraverso il quale all'inizio degli anni Duemila un gruppo di dieci orsi bruni provenienti dalla Slovena sono stati reintrodotti in Trentino per ripopolare l'arco alpino, dove ormai era rimasto uno sparuto gruppo di maschi destino a scomparire. Il progetto stato è avviato dal Parco Adamello Brenta con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, usufruendo di un finanziamento dell’Unione Europea.

Dal 2004 la gestione del progetto è passata dal Parco alla Provincia, come ha ricordato in esclusiva per Kodami il coordinatore Tecnico del Life Ursus e responsabile comunicazione scientifica del Parco Adamello Brenta, Andrea Mustoni:«Ciò che è accaduto dopo il 2004, ovvero dopo la fine fisiologica del progetto di cui sono stato coordinatore, non può essere chiamato LifeUrsus, ma è il progetto di gestione e conservazione degli orsi in Trentino».

Mustoni, considerato il padre del Life Ursus, in un lungo sfogo ha criticato duramente la gestione politica di un progetto scientifico: «Sono convinto che l'errore sia stato quello di gestire, dopo il 2004, in maniera ordinaria una situazione che era ancora straordinaria e richiedeva sforzi economici e di risorse umane. In queste situazioni è indispensabile lavorare con una comunicazione seria, sincera, massiccia e trasparente che raggiunga tutti i livelli della popolazione. Questo non l'ho visto. Le genti trentine hanno bisogno di sapere cosa fanno gli orsi sul territorio e bisogna quindi studiare il loro comportamento per raccontarlo agli abitanti e anche agli ospiti che raggiungono queste terre per turismo. Non penso che mancassero le risorse economiche: se fossero state investite in questi ambiti, forse, oggi, non bisognerebbe rincorrere all'emergenza, come sta succedendo in questi giorni».

Anche i familiari della giovane vittima, la prima morta in Italia a causa di un orso, hanno sottolineato come un evento tanto tragico fosse però anche atteso all'interno della comunità della Val di Sole: «Andrea non è scivolato e caduto su un sentiero in mezzo al bosco. È stata una tragedia attesa e annunciata perché, nei mesi precedenti, si erano verificate numerose altre aggressioni». Il riferimento è all'aggressione di un uomo in Val di Rabbi da parte dell'orso MJ5, verificatosi un mese prima della morte di Andrea Papi.

La soluzione, però, ricordano i familiari, non è quella di uccidere JJ4 o MJ5 come più volte dichiarato dal presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti. La soluzione è più complessa, e va gestita in prevenzione, non abbattendo gli animali problematici quando ormai il danno è irreparabile.

«Sull'orsa siamo sempre rimasti neutrali e siamo stati attaccati su tutti i fronti – scrivono i familiari – Noi amiamo gli animali e non ci siamo mai dichiarati a favore dell'uccisione dell'orsa che, tra l'altro, si trova a Casteller e, di conseguenza, risulta al momento innocua. Il problema semmai sono gli altri, quelli che girano per i boschi, ma l'orsa è solo la punta di un iceberg alla cui base ci sono persone e istituzioni che hanno permesso tutto questo».

JJ4, nota anche come Gaia, si era resa già responsabile di un'altra aggressione a due persone sul monte Peller nel 2020. Anche in quell'occasione l'amministrazione di Fugatti, aveva proposto come unica soluzione la rimozione. Il Tar però aveva rigettato questa ipotesi e nel 2022 l'Ispra aveva proposto, oltre al radiocollaraggio, anche la sterilizzazione dell'animale, dato che senza piccoli non si era dimostrata pericolosa. Tuttavia, la Provincia al momento della cattura dell'orsa a seguito la morte di Andrea Papi non sembrava essere a conoscenza che avesse con sé tre cuccioli.

«JJ4 stanziava da tempo tra il monte Peller e malga Grum e, nonostante non fosse più radiocollarata da agosto 2022, tutti erano a conoscenza dei suoi spostamenti – ricordano i familiari di Andrea – ma hanno sempre taciuto per evitare allarmismo e panico. Dopo le varie aggressioni hanno lasciato l'orsa scorrazzare per i nostri boschi ignorandone la grave e ben nota pericolosità». E ancora: «Andrea è stato il martire di un progetto politico che ora risulta fuori controllo. Basta aggressioni e basta vittime: vogliamo vivere tranquilli a casa nostra. Chiediamo forse troppo?».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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