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14 Gennaio 2024
8:00

Zuckerberg investe negli allevamenti di bovini, i critici: l’ennesima follia di un miliardario

Nuova impresa commerciale miliardaria di Mark Zuckerberg che con un post pubblicato in rete nelle scorse ore, ha annunciato il suo nuovo progetto che avrà a che fare con la produzione di carne extralusso nel suo ranch delle Hawaii. Le critiche sono arrivate numerose.

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«L’ennesima ostentazione di un miliardario fuori dal mondo e irresponsabile dal punto di vista ambientale»: è questo il giudizio da parte delle associazioni animaliste e ambientaliste sul progetto di Mark Zuckerberg di produrre carne nel suo ranch delle Hawaii.

Ad annunciare la nuova idea proprio Mr. Facebook con un post su Meta: «Ho iniziato ad allevare bestiame al Ko'olau Ranch a Kauai e il mio obiettivo è produrre carne della più alta qualità al mondo. Si tratta, infatti, di un allevamento di bovini Wagyu e Angus che cresceranno mangiando farina di noci di macadamia e bevendo birra che produciamo qui nel ranch» ha spiegato il magnate.

La decisione, già di suo discutibile, lo è ancora di più essendo fatta proprio da Zuckerberg che poco tempo fa aveva dichiarato, invece, di volersi avvicinare a una dieta vegetariana, affermazione già allora poco credibile vista la quantità di volte in cui viene ancora immortalato mentre gusta panini del fast-food.

«Allevare bestiame facendolo nutrire di noci di macadamia e birra è solo la nuova assurda impresa commerciale del miliardario – ha commentato Food & Water Watch, organizzazione no-profit non governativa che si occupa di tutelare le persone dalle multinazionali e da altri interessi economici che mettono il profitto al di sopra di ogni altra cosa – Abbiamo bisogno di una vera riforma agricola per affrontare le disuguaglianze nel nostro sistema alimentare e dobbiamo promuovere la sostenibilità delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni che lavorano per nutrire tutti, non solo le celebrità benestanti».

E di certo aumentare la produzione di carne bovina non va nella direzione giusta: gli allevamenti sono tra i principali responsabili della deforestazione, dell’inquinamento idrico e del riscaldamento globale e non per niente gli scienziati insistono che i consumi devono diminuire, soprattutto nel mondo sviluppato. basti sapere che, come conferma il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, una mucca adulta può rilasciare fino a 500 litri di metano al giorno, che rappresentano circa il 3,7% di tutte le emissioni di gas serra.

I commenti negativi sono arrivati come uno tsunami, in particolar modo su X: la risposta alla nuova carriera di Zuckerberg come allevatore di carne sulla piattaforma di social media di proprietà del rivale Elon Musk, infatti, è stata criticata fortemente dai più. «Complimenti amico, molto orgoglioso di te. Hai finalmente realizzato il sogno di sfamare il mondo, peccato che tu abbia trovato il modo che provoca il peggior danno possibile all'ambiente, ha affermato Andrew Greenberg, autore e giornalista, mentre Shalin Gala del gruppo animalista Peta ha commentato: «Mark Zuckerberg dice che ha iniziato ad allevare bovini nella sua proprietà alle Hawaii, dando loro birra e poi uccidendoli. Ottimo Mark, ti sei bloccato al Medioevo».

Zuckerberg non è il solo miliardario ad aver scoperto le potenzialità economiche e strategiche degli investimenti nella coltivazione dei terreni e negli animali d'allevamento. Bill Gates, fondatore di Microsoft, possiede circa 275mila acri di terreno agricolo negli Stati Uniti: un'estensione da record. Senza pensare a che il suo sia puro altruismo, quantomeno il filantropo ha sempre rivendicato di essere uno strenuo sostenitore dei nuovi cibi a base vegetale. «Sono convinto che una dieta plant-based sia il futuro e voglio essere io quello che pianta i primi semi» aveva detto, promuovendo anche il consumo esclusivo di carne coltivata per ridurre l'effetto serra. Certo, tra gli investimenti del miliardario c'è stato proprio lo sviluppo delle tecnologie che consentono di produrla, ma almeno l’obiettivo è buono e non disastroso come quello del super imprenditore americano.

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Simona Sirianni
Giornalista
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