12 Novembre 2021
10:47

Un’infografica di Ispra racconta il monitoraggio del lupo, l’esperta: «I dati oggettivi servono a superare la paura»

A partire dagli anni 70 quando era quasi scomparso, il lupo ha ricominciato a popolare il nostro paese. Ispra ripercorre con un'infografica la storia degli ultimi 50 anni fino ad arrivare all'ultimo monitoraggio grazie al quale si avranno i primi dati coordinati a livello nazionale. Laura Scillitani, esperta di comunicazione scientifica e componente del team di Life WolfAlps EU, spiega a Kodami perché è importante fornire dati oggettivi riguardo la presenza della specie, e come fare per superare le difficoltà legate alla coesistenza.

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Ispra ha pubblicato sul proprio sito un'infografica che riassume le tappe più importanti del graduale ritorno del lupo in Italia, una specie che nei primi anni 70 era sull'orlo dell'estinzione ma che grazie alle leggi di protezione della specie, alla sua plasticità e all'istituzione di sempre più aree protette, è tornata a diffondersi su tutto il territorio nazionale. «L'infografica parla degli ultimi 50 anni fino ad arrivare al progetto di monitoraggio della specie che ha avuto luogo in tutta la penisola ed è terminato nel mese di marzo 2021 – spiega a Kodami Laura Scillitani, membro del team del progetto Life WolfAlps EU ed esperta di comunicazione scientifica – Ora stiamo analizzando i dati ottenuti, in modo da raggiungere, per la prima volta, una stima del numero di lupi presenti sul territorio nazionale».

Il monitoraggio, coordinato da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Federparchi (per la regione appenninica) e Life WolfAlps (per la regione alpina), ha per la prima volta superato il problema della mancanza di uniformità nelle informazioni a livello nazionale: «La frammentazione amministrativa nelle osservazioni e la conseguente gestione regionale delle informazioni rappresentava un ostacolo, ma in questo caso abbiamo utilizzato ovunque lo stesso metodo di raccolta dei dati – aggiunge Scillitani – I lupi si muovono su territori molto ampi, solo grazie al lavoro su scala nazionale si può raggiungere una visione chiara della loro presenza».

Per effettuare il monitoraggio, l'intera nazione è stata suddivisa in celle di 10 per 10 chilometri, all'interno delle quali sono stati tracciati dei percorsi (detti transetti) dove venivano rilevati i segni di presenza del lupo, come escrementi (oltre 16 mila segnalazioni), avvistamenti diretti (6.520), corpi di animali predati (491) o corpi di lupi morti (171). Durante il monitoraggio, secondo quanto riportato nell'infografica, sono stati osservati in totale oltre 24 mila segni e 3.340 campioni sono stati sottoposti ad analisi genetiche.

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Il progetto Life WolfAlps EU e l'immagine del lupo: «La comunicazione è alla base della coesistenza»

Life WolfAlps EU, il progetto transnazionale che ha collaborato in questo ambizioso percorso, ha l'obiettivo di migliorare la coesistenza fra il lupo e le persone che vivono e lavorano sull'arco alpino, costruendo così soluzioni condivise insieme ai cittadini interessati. Proprio questi obiettivi hanno riunito Italia, Francia, Austria e Slovenia intorno a un tavolo di lavoro che a partire dal settembre 2019, fino al 2024 si occuperà di sviluppare progetti in questa direzione: «Tra le azioni volte alla conservazione della specie, la comunicazione è sicuramente uno dei punti fondamentali – precisa Laura Scillitani – I grandi carnivori sono animali estremamente carismatici che non lasciano indifferenti le persone, hanno un valore simbolico storico e culturale che porta inevitabilmente a generare emozioni forti come l'odio o l'amore, ma entrambe queste polarizzazioni, che rischiano di generare conflitti, possono essere mitigate attraverso la conoscenza di numeri e fatti. La raccolta di dati scientifici quindi, come quelli divulgati dall'infografica di ISPRA, favoriscono il superamento di queste posizioni e quindi anche la coesistenza con il lupo».

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Il lupo nell'Italia di oggi: «La coesistenza va costruita sul dialogo e sull'ascolto reciproco»

Le prime immagini dell'infografica raccontano il punto di partenza, quando negli anni 70, i lupi in Italia erano ridotti a un centinaio di individui: «A favorirne il ritorno è stata sicuramente la loro mobilità e la capacità di adattamento della specie – spiega Scillitani – ma non va sottovalutato anche l'abbandono delle zone rurali da parte dell'uomo, il recupero delle popolazioni di ungulati e un evidente cambio di approccio da parte della legislazione». Se un tempo veniva offerto un premio in denaro a chiunque catturasse un lupo infatti, a partire dagli anni 70 sono nati i primi divieti di uccisione, fino a rendere la specie rigorosamente protetta sia dalle normative nazionali che comunitarie.

«Ora che i lupi hanno nuovamente popolato il nostro paese, ci accorgiamo che negli anni, abbiamo perso la memoria storica necessaria per convivere – continua l'esperta – Ecco perché è importante costruire conoscenze e buone pratiche per raggiungere una coesistenza che vada oltre la recinzione elettrificata, ma sia fatta di dialogo, di ascolto, di affidabilità da parte delle istituzioni e di fiducia tra le parti interessate».

Tutti possiamo aiutare il lupo: «Siate cittadini curiosi e comportatevi correttamente in montagna»

La pubblicazione di dati oggettivi riguardo la presenza del lupo sul territorio nazionale è quindi un fattore determinante per favorire il superamento di una visione leggendaria e poco realistica, ma ognuno di noi può essere parte attiva del cambiamento: «Per stare dalla parte del lupo basta essere cittadini curiosi e cercare di reperire informazioni affidabili  – afferma Laura Scillitani – Inoltre, esistono alcune pratiche corrette da seguire quando si visitano pascoli e alpeggi». Secondo l'esperta infatti, uno dei motivi fondamentali per cui gli allevatori, scelgono di non proteggere i propri capi di bestiame con l'ausilio di cani da guardiania nonostante il loro aiuto diminuisca le predazioni, è a causa del rischio di conflitto con gli escursionisti: «Muoversi in montagna sapendo che non bisogna entrare nei terreni occupati dalle greggi, ma piuttosto girare attorno, è un ottimo punto di partenza – spiega l'esperta – Non dobbiamo ignorare la necessità dei cani da guardiania di proteggere il proprio gregge: non agitiamo bastoni, non guardiamoli negli occhi e soprattutto non dirigiamoci verso il centro del loro territorio».

In questo modo, secondo Scillitani, supereremo la convinzione che i cani rappresentino un problema e favoriremo inoltre l'abitudine dei pastori di servirsi del loro aiuto per proteggersi dal lupo: «Chiunque voglia essere parte attiva del cambiamento, in questo modo migliorerà l'opinione che gli allevatori hanno dei cani e di conseguenza verrà ridimensionato anche il valore dato al ritorno del lupo sui territorio».

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Il futuro del lupo in Italia: «stanno nascendo nuove sfide, bisogna continuare in questa direzione»

Negli ultimi anni stiamo cominciando a ricevere segnalazioni della presenza del lupo anche in ambienti in cui non non avremmo immaginato di vederlo, come la Puglia o la pianura Padana – conclude Scillitani – Stanno quindi nascendo nuove sfide, perché sempre più persone dovranno imparare a convivere con questa specie e, proprio per questo motivo, non si potrà abbassare la guardia e smettere di comunicare, ma sarà invece indispensabile continuare a costruire conoscenza e sviluppare comportamenti corretti. Solo così potremo superare l'immaginario che porta a pensare ai lupi come animali cattivi, protagonisti di favole e leggende, e affidarci invece ai numeri, i veri strumenti che permetteranno di superare le paure e  trovare la chiave per la pacifica coesistenza».

L'infografica competa è scaricabile gratuitamente sul sito di Ispra.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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