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18 Giugno 2023
18:00

Un nuovo delfino fossile dotato di zanne scoperto in Nuova Zelanda

Una nuova specie di delfino preistorico trovato in Nuova Zelanda sorprende per via dei suoi strani e insoliti denti simili a zampe.

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Un nuovo antico mammifero marino è stato trovato fra i sedimenti del Waitaki Whitestone Geopark, in Nuova Zelanda, stupendo i ricercatori dell'Università di Otago, coinvolti in una revisione dei fossili appartenuti all'ateneo. Gli scienziati lo hanno chiamato Nihohae matakoi, usando l'antica lingua maori, in riferimento alla sua origine neozelandese e alla bocca lunga, piatta e sottile che possedeva mentre era in vita. E da quanto descritto dall'articolo pubblicato all'interno della rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B, la nuova specie promette di essere uno dei più curiosi delfini preistorici mai trovati nella storia della Paleontologia, per via dei suoi denti molto particolari, che ricordano delle zanne appuntite.

Per quanto grottesco, questo primo esemplare di "delfino zannuto", come è stato chiamato genericamente dagli esperti, possiede un antico fascino ancestrale, che ha spinto i ricercatori autori della scoperta nel difenderlo dall'accuse di essere "brutto", chiarendo che la forma strana della sua bocca era il prodotto di un adattamento specifico legato alla caccia ai pesci.

I suoi resti fossili risalgono a circa 25 milioni di anni fa, un'epoca in cui il nostro pianeta o era abitato da una fauna molto diversa, rispetto a quella moderna. In questo periodo della preistoria infatti le specie "strambe" abbondavano negli antichi oceani e a distinguere ulteriormente il N. matakoi dalle altre specie di delfini vissuti durante l'Oligocene, era anche un collo più lungo rispetto al solito, condizione che gli era anche molto utile per flettere la testa e arpionare meglio le prede che gli giungevano a tiro.

Questa non è la prima volta tuttavia in cui un delfino dal profilo inusuale anima il dibattito scientifico, anche se sono poche le specie che hanno necessitato di più tempo per essere identificati.

L'olotipo di N. matakoi fu infatti trovato nel dicembre del 1998 e sono dovuti passare oltre due decenni prima che i suoi resti – trovati all'interno della valle di Awamoko – venissero analizzati all'interno delle università del suo paese.

L'esemplare scoperto dai paleontologi neozelandesi infatti è stato conservato per anni all'interno delle teche museali del paese, prima di essere studiato e ripulito adeguatamente. Il suo corpo oggi è composto da alcune costole rotte e da poche vertebre, oltre che da una mascella eccezionalmente ben conservata in cui è possibile vedere i famosi denti che risultano essere probabilmente la caratteristica principale della specie.

Essi sono talmente lunghi che gli scienziati hanno cominciato a dubitare che potessero essere utilizzate come i normali denti presenti all'interno delle bocca dei moderni delfini. Erano infatti fin insoliti per fungere esclusivamente come armi utilizzate per ghermire le prede, chiarisce Ambre Coste, l'autrice principale dello studio

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La loro diversa lunghezza a secondo della posizione all'interno della bocca correlata alle dimensioni generali dell'animale – che secondo gli esperti doveva misurare poco più di due metri – hanno infatti portato gli scienziati a credere che il delfino li sfruttasse in maniera completamente inedita. «L'aspetto più interessante di questa specie è infatti correlato all'uso dei loro denti, più che alla loro struttura. Essi infatti suggeriscono che avessero introdotto un nuovo metodo di alimentazione, che non è stato mai descritto per questi mammiferi marini – ha commentato Coste, sottolineando ai suoi colleghi che la nuova specie potrebbe presto divenire uno degli animali preistorici più famosi del paese. – Crediamo infatti che questo delfino cacciava i pesci oscillando la testa più volte, da un lato all'altro per ferire, infilzare o stordire le sue prede, rendendo così più facile la cattura degli animali».

Coste è sicura di quello che afferma poiché ha passato anni a studiare il grado di usura dei vari denti di questa specie, notando che essi appaiono lisci e ancora taglienti, come se fossero appena germinati dalla gengiva dell'animale. Un chiaro indizio che essi non venivano impiegati per afferrare le prede come effettuano oggi i delfini attuali. «La mancanza di segni di usura mostra chiaramente che né i piccoli né gli adulti di questa specie utilizzavano i denti per afferrare le prede o per rovistare nella sabbia, come fanno talvolta le specie moderne».

Ciò che resta quindi dell'animale porta gli scienziati a immaginare che questa tipologia di delfino utilizzasse i propri denti – soprattutto quelli presenti sulla punta della bocca – per tramortire gli altri animali in maniera simile a quanto fatto dai pesci sega e dai Marlin con i loro rostri. Dopo aver stordito infatti i pesci con le punte acuminate dei loro denti, i delfini erano capaci con una veloce torsione della testa i delfini d'inghiottirli ancora intontiti in pochi secondi, di modo da azzerare qualsiasi opportunità di fuga.

Per quanto insoliti, dunque, Ambre Coste cerca di descrivere adeguatamente e con rispetto il comportamento e l'aspetto di questi animali, che non sono secondo lei neppure così tanti diversi da altri delfini o più brutti di altre specie finora scovate.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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