INCONTRI SELVAGGI
episodio 10
30 Novembre 2023
10:20

Un leone in città: cosa non va?

Il caso del leone fuggito dallo zoo e finito in strada a Ladispoli ci mostra come questa specie a rischio sia passato dall'ambiente naturale della savana alla vita in cattività. Vediamo cosa non va in tutto ciò e come interagire correttamente con questa maestosa creatura.

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Il ruggito del leone, con una potenza comparabile a quella di un martello pneumatico, raggiunge i 114 decibel: un tuono udibile a oltre 8 km di distanza. Il suono dal vivo è così travolgente da doversi tappare le orecchie. Questo esempio già fa capire quanto il leone sia un animale destinato a vagare negli spazi aperti della natura piuttosto che confinato nei limitati metri quadrati di una gabbia. Allora perché per alcune persone la visione di un leone allo zoo o al circo è considerata "normale"?

La rappresentazione di questi maestosi felini in ambienti così limitati non riesce a rendere giustizia alla loro vera natura e vitalità. Ma ci sono casi ancora più estremi: persone che trattano i leoni come se fossero gatti domestici o come recentemente accaduto a Ladispoli la surreale presenza di un leone che passeggiava per le strade di una città.

Proprio questo ultimo caso di cronaca solleva ancora di più interrogativi etici e di sicurezza, mettendo in discussione la pratica di detenere questi predatori selvaggi in contesti così inappropriati. Al di là dei programmi di conservazione, in cui la cattività è essenziale per la sopravvivenza stessa della specie, tenere un animale in prigionia con il fine di esposizione, addestramento o “compagnia” svilisce la sua natura, indipendentemente dalle condizioni in cui questi animali vengono costretti.

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Le diverse tipologie di cattività sono esempi tutti molto diversi fra loro ma conducono alla stessa triste conclusione per il leone: la sofferenza. Da una parte, i circhi inducono in errore creando un'immagine falsa e nostalgica di felini gioiosi e obbedienti, simili a quelli dei cartoni animati o dei peluche. Dall'altra, osservando comportamenti che richiamano quelli dei nostri gatti (come un leone che "fa la pasta" con le zampe) potremmo illuderci che crescerli sin da piccoli li trasformi in animali domestici simili agli altri, solo più imponenti e vistosi.

Purtroppo, la realtà è ben diversa: avvicinare i leoni all'uomo comporta gravi rischi per diverse ragioni. Ed è ora di adottare una prospettiva diversa: l'incidente di Ladispoli, sfortunatamente, dimostra che interferendo con gli animali selvatici e costringendoli a vivere lontano dal loro ambiente naturale possiamo addirittura arrivare a trovarci di fronte a un leone in una città.

Per iniziare la nostra riflessione, poniamoci la domanda fondamentale però: chi è veramente il leone?

Come vivono i leoni in natura e in cattività

Esaminando la vita di un leone libero, analizzando i suoi comportamenti nell'ambiente naturale e confrontandoli con quelli in cattività, possiamo cogliere le differenze e capire le conseguenze che queste possono portare.

I leoni, appartenenti al genere Panthera e alla famiglia dei felidi si distinguono per le loro dimensioni imponenti, rientrando tra i felini più grandi insieme a tigri e leopardi. A differenza degli altri felini, i leoni vivono in branchi con una chiara divisione dei compiti: i maschi si occupano di difendere il territorio, mentre le femmine cacciano e badano ai cuccioli. Un branco, composto principalmente da femmine con uno o più maschi, può occupare un'area che varia dai 20 km quadrati, se abbondano le prede, ai 400 km quadrati nel caso di risorse più scarse: una superficie grande più del doppio delle dimensioni di Milano o Napoli.

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La questione centrale sorge quando ci chiediamo cosa accade se costringiamo un leone a vivere in cattività in uno spazio notevolmente più ridotto rispetto ai vasti territori naturali. L'isolamento o la presenza limitata di compagni può influire drasticamente sul comportamento sociale, costringendolo a sopprimere il proprio istinto e limitando la spontaneità delle azioni.

Naturalmente, stiamo escludendo le realtà coinvolte nel monitoraggio e nella conservazione di specie a rischio che operano in modo etico.

In natura i leoni manifestano una serie di comportamenti complessi come la caccia collaborativa tra le femmine e, occasionalmente, l'intervento del maschio, a seconda della preda. Tuttavia, in cattività tali comportamenti vengono soppressi, portando il leone a sperimentare stress e frustrazione. Incapace di seguire il proprio istinto predatorio, il leone in uno spazio ristretto può sviluppare atteggiamenti autolesionistici o ripetere movimenti privi di uno scopo chiaro, come evidenziato dai leoni in continua circolazione nelle gabbie degli zoo.

Come attesta questo studio, l'alimentazione controllata in cattività ha un impatto significativo sulle dimensioni e la morfologia dei leoni, poiché vengono privati dell'aspetto cruciale della caccia. Una dieta composta principalmente da carne macinata, senza ossa, è l'opposto di ciò che si verifica in natura dove il leone si nutre abbattendosi sulla preda, consumandone la carne per lungo tempo con artigli e lingua ruvida. Questo adattamento forzato li rende più piccoli e deboli rispetto ai loro omologhi selvatici.

La riproduzione è altrettanto compromessa nel passaggio dalla natura alla cattività. Mentre i leoni maschi in natura migrano tra i branchi per evitare l'accoppiamento con le femmine imparentate, in cattività si verifica l'opposto. Questi accoppiamenti, specialmente tra parenti, riducono drasticamente la variabilità genetica, rendendo gli individui più vulnerabili a malattie e deformità genetiche, minacciando la sopravvivenza della popolazione.

Anche se talvolta la cattività è l'unico modo per tutelare i leoni, ciò implica che difficilmente potranno essere reintegrati nella natura, privati dell'apprendimento delle dinamiche vitali per la sopravvivenza in un ambiente selvaggio. Resta un dilemma etico su come educare questi leoni alla vita selvatica, anche nel caso di un'ipotetica liberazione dalla cattività.

La storia della cattività dei leoni

La situazione del leone, specie già in grave pericolo, è ulteriormente peggiorata dal fatto che la maggior parte degli individui vive oggi in cattività o in aree estremamente limitate. All'inizio del XX secolo, la popolazione di leoni in Africa ammontava a 200.000 individui. Tuttavia, negli ultimi due decenni, questo numero è sceso drasticamente da 100.000 a 30.000. Un dato ancor più sorprendente è che solo 12-11.000 anni fa, il leone era uno dei mammiferi più diffusi al mondo.

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Il continuo declino è attribuibile, oltre alla cattività, alla crescente frammentazione dell'habitat naturale del leone e alla persistente minaccia del bracconaggio. Queste attività hanno già portato all'estinzione del leone berbero (Panthera leo leo), una sottospecie scomparsa nella prima metà del XX secolo. Il leone berbero fu ampiamente cacciato e catturato per essere utilizzato nelle arene dai tempi dei Romani e abitava principalmente nelle montagne, nei deserti e nelle boscaglie del Nord Africa.

Detenzione come animale domestico

In Italia, detenere un leone come animale domestico è vietato in virtù della protezione degli animali selvatici. Le leggi regolamentano la detenzione di tali creature per preservarne il benessere e prevenire rischi per la sicurezza pubblica. Tuttavia, nonostante il divieto, ci sono casi in cui privati cittadini hanno ottenuto autorizzazioni dalle autorità competenti, solitamente riservate a strutture specializzate come gli zoo. Questo fenomeno può essere attribuito in parte al fatto che, in passato, possedere animali esotici, tra cui i leoni, era considerato un segno di status sociale elevato.

Per quanto riguarda i circhi, sono regolamentati da leggi sugli spettacoli, ma l'applicazione pratica di tali leggi spesso lascia a desiderare. Nel luglio del 2022, sotto il governo Draghi, è stata introdotta una legge per vietare l'impiego di animali selvatici negli spettacoli itineranti. Tuttavia, ad oggi, mancano i decreti attuativi, mantenendo il provvedimento in sospeso.

Come non incontrare un leone

Esistono dei modi per incontrare i leoni senza avere un impatto negativo su di loro? La risposta è sì ma è solitamente riservata ai naturalisti, fotografi o altri specialisti perché sono addestrati per riconoscere comportamenti, segnali e interazioni specifiche, percependo quando la presenza umana può influenzare il comportamento degli animali, provocare stress e disturbare le dinamiche naturali. Nel caso dei leoni, limitare l'accesso a specialisti serve anche a mantenerne segreta o difficilmente individuabile la posizione, per evitare il bracconaggio o per altri comportamenti illegali.

Detto questo, è anche possibile fare delle visite guidate, organizzate da esperti che sanno come avvicinarsi a dei leoni e che hanno anche fini nobili: il turismo può portare le entrate necessarie purché i programmi di conservazione e protezione possano continuare.

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Ricordatevi però una cosa importantissima: l'esperienza di safari che scegliete ha un impatto diretto sulla vita selvatica e sugli ecosistemi. Fate ricerche approfondite, informatevi sul posto e sulle attività che andrete a finanziare. Un safari dovrebbe essere un'opportunità per connettersi con la natura, non un'esperienza che ne compromette l'integrità. Mettete sempre l'etica al primo posto. Non vi fidate del marketing “safari etico”: decidete voi se lo è veramente e, per farlo, ponetevi sempre questa domanda: se non ci fosse l'influenza dell'uomo, questi animali vivrebbero così?

Cosa fare davanti a un leone?

La regola fondamentale è sempre mantenere le distanze. Se vi trovate sulla jeep, rimanetevi assolutamente: nessun professionista del settore dovrebbe consentirvi di avvicinarvi ai leoni in altri modi. Restando nella jeep, il leone vi percepirà come parte dell'automobile, una minaccia non degna di aggressione. Se uscite, potreste essere considerati singolarmente come una preda, un intruso da allontanare dal suo territorio. Le interazioni con questi animali devono essere evitate del tutto; non dobbiamo attirare la loro attenzione. Pertanto, evitate contesti che permettano alle persone di avvicinarsi ai cuccioli o addirittura di nutrirli, spesso associati a santuari falsi che catturano i leoni per il puro divertimento dei turisti. State attenti anche alle associazioni che sfruttano questi animali per scopi di lucro. Attività di questo genere devono essere evitate e, se si verificano gravi violazioni, denunciate.

Inoltre, ma questo è un nostro consiglio, anche le visite guidate, a meno che non siano strettamente finalizzate a sostenere progetti di monitoraggio e conservazione delle specie, dovrebbero essere evitate. Anche se accompagnati da esperti, è impossibile che un gruppo di persone non venga notato dagli animali, alterando in qualche modo il loro comportamento.

Sono una ragazza che dopo qualche anno di veterinaria ha scoperto la sua passione: lo studio del comportamento degli animali, incluso l'uomo, in un'ottica comparata. Questa scienza, ancora sconosciuta, si chiama "Etologia" e mi aiuta a non smettere mai di conoscere cose sulla natura, sugli animali, su di noi e sulla nostra storia.
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