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1 Gennaio 2022
16:00

Tritoni in Rivolta: il mondo invisibile da tutelare e scoprire

Il tritone crestato italiano è un anfibio di notevoli dimensioni che può raggiungere anche i 18 cm di lunghezza. Il sito dell’IUCN segnala che il tritone crestato è minacciato da diversi elementi e va tutelato.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Quanto è importante la conservazione del territorio e delle specie animali che ci vivono? Quante storie di vita quotidiana coinvolgono le persone che si adoperano, spesso nel silenzio e dietro le quinte, per proteggere il nostro patrimonio naturale? Raccontare queste cose è la nostra missione perché è anche in queste storie che si porta avanti la difesa della vita e perché è possibile imparare molto attraverso di esse. Questa storia è quella di un piccolo appezzamento di prato, che ora non esiste più, e di un animale, prezioso che vive in quel poco che ne rimane: il Tritone crestato italiano. Questa è anche la storia di una giovane donna che lotta per salvare loro e i ricordi della sua infanzia.

Il progetto per salvare il tritone crestato italiano

È una fredda mattina di fine novembre. E’ sabato e non c’è traffico sulle strade in direzione Lecco. L’appuntamento è alle dieci sotto il monumento agli alpini a Galbiate, dove incontreremo il naturalista Raoul Manenti. Con lui ci sarà un piccolo gruppo di volontari per dare una mano. Grazie a Fabio Cologni, responsabile dell’Oasi Le Foppe di Trezzo sull’Adda, siamo venuti a conoscenza di un progetto per la salvaguardia di una specie, il tritone crestato italiano (Triturus caenifex), un anfibio caudato, tanto importante quanto misconosciuto ai più, spesso confuso con la salamandra pezzata (Salamandra salamandra) a causa del fatto che i tritoni hanno il ventre arancione con macchioline nere. «Un disegno – spiega Manenti – che identifica un individuo al pari delle nostre impronte digitali. Ma a differenza delle loro cugine salamandre i maschi di tritone crestato, nella fase nuziale, ovvero il periodo riproduttivo, hanno una cresta dentellata ben evidente sul dorso, mentre le femmine una striscia gialla o arancione».

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Una coppia di tritoni nella fase nuziale. Il maschio è riconoscibile grazie all’evidente cresta dorsale. PH Sofia Camiciottoli

L’iniziativa si suddivide in due fasi: la prima riguarda la raccolta di materiale vegetale dal piccolo stagno di Pra' Pozzetto, tra le colline di Galbiate (LC) sul Monte Barro. Materiale che verrà poi trasportato nel pomeriggio (seconda fase) in un piccolo stagno artificiale a Rivolta d’Adda (CR) allo scopo di preparare un habitat favorevole alla colonizzazione da parte degli anfibiche attualmente è in serio pericolo.

Il gruppo di lavoro, dall'osservazione al recupero degli anfibi

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Il gruppetto di volontari si ritrova nella piazzetta antistante il monumento agli alpini sul Monte Barro, sullo sfondo la valle con il piccolo Lago di Annone. Il sole si fa strada tra le nubi e la temperatura via via diventa meno rigida. Vanghe, secchi, rastrelli, si imbocca un piccolo sentiero in discesa. In pochi minuti si giunge sul posto, un piccolo stagno protetto e gestito dal WWF Lecco. Il gruppo viene raggiunto da Raoul Manenti, sorridente e cortese che, senza perder tempo, si cala nello stagno, dando inizio alle operazioni.

I volontari cominciano così a raccogliere le piante, l’acqua smossa dello stagno rilascia miasmi, gas di decomposizione vegetale e alcuni batteri colorano la superficie di magenta. Raoul ha lo spirito del divulgatore: estrae una piantina e ci spiega di cosa si tratta, quale è la funzione della vita in quel piccolo mondo e quale scopo ricoprirà per i tritoni crestati che ora sono a molti chilometri di distanza da lì. Come, per esempio, nel caso di una pianta acquatica autoctona, il Miriofillo (Myriophyllum spicatum) molto importante per il tritone crestato: è tra le sue ramificazioni che depongono le uova.

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Myriophyllum spicatum, o Miriofillo, è una pianta fondamentale per molte specie acquatiche, la sua struttura caratteristica è sfruttata dai tritoni per la deposizione delle uova.

Il naturalista osserva con attenzione ciò che viene raccolto, ci sono infatti delle precauzioni da prendere: «In primo luogo – spiega – nel raccogliere la vegetazione bisogna evitare di asportare forme di vita importanti per quel piccolo stagno, come chiocciole e insetti che contribuiscono alla salute del sito». Poi è importante evitare di trasportare nel nuovo habitat specie animali dannose alla futura popolazione di tritoni, come per esempio le larve di libellula, o piccoli di salamandra, che possono predare le uova e le larve di tritone. Spuntano infatti due piccoli di Salamandra (Salamandra salamandra) che vengono riposti in un secchio con un po’ d’acqua per essere poi rimessi nello stagno alla fine delle operazioni di raccolta. Si trovano anche altri tipi di larve e chiocciole minuscole, abbarbicate tra gli steli delle piante acquatiche, un universo di creature viventi che contribuiscono alla salute dell’habitat, e che nel contempo ne documentano il buono stato.

In un paio d’ore i secchi sono colmi di piante, la prima fase è così conclusa e ha inizio la seconda.

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Una larva di salamandra momentaneamente riposta in un secchio, verrà poi rimessa nel suo ambiente appena terminate le operazioni di raccolta dei vegetali.

La scelta di Sofia per proteggere i tritoni crestati

Nel pomeriggio il gruppo si sposta a Rivolta d’Adda (CR), dove ad attendere i volontari c’è Sofia Camiciottoli, una studentessa di Scienze Naturali, anzi di Biogeoscienze, alla Statale di Milano. È lei ad aver dato il via a tutta questa vicenda e con non poche difficoltà.

«Nei miei ricordi di bambina c’è quel prato – racconta Sofia, indicando il luogo dove ora sorge un cantiere edile. In questa parte di Rivolta non c’era nulla, ora è una zona industriale e c’è anche un supermercato. Quando ho visto, ad agosto del 2019, il cartello di “Inizio lavori” affisso su questo terreno ho avuto un tuffo al cuore. Questa è la strada che percorro da una vita per andare in paese, negli anni, in famiglia l’ho soprannominata “la scorciatoia”, “la strada delle rane”, e poi “la strada dei tritoni” da quando nel 2016 mio padre ne ha fotografato uno proprio qui. Insomma, emotivamente mi è stata sempre cara. Ho sentito il dovere di fare qualcosa per proteggere quest’area, sapendo inoltre che nella roggia che la costeggia vive, e si riproduce, una popolazione di tritoni crestati italiani. Forse, mi sono detta, la protezione di questa specie mi aiuterà a proteggere l’intera area.  Così ho pensato di coinvolgere Raoul Manenti, esperto di anfibi, che è stato mio docente in facoltà. Questa specie animale è una specie protetta, molto importante a livello internazionale».

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Una femmina di tritone crestato con la sua peculiare cresta gialla sul dorso. PH Raoul Manenti

Quando i due si mettono in contatto, però, l’area era già stata resa edificabile e i lavori sarebbero partiti in tempi molto brevi. Troppo brevi per intervenire sulla macchina burocratica. «Ci sono stati anche dei problemi a livello comunicativo e le cose sono andate per le lunghe: due anni e più di travaglio vero e proprio – continua Sofia – È stato complesso coordinare tutte le figure coinvolte per raggiungere un obiettivo comune. Ci siamo interfacciati prevalentemente con l’architetto che ha fatto il piano di lottizzazione per arrestare i lavori mentre si disponeva un nuovo habitat per accogliere gli animali ma abbiamo scoperto troppo tardi che la gestione del cantiere non dipendeva da lui. Quindi i lavori sono andati avanti anche laddove si era stabilito che non si dovevano fare».

Tutta la vicenda ha avuto grandi rallentamenti anche a causa della pandemia, nonostante l’interesse mostrato dalle istituzioni, in particolare dal neo eletto sindaco di Rivolta d’Adda, Giovanni Sgroi. Ci sono stati lunghi periodi di silenzio tra le parti coinvolte, per poi ripartire appena è stato possibile.

Il terreno è stato praticamente tutto ricoperto dal cantiere e la speranza che i tritoni adulti possano sopravvivere in questo periodo dell’anno, non avendo più a disposizione un territorio dove cacciare e rifugiarsi, non sono molte.

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Accanto a via Mandelli a Rivolta d’Adda, volontari cappeggiati dal naturalista Raoul Manenti e Sofia Camiciottoli allestiscono il piccolo stagno artificiale.

I volontari intanto trasportano i secchi con le piante recuperate nello stagno di Pra' Pozzetto. Siamo su una striscia di prato tra la “strada dei tritoni” (via Mandelli) e gli edifici industriali, dove è stato costruito il piccolo stagno artificiale circondato da una staccionata. È semi vuoto, eppure, a mezzo di un tubo idraulico, al quale è stato posto un filtro per impedire ai pesci e ad altri predatori d’acqua dolce di accedervi, è in comunicazione con la roggia che scorre accanto. Ci sono ancora diverse cose da sistemare, e questa è una di quelle, ci dicono Raoul e Sofia.

Le piante acquatiche vengono sistemate nello stagno: è un primo intervento per testare la fattibilità del progetto. Si spera che questi vegetali, che sono molto resistenti e prolifici, possano colonizzare al meglio quell’area. Il tutto dovrà essere monitorato nei prossimi mesi, e a Febbraio 2022 si capirà se i tritoni potranno essere spostati con successo.

Chi è il tritone crestato italiano?

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Primo piano di un tritone crestato italiano. PH Raoul Manenti

«I tritoni crestati sono anfibi di notevoli dimensioni, arrivano ai 15 cm di lunghezza, e in casi rari alcuni adulti raggiungono i 18», spiega Raoul Manenti. «Sono predatori opportunisti, ai vertici della catena alimentare dell’ambiente acquatico, come fa intendere il nome scientifico, carnifex, e possono vivere molto a lungo, anche 15 anni e più. La deposizione delle larve avviene in primavera, quando gli adulti sono nella loro fase acquatica. Come detto sono anfibi, ma possiamo dire che hanno due periodi, uno acquatico e uno terrestre. Stanno in acqua da febbraio a fine agosto, più o meno, per poi trascorrere il restante periodo dell’anno sulla terra umida, fuori dall’acqua.»

L’habitat che si sta preparando deve tener conto di entrambe queste fasi della vita dei tritoni: sia lo stagno che il terreno circostante devono essere preparati per fornire loro rifugio e cibo. Non ci si limita al piccolo specchio d’acqua nel quale ora vengono sistemate le piante nel lavoro dei volontari. Bisognerà approntare anche l’esterno con ripari, anfratti e arbusti che li proteggano dai loro naturali predatori, come gli uccelli per esempio.

Il sito dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) segnala che il tritone crestato è minacciato da diversi elementi, ma il rischio principale è la perdita di habitat a causa dell’inquinamento delle acque, dell’intensificarsi dell’attività agricola, dall’introduzione di specie alloctone sul territorio, soprattutto di un un animale particolarmente vorace e resistente, il gambero rosso della Luisiana (Procambarus clarkii) che si nutre delle larve di tritone.

Ecco perché questo sito, al margine di via Mandelli a Rivolta d’Adda, diventa importante, come lo sono del resto tutti i siti in cui questo anfibio prospera, e va difeso assolutamente. Infatti l’IUCN sottolinea:

In alcune aree di pianura, negli ultimi 10 anni si stima la perdita di quasi il 25% dei siti, sia per la scomparsa di zone umide con caratteristiche idonee, sia per il crescente impatto di predatori alloctoni.

Le varie lungaggini e i rallentamenti hanno impedito che il nuovo sito d’accoglienza per i tritoni fosse pronto per tempo, ossia nel periodo degli accoppiamenti che avviene in primavera. Manenti spiega: «Il periodo è importante proprio per una caratteristica etologica del tritone crestato che tende ad essere molto legato al territorio dove nasce. Infatti l’ideale sarebbe far schiudere le larve della nuova generazione nel nuovo sito: in questo modo gli adulti nati nella roggia cercherebbero con molta probabilità di abbandonare quel posto per ritornare laddove stavano e questo è il motivo per cui ci sono molte precauzioni da prendere per lo spostamento degli individui adulti di questa specie. Non possono essere allontanati troppo dal loro luogo d’origine».

«Ora si spera che tutto sia pronto per la fine di febbraio, ma se i lavori non rallentano è possibile che non gli adulti non riescano a sopravvivere. Insomma, è una corsa contro il tempo sul filo della speranza», sospira trattenendo a stento le emozioni Sofia Camiciottoli: è evidente quanta pressione e quanta ansia stia sopportando. Ormai il prato è perso e a questo punto si sta facendo di tutto per salvaguardare almeno i tritoni in una situazione in bilico, se non già troppo compromessa.

La giornata degli alberi, la speranza di una zona che può rinascere

Non tutto è perduto però. Nella striscia di prato in cui ci troviamo, dove i volontari finiscono di sistemare le ultime piante acquatiche, c’è una fila di giovani alberelli, circa una ventina. Sofia spiega che sono stati piantati pochi giorni prima, durante un’iniziativa proposta dal Corpo Forestale dei Carabinieri della città di Crema (CR) che ha preso a cuore il progetto di conservazione dei tritoni e li sta supportando.

L’occasione è stata la “Giornata nazionale degli alberi” in ricordo di Giovanni Falcone, alla quale hanno partecipato, oltre ai rappresentanti delle forze dell’ordine, del Comune e del Parco Adda Sud, i bambini della Fondazione Asilo Infantile e la classe 5a C della scuola elementare di Rivolta. L’idea  di piantumare proprio quella striscia di prato è stata un modo per porre l’accento su quell’area, che venga protetta e ben gestita anche in futuro.

«Sarebbe molto bello se le scuole del Comune venissero poi coinvolte nella tutela di quel luogo, dello stagno e dei tritoni – sottolinea Sofia Camiciottoli – Un passo molto importante per la sensibilizzazione delle generazioni future, per la loro educazione ambientale e per ritrovare il fascino anche per le cose piccole di casa nostra. Cose che troppo spesso passano inosservate».

Per molti tutto questo impegno per cose così “minuscole” risulta forse incomprensibile. Il mondo piccolo non colpisce con sufficiente enfasi la fantasia dei più. In un’oasi faunistica non si vedono certo tigri e leoni, e se l’occhio non è allenato, non si sa nemmeno dove guardare. «Molto spesso le persone che visitano un’oasi naturalistica credono di andare allo zoo, non hanno allenato la pazienza, il silenzio, la contemplazione per poter vedere quel fantastico universo, anche se lo hanno davanti agli occhi», osserva Fabio Cologni dell’Oasi Le Foppe di Trezzo sull’Adda, anche lui presente alla seconda fase del progetto.

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Da sinistra a destra: Fabio Cologni (Oasi Le Foppe), Benedetta Barzaghi (WWF Lecco), Raoul Manenti, Sofia Camiciottoli, Isabella Neuroni (WWF Trezzo sull’Adda)

E allora uno dei motivi principali che ci ha spinto a raccontare questa storia è proprio per mettere in risalto l'importanza della conservazione del territorio in tutte le sue accezioni. Sensibilizzare le persone è un lavoro importante, soprattutto in un’epoca come questa in cui la disattenzione per il mondo naturale, anche e soprattutto per quello meno visibile, può avere delle conseguenze catastrofiche anche per la nostra specie, proprio come ci sta insegnando qualcosa di invisibile come il virus che ha cambiato la nostra vita.

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Luca Spennacchio
Istruttore cinofilo CZ
Ho iniziato come volontario in un canile all’età di 13 anni. Ho studiato i principi dell’approccio cognitivo zooantropologico nel 2002; sono docente presso diverse scuole di formazione e master universitari. Sono autore di diversi saggi.
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