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19 Giugno 2023
17:39

Svelati i segreti che si celano dietro ai richiami delle rane benjo

Diversi studi sostengono che la tipologia di habitat sia determinante per la selezione delle migliori caratteristiche utilizzate per richiamo di una certa specie, ma una nuova ricerca potrebbe mettere a tacere quest'ipotesi.

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La comunicazione rappresenta da sempre il modo attraverso il quale gli animali riescono a "parlare" tra loro. Ogni specie ha il proprio linguaggio e la comunicazione acustica è vitale per la sopravvivenza di molti vertebrati. Si è soliti pensare che i suoni e i richiami emessi degli animali varino a seconda dell'habitat e del luogo in cui questi si trovano ma un nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Journal of Zoology, sembra dimostrare che non è così. Tramite l'analisi dei versi emessi dalle rane, i ricercatori hanno infatti scoperto che l'evoluzione dei richiami delle rane banjo sia stata invece influenzata dall'interazione tra una moltitudine di altri fattori.

Sul fatto che comunicare sia importante non ci piove tuttavia, per garantire una comunicazione efficace, un segnale deve raggiungere il destinatario il quale deve essere in grado di riconoscerlo ed interpretarlo. Sarà capitato ad ognuno di noi di stare a casa e di dover dire una cosa a una persona che sta nella stanza diametralmente opposta alla nostra. E' proprio in questi momenti che riempiamo i polmoni e usiamo tutta la potenza della nostra voce per far arrivare il messaggio forte e chiaro. Potremmo alzarci e raggiungere il nostro amico, ma no: urlare è più comodo.

Se per noi è dunque una questione di "pigrizia" a volte, per gli animali invece "farsi sentire" è obbligatorio perchè è l'unico modo che hanno per comunicare. Il problema sta nel fatto che i segnali acustici vengono attenuati man mano che si propagano nell'ambiente, il che significa che il ricevitore del messaggio può capire una cosa per un'altra. Infatti, se un segnale è distorto al punto da non essere riconoscibile o se non è possibile estrarre dal segnale informazioni importanti, l'emettitore subisce un danno in quanto non è stato in grado di attrarre un compagno, difendere il proprio territorio, ecc. Sono diverse le motivazioni per le quali un suono può essere modificato o attenuato, ma sicuramente tutte dipendono dal luogo in cui tale suono è stato emesso o almeno questo è quello che si crede. Da qui nasce l'ipotesi di adattamento acustico (AAH) secondo la quale la struttura dell'habitat impone una selezione per le caratteristiche di richiamo di una certa specie che minimizzino il degrado del segnale e quindi aumentino l'efficienza, la qualità e la distanza di trasmissione dei segnali stessi.

Un team di ricercatori ha voluto lavorare su questo tema e per farlo ha analizzato il richiami di quasi 700 rane benjo, un gruppo di quattro specie strettamente correlate ampiamente distribuite in tutta l'Australia. Si trovano in una vasta gamma di habitat e per questo sono specie di studio ideali per testare l'ipotesi dell'adattamento acustico. Inoltre, a differenza di altri animali che potrebbero anche usare segnali visivi, le rane dipendono quasi interamente dalla comunicazione acustica tra loro. All'interno delle diverse specie, inoltre, c'è spesso una differenza nel richiamo dei singoli individui. «Pensalo come un accento», dice Grace Gillard, autrice principale dello studio. E' risaputo, quindi, che vi è variazione nei suoni, ma non si sa da cosa sia dovuta.

Dai risultati derivanti dall'analisi dei suoni gli studiosi hanno tratto una conclusione un po' diversa dall'AAH : hanno scoperto che la variazione nei richiami delle rane non era fortemente legata alla struttura dell'habitat. «Siamo rimasti sorpresi dai risultati perché il legame tra habitat e variazione nei richiami degli animali ha un background teorico piuttosto forte», spiega Gillard. Sembrerebbe, infatti che l'evoluzione dei richiami delle rane banjo sia stata influenzata dall'unione di diversi fattori, come il rumore di altri animali o quello antropogenico, inclusi vento e acqua. Si è visto che gli effetti dell'habitat sui suoni possono essere contrastati da sottili cambiamenti nel tono, nella durata e nella velocità con cui un animale emette il suo richiamo. Per questo motivo, il team ritiene che l'ambiente fisico sia almeno parzialmente responsabile dell'evoluzione della variazione dei suoni.

Questa scoperta è straordinaria di per sé ma lo è ancora di più se si pensa che i dati sono stati raccolti da cittadini comuni. «È importante sottolineare che abbiamo dimostrato che i dati scientifici raccolti dai cittadini offrono una nuova opportunità per esaminare importanti teorie ecologiche su un'enorme scala spaziale e che il luogo, una fitta foresta o una pianura aperta, non ha importanza per un concerto di rana banjo!». La raccolta dei dati è stata resa possibile grazie al progetto FrogID, ovvero un'app sviluppata dall'Australian Museum dove i "cittadini scienziati" possono registrare i suoni emessi dalle rane da tutto il paese.

Questa ricerca evidenzia come il coinvolgimento dei cittadini e dei volontari possa essere fondamentale e cruciale per la ricerca, così tanto da demolire conclusioni tratte da studi precedenti. Si tratta di un ottimo esempio da seguire in un contesto in cui ormai l'uomo sta devastando l'ambiente in quanto dimostra come, al contrario di quanto avviene, l'umanità possa essere conscia del contributo che può dare alla ricerca e, di conseguenza, anche alla salvaguardia della biodiversità in generale.

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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