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12 Agosto 2021
11:28

Referendum sulla Caccia: il no delle associazioni animaliste ENPA, Lipu e LAV

Il Comitato per il referendum contro la caccia annuncia di aver già raggiunto le 115 mila firme. Ma ENPA, Lipu e LAV lamentano un mancato coinvolgimento e la mancanza di un piano strategico competitivo per approntare una macchina organizzativa molto onerosa anche economicamente. "SI. Aboliamo la caccia": "La porta è sempre aperta, ma loro sono abituati ad andare da soli"

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Giornalista
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Tutti contro la caccia. O forse no. La raccolta di firme per un referendum che abolisca parte della legge 157 1992 continua. Kodami lo aveva raccontato a luglio, quando il Comitato organizzatore “Si Aboliamo la caccia” ne aveva fatto la presentazione in Campidoglio. Oggi il vicepresidente del Comitato Paolo Cirillo ci dice che: «fino al 6 agosto sono state raccolte 115 mila firme, ma la chiusura della raccolta, inizialmente al 30 settembre, è stata prorogata al 31 ottobre, offrendoci la possibilità di un altro mese fondamentale». Eppure le polemiche non si placano, perché molte fra quelle associazioni che negli anni hanno lottato proprio contro la caccia e che erano state protagoniste nel tentativo di referendum del 1990, sono contrarie invece a questo referendum e ne hanno preso le distanze. ENPA, LAV e Lipu, tre grandi nomi dell’ambientalismo e animalismo italiano, sono tra queste.

Referendum contro la caccia: i motivi del “no”

Dopo ENPA, che per prima a febbraio aveva preso le distanze dall’iniziativa, anche Lipu e LAV se ne dissociano. Le motivazioni sono sostanzialmente sulla stessa linea: mancanza di coordinamento e condivisione delle linee comuni da parte del comitato organizzatore con le grandi associazioni che tanto si sono adoperate in questi anni; enormi difficoltà, anche economiche, per un’organizzazione che ha bisogno di risorse non indifferenti; tempistiche sbagliate a causa della concomitanza con la pandemia ancora in corso. Infine il timore che l’abolizione di parte di una legge imperfetta ma sicuramente necessaria, apra una falla che permetta ai cacciatori di compattarsi, trovare un fronte comune e soprattutto un sostegno politico in grado di produrre una nuova legge ancora meno efficace e forse addirittura più a favore della lobby dei cacciatori.

Il Comitato "Sì aboliamo la caccia": «Hanno sempre detto no, ma la porta è sempre aperta»

«Posso capire che non vogliano sostenerci – ribatte Cirillo – ma addirittura boicottarci mi sembra voglia dire mettersi dalla parte dei cacciatori. Siamo consapevoli che con le loro risorse avremmo avuto molte più possibilità, e torniamo, come abbiamo fatto fino ad ora, ad invitarli a partecipare. La porta è sempre aperta. Temo però che le grandi associazioni siano abituate ad una grande autonomia, anche riguardo alla raccolta fondi. E ad essere loro i promotori principali di iniziative come queste. Cosa che in questo caso non è successa».

Lipu e Lav: «Non siamo stati coinvolti, se non a giochi fatti»

Le associazioni come Lipu e LAV lamentano invece innanzitutto proprio il mancato coinvolgimento. «Nessuna delle principali organizzazioni ambientaliste e animaliste è stata coinvolta nella valutazione dell’iniziativa, se non quando la decisione era ormai assunta e i quesiti depositati – spiega il presidente di Lipu Aldo Vernier – La richiesta avanzata ex post alle associazioni è stata semplicemente di aderire e contribuire alla campagna di raccolta delle firme. Anche la Lipu, che non conosceva queste organizzazioni e dunque non ha mai avuto modo di relazionarsi con esse, ha ricevuto tale richiesta, alla quale ha fatto presente almeno una parte delle molteplici criticità che un’azione del genere presenta». Stesso discorso da parte di LAV: «Siamo stati interpellati. Abbiamo anche fatto delle proposte, ma non è arrivata nessuna risposta» spiega Massimo Vitturi, responsabile LAV animali selvatici.

Enpa: «Un referendum non è un gioco»

La macchina organizzativa referendaria è ovviamente impegnativa sotto tanti punti di vista a cominciare da quello economico. «I capitali umani ed economici per finanziare questa avventura sono veramente ingenti – aggiunge Carla Rocchi, presidente dell’ENPA – Nel referendum del 1990 i Verdi investirono più di un miliardo di lire, gran parte del finanziamento pubblico dei partiti. Dove sono oggi i soldi per stampare i moduli, pagare i cancellieri, pagare spazi pubblicitari, dove sono le migliaia di volontari necessari per raccogliere le firme; almeno settecentomila per averne sicure cinquecentomila? Tutto questo in Agosto, in tempi di pandemia? E le altre fasi, come l'acquisizione dei certificati elettorali? Il referendum non è un gioco».

Cosa succederebbe se il referendum vincesse?

«Lo scenario potrebbe essere paradossalmente peggiore con la vittoria – continua la Rocchi – Chi gestirebbe il vuoto legislativo in Parlamento? Pensate che il mondo politico venatorio-agricolo-delle armerie-dei ristoratori-del commercio starebbe a guardare i vuoti delle abrogazioni? Chi farebbe una nuova legge? Nelle prossime elezioni i favoriti sono di gran lunga proprio i partiti di caccia selvaggia, quelli che inneggiano ad uccidere orsi e lupi, che emanano norme (ormai illegittime grazie al lavoro delle associazioni) per catturare e imprigionare richiami vivi, sostenitori degli spiedi dei piccoli uccelli protetti, della caccia no limits, dell’ampliamento dei carnieri».

Un’occasione perduta?

«Tutti vogliamo scrollarci di dosso la caccia – conclude Massimo Vitturi di LAV– Siamo convinti che la caccia debba essere abolita, ma lo si deve fare con un percorso ragionato, strategico e soprattutto condiviso fin dai primi istanti con tutto il mondo anticaccia per creare un fronte unico e compatto. Percorsi così azzardati, invece, metteranno una pietra tombale sulla questione e complicheranno la situazione. Già immagino il fronte dei cacciatori davanti al mancato raggiungimento delle 500 mila firme certificate, rivendicare la mancanza di una reale maggioranza contraria alla caccia. Questo avrebbe un peso politico. E a farne le spese saranno gli animali!»

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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